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Un conto sono le idee diverse, la cui legittimità non sono io a dover ribadire. Altra cosa è invece la mistificazione, ovvero la distorsione della realtà. A cominciare da quel presunto silenzio assordante che sarebbe calato all’indomani del referendum. Perché il Trentino, attraverso le proprie prerogative autonomistiche, si è mosso concretamente prima dell’esito referendario per impedire che la legge Ronchi avesse effetto sul nostro territorio e, successivamente al voto, affinché il ramo acqua venisse scorporato da Dolomiti Energia relativamente a quei Comuni che ne avevano liberamente affidato la gestione.

Prima però di entrare nel merito del percorso realizzato, mi preme ricordare che – diversamente da quel che afferma il consigliere Borga – il quesito referendario si proponeva l’abrogazione dell’obbligatorietà della gestione privatistica del servizio idrico, ovvero il ripristino della situazione precedente che lasciava piena libertà ai Comuni di decidere le forme gestionali, fermo restando il carattere di demanio pubblico degli acquedotti. Un altro quesito più radicale, che avrebbe fatto divieto nella gestione idrica di avvalersi di società per azioni anche interamente pubbliche, non venne ammesso dalla Cassazione e dunque non sottoposto al voto degli italiani.

Entrando nel merito dell’"assordante silenzio", questo è nei fatti il percorso intrapreso dalla nostra autonomia.

  1. Con la Finanziaria 2011 (dicembre 2010) la Provincia Autonoma di Trento ha legiferato per garantire ai 193 Comuni trentini che avevano fino ad allora gestito in economia il servizio di distribuzione dell’acqua potessero continuare a farlo, auspicando che i Comuni facessero rete sul piano territoriale.
  2. In quello stesso contesto il Consiglio Provinciale assunse un ulteriore impegno rivolto ai Comuni che avevano affidato a Dolomiti Energia la gestione del servizio idrico, con l’approvazione dell’ordine del giorno n.184. Dove il Consiglio Provinciale impegnava la PAT a favorire  «… lo scorporo da Dolomiti Energia spa delle attività relative al ciclo integrale dell’acqua per permettere la formazione di una nuova società, interamente controllata dagli enti locali che attualmente partecipano a Dolomiti Energia, alla quale affidare successivamente il servizio idrico».
  3. L’esito del referendum ha rafforzato questo percorso. Provincia, Comune di Trento e Comune di  Rovereto hanno avviato un lavoro di verifica sulla fattibilità dello scorporo e della costituzione di un nuovo soggetto provinciale per la gestione dell’acqua, un passaggio di grande valore anche sul piano simbolico proprio nella direzione del voto referendario, per rimediare al fatto che la gestione del servizio idrico di una parte del Trentino fosse finito impropriamente in Dolomiti Energia (non a caso al momento della costituzione di DE si è prevista la clausola di scorporo per acqua e rifiuti) e per fornire a tutto il Trentino uno strumento efficace al servizio della comunità nella gestione del servizio di acquedotto, facendo sistema e valorizzando la storia e le competenze che dalle vecchie municipalizzate sono successivamente transitate in Trentino Servizi e poi in Dolomiti Energia.
  4. Una gestione oculata della risorsa idrica, inoltre, non ci deve nascondere come nella gestione in economia del servizio da parte delle comunità locali siano emersi problemi che investono l’efficienza delle reti, i controlli sulla qualità, la necessità di investimenti peraltro fino ad oggi coperti dai finanziamenti provinciali, la razionalizzazione dei bacini di utenza, la stessa politica tariffaria se consideriamo la disomogeneità del costo dell’acqua sul territorio trentino (che oscilla da 0,10 a 0,70 euro al m3). La gestione integrata del servizio potrebbe dare risposte positive.
  5. Infine, nella Finanziaria 2012 (dicembre 2011) si è adeguato l’assetto legislativo provinciale all’esito referendario.

Sarebbe questo l’assordante silenzio? Sarebbe questa la privatizzazione? Tutto questo sta ad indicare non solo la linearità di un percorso ma anche il valore politico sul piano della ripubblicizzazione per quanto riguarda le utenze gestite da DE nei comuni di Trento, Rovereto, Ala, Albiano, Aldeno, Borgo Valsugana, Brentonico, Calliano, Civezzano, Fornace, Grigno, Lavis, Mori, Nave San Rocco, Nomi, Roveré della Luna, Volano, Zambana finite impropriamente in una società come Dolomiti Energia nata per uno scopo diverso e comunque ad ampia maggioranza pubblica (Enti Pubblici il 62,7%, Utility locali 6,4%, Soci privati 30,9%). Valore riconosciuto di primaria grandezza da esponenti di primo piano di una realtà come il Contratto mondiale per il diritto all’acqua, il movimento che per primo in Italia ha avviato la battaglia contro la privatizzazione dell’acqua. Scorporo che comprende anche la riacquisizione dell’acquedotto di Trento e di quella parte dell’acquedotto di Rovereto realizzato da DE, il primo finito inerzialmente in DE per effetto dell’assorbimento della SIT (spa che era controllata al 99% dal Comune di Trento), la seconda realizzata con il contributo della PAT, che dunque non possono essere certo ceduti a prezzo di mercato.

Un percorso virtuoso che si pone nella tradizione che considera l’acqua come un uso civico, indisponibile e per questo sottratto a logiche di natura mercantile o, peggio ancora, finanziaria.

1 Comment

  1. francesca ha detto:

    Caro Michele, verrai questa sera al confronto pubblico su questa questione? E’ il momento, credo, di spiegare alla cittadinanza le decisioni che si vogliono prendere sulle risorse idriche, e costruire insieme ad essa un percorso condiviso che guardi non solo ai prossimi 5 anni, ma possibilmente, alle prossime generazioni. Ti aspettiamo.