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Il Trentino da omologare

Ben vengano le bacchettate, sia chiaro, se queste ci aiutano a guardarci dentro con severità (e un po’ di autoironia). A cominciare dal peso specifico che ha assunto Andreas Hofer quale eroe di una terra che solo qualche anno fa a mala pena lo considerava una comparsa della storia trentina.

Ma è l’insieme del reportage a non discostarsi da altri svolti sulla ricchezza ingiustificata della nostra autonomia, sull’imbroglio di un accordo anacronistico che garantisce privilegi, sulla revisione in direzione filo austriacante della nostra storia. Per poi dire che sì, per l’amor di Dio, i soldi mica vengono spesi solo per la casta locale, ma anche per il bene comune. Ovvio però, con tutti questi soldi "è tutto più facile".

Di interrogarsi su che cosa fa diverso il Trentino, sul fatto che l’accordo De Gasperi Gruber abbia permesso l’avvio di un’altra storia aiutando a prevenire un conflitto che avrebbe potuto avere ben altri esiti, di un sistema di partecipazione che ha permesso alla sua gente di non cadere negli abissi dello "spaesamento", della natura diversa dell’economia trentina, di una terra che ha saputo sperimentare strade diverse anche sul piano politico, nemmeno una parola.

Perché raccontare un Trentino che non c’è? Di una lapide che ricorda chi morì dalla parte dei "vinti" oltre alle molte in omaggio delle vittime dei "vincitori", voluta non dal Patt ma dal Circolo Gaismayer (che con il partito autonomista non centra un bel niente) come proposta di pacificazione… Di un Museo storico del Trentino piegato ai voleri degli autonomisti e di Carlo Andreotti, il più insignificante presidente che la PAT abbia mai avuto e di cui si sono perse le tracce… Di un Trentino che, attraverso l’Euregio, graviterebbe nell’ottica di Innsbruck in chiave prerisorgimentale… O della memoria scomoda di Cesare Battisti, secondo una contrapposizione fra cattolici e laici fuori dal tempo?

E un Trentino che vivrebbe con un mare di soldi dello Stato, senza dire una parola sul fatto che le competenze dell’autonomia riguardano ormai ogni aspetto della pubblica amministrazione, dalla manutenzione delle strade agli stipendi degli insegnanti, dalla sanità in ogni suo aspetto all’intervento nell’economia locale…

Sì, nell’economia. C’è nell’articolo del Corriere una chiosa finale in qualche modo rivelatrice. "Tanti soldi statali, tanta politica nell’economia". Eccolo qui lo scandalo. Perché se il Trentino non è omologato al resto del nord è anche il risultato di un assetto economico e sociale diverso, che ha nell’autogoverno e nella democrazia economica (perché – nonostante le mille criticità che ben conosciamo – la cooperazione trentina e il nostro sistema bancario rappresentano un diverso assetto proprietario) un punto fermo.

In fondo, quella che ci propone Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella è una narrazione niente affatto originale. Alberga in maniera trasversale fra la destra italiana e certa sinistra rancorosa. La prima che non sa spiegarsi perché la Padania non riesca a far del Trentino un sol boccone, la seconda ancora ferma a contare i denti di una balena bianca che non esiste più.

 

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