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Il senso del giusto

Sabato 29 maggio è stato il giorno che ha dato significato al lavoro di due anni (o forse 15?): è stato realizzato il sogno di alzare la bandiera rom e sinta sul Colle di Miravalle, alla Campana dei Caduti di Rovereto.

Insieme alla Presidente Carla e altri soci Aizo abbiamo a lungo pensato alla grandezza del messaggio che raccoglie l’iniziativa e alla difficoltà di rendere un momento così importante visibile e comprensibile per tutti: sinti, rom e gagè. Abbiamo così organizzato l’evento facendo convenire a Rovereto le più alte personalità del popolo romanì, lo abbiamo diffuso e pubblicizzato il più possibile, dai campi sosta ai giornali, dalle scuole alle persone comuni.

Il Reggente della Fondazione Campana dei Caduti di Rovereto senatore Alberto Robol ha espresso chiaramente durante la cerimonia più volte il grande significato di una bandiera, quella rom e sinta, senza territorio e quindi "solo" di un popolo, al fianco di altre 88 di Stati Nazioni: il benvenuto più volte espresso sottintendeva il riconoscimento di un popolo che nei secoli ha vissuto difficoltà e gioie  rispondendo alla patria dove risiedeva, che ha subito il genocidio durante la seconda guerra mondiale, che vive ancora emarginato e discriminato nei campi sosta. Un popolo che oggi attraverso questa bandiera viene riconosciuto come tutti gli altri popoli rappresentati dalle bandiere presenti sul Colle, con eguale dignità. L’intervento del nostro rappresentante Juan de Dios (kalò deputato spagnolo) ha però portato il calore tipico di questo popolo in tutta la sua semplicità espressiva: egli ha "solamente" detto che la bandiera ora innalzata, quella rom e sinta, potrebbe essere definita quella di tutti i popoli, poiché è piena espressione della natura, che ogni poplo rappresenta. Indicando con la mano i prati trentini ed il cielo chiedeva se può esistere una bandiera più rappresentativa di tutti i popoli, sottolineando come la giustizia abbia dato la possibilità in quella sede di innalzare il vessillo in modo così istituzionale, con l’inno nazionale italiano e i polizia municipale sull’attenti, con il Gelem Gelem a sancire un impegno di fratellanza e di percorsi di pace con tutti i popoli. Le lacrime di felicità di Juan de Dios hanno coinvolto tutto il pubblico, più di 250 persone, che trascinate dal suo spagnolo caliente hanno potuto vivere le stesse emozioni dell’oratore.

Anch’io ho trattenuto le lacrime a stento, come tanti altri vicino a me, con i quali ho avuto scambi affettuosi e familiari.

Non mi sembra ancora vero. Quello che è successo è la cosa più bella che si poteva costruire insieme, dico insieme perché non credo che i popoli possano vivere in modo separato. E’ così è avvenuto nei momenti dell’alza bandiera della Repubblica Serba e dell’Albania, dove noi eravamo presenti per solidarietà e giustizia. E’ così è accaduto che nel momento dell’alza bandiera rom e sinta fossero presenti la delegazione della Repubblica Serba e dell’Albania.

Non mi sembra ancora vero. Ai rappresentanti rom e sinti convenuti abbiamo dato la possibilità di confrontarsi, di provare a costruire un futuro insieme. Ai roveretani e trentini, ai sinti e rom presenti all’evento un motivo in più per credere che le cose fatte insieme.

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