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Il maggioritario è l’erba sotto i piedi del populismo

Come altro spiegare, altrimenti, la pervicacia con cui, da alcuni mesi, l’intero gotha democratico si è scatenato a demolire ogni ipotesi di ritorno alla legge elettorale proporzionale, evidentemente l’unica prospettiva razionale – nella situazione politica che si va configurando – attraverso cui provare a mettere in sicurezza la democrazia costituzionale?
Ad Arturo Parisi («riproporre la vocazione maggioritaria è un dovere … l’approdo della politica è il governo e non la semplice rappresentanza»: Democratica.com, 26.6.2019) ha subito fatto eco Romano Prodi («una legge elettorale non è fatta per fotografare il Paese, ma per dargli una maggioranza di governo»: Corriere della Sera, 4.9.2019); poi è stata la volta di Walter Veltroni («se noi torniamo al proporzionale, sarà il festival della frammentazione. … Il Paese ha bisogno di governabilità»: Cartabianca, 11.9.2019). Buon ultimo è arrivato, su queste pagine, Enrico Morando (25.10.2019). Intervistato sull’opportunità di adottare una legge elettorale proporzionale, ha negato con decisione: «questo crea le condizioni per non avere, nel campo del centrosinistra, una formazione dotata di vocazione maggioritaria». Difficile riuscire a essere meno tempestivi: nemmeno 48 ore dopo, le elezioni umbre proiettavano Lega e Fratelli d’Italia, da soli, a un passo dal 50%. Mentre il Pd continua a inseguire la vocazione maggioritaria, la destra estrema è oramai a un passo dal realizzarla.

E’ una situazione drammatica. A destra c’è una proposta politica orribile e pericolosa, ma chiaramente individuabile. Dall’altra parte non c’è nulla di analogo: l’unica cosa evidente è una disperata alleanza difensiva finalizzata ad allontanare il più possibile il momento della resa dei conti. Per impedire a Salvini di riprendersi con gli interessi il governo perduto in agosto ci vorrebbero politiche capaci di tagliare l’erba sotto i piedi del populismo. C’è qualcuno disposto a scommettere che è quanto avverrà nei prossimi mesi?

L’auspicio, naturalmente, è di perdere la scommessa. Nell’attesa che si realizzi il miracolo, tuttavia, è indispensabile mettere in sicurezza della democrazia. Possibile che la coalizione di governo sia insensibile a questo argomento? Dal punto di vista democratico, non si tratta di alterare alcunché. La destra, come tutte le forze politiche, avrà i voti che avrà: ma perché regalarle più seggi di quelli che corrisponderebbero al consenso ottenuto? La legge elettorale proporzionale può essere accusata di molti difetti: dipende dall’idea di democrazia che si assume, soggettivamente, come propria. Ma ha un innegabile pregio oggettivo: dà a ciascuno il suo, senza togliere né regalare niente a nessuno. Sotto questo profilo, è una legge giusta. Tanto più, avendo – così avventatamente e radicalmente – ridotto il numero dei parlamentari.
IL RISCHIO concreto è che, applicando il maggioritario a un Parlamento di queste dimensioni, alle prossime elezioni la destra arrivi non alla maggioranza assoluta, ma ai due terzi dei seggi. Dopodiché i decreti sicurezza, la flat tax, la regionalizzazione dei diritti, la repressione del disagio sociale, l’oscurantismo morale, l’uso politico della religione, ecc. ci sembreranno ben poca cosa: a finire nel mirino sarà direttamente, e integralmente, la Costituzione, senza nemmeno la garanzia del referendum oppositivo a cui appellarsi.

* da il manifesto, 2 novembre 2019

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