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Giulia Robol eletta a larga maggioranza segretaria del PD del Trentino. Ma…

(25 marzo 2014) Giulia Robol è la nuova segretaria del PD del Trentino. Con un’ampia maggioranza l’assemblea dei delegati eletti nelle primarie del 16 marzo ha scelto in lei la figura alla quale affidare la guida del partito nei prossimi quattro anni.

Nemmeno il tempo di eleggere Giulia Robol alla segreteria che si è scatenato l’inferno, con un fuoco di fila con l’accusa di aver sovvertito l’esito delle primarie. Eh sì, perché la democrazia sarebbe che chi prende il 37% dei voti (e dei componenti l’assemblea) conta di più del 63% che ha espresso un’altra opinione.

Idea non troppo bizzarra visto che questo, ahimè, è lo spirito del tempo, costruito passo dopo passo nell’era berlusconiana: la cultura plebiscitaria. Che della politica rappresenta la negazione, che guarda con fastidio le istituzioni, che non ha bisogno anzi proprio non tollera la mediazione dei corpi intermedi (partiti, sindacati, associazioni…), perché tutto si gioca nel rapporto diretto fra il capo e il popolo. Il resto è bollato come “consociativismo”.

Auguri, Giulia. Ne hai proprio bisogno.

3 Comments

  1. Flavio ha detto:

    Credo che il commento più emblematicamente espressione della cultura dominante indicata da Michele di una diversa concezione della democrazia sia stato quello del direttore dell’Adige. Leggendolo si ha l’impressione che fondamentale sia non l’espressione di una maggioranza attraverso un percorso dialogante ma la semplice presa d’atto di una rappresentazione (in queste caso le primarie) con la quale non è possibile interloquire. Curiosamente (e fortunamente) pochi giorni prima era uscito un editoriale del direttore del Corriere del Trentino che sottolineava con preoccupazione la tendenza a sostituire il concetto di democrazia come uguale partecipazione dei cittadini con quello che mette tutto l’accento sulla velocità delle decisioni indipendentemente da come queste decisioni vengono costruite. Prendendo spunto dal contrasto tra i due presidenti, Dorigatti e Rossi, il direttore del Corriere del Trentino, Enrico Franco, affronta, quindi, una problematica che è essenziale per indirizzare il futuro delle istituzioni democratiche perché è evidente che se la scelta è sulla velocità delle decisioni piuttosto che sulle modalità con le quali si arriva ad una decisione deve cambiare necessariamente la struttura istituzionale.
    Nadia Urbinati, citata nello scritto è intervenuta più volte sull’argomento e può essere un’utile bussola per capire l’essenza della questione. Una dei suoi ultimi interventi, se non l’ultimo, è una sua intervista data ad una rivista mensile (“una città” n. 202, febbraio 2014) non a caso titolata “il valore della procedura”. Già il titolo fornisce un’indicazione delle inclinazioni della studiosa. In questo intervento, infatti, viene affrontato il tema della “sfiducia nella democrazia parlamentare” comune a molti paesi dell’occidente europeo che ha un effetto sugli esiti elettorali come visto anche in questi giorni. Le parole usate sono preoccupate in quanto ella vede prevalere quelle che definisce interpretazioni “in senso epistemico della democrazia” che mettono in secondo piano “la tradizione proceduralistica”. Detto in altre parole e riassumendo il suo pensiero, la Urbinati vede con preoccupazione il prevalere di una cultura che subordina i processi democratici (necessariamente imperfetti nelle decisioni prese) alla presunta bontà delle decisioni stesse. In realtà già altre volte la studiosa era intervenuta per evidenziare come l’essenza della democrazia sia il valore della uguaglianza dei cittadini che non meccanicamente produce i migliori risultati. E’ il prezzo della democrazia che in un altro suo scritto centrato sulla forma partito e sulla importanza dei partiti (in risposta ad un documento di Fabrizio Barca) parlava esplicitamente “di mito della semplificazione e dell’esecutivismo in contrapposizione alle forme collettive di decisione”. Questa discussione è assolutamente all’ordine del giorno in tempi come questi di crisi che, dice sempre la Urbinati, “ha impresso un senso non aletorio di futilità delle forme democratiche di decisione”. Se a questo si somma il fastidio che viene percepito in quelle che si chiamano corpi intermedi denunciato per esempio da Giuseppe De Rita in un articolo sul Corriere della Sera di qualche settimana fa ne deriva che la soluzione si trova in forme autoritarie di democrazia, assumano esse la forma della videocrazia o della personalizazione estrema che hanno un rapporto diretto ma semplificato con il popolo (visto come un insieme indifferenziato e dove sparisce il cittadino singolo con i suoi interessi e diversità). Forme autoritarie miti ma che comunque svalorizzzano le forme partecipative di dialogo che necessariamente vengono percepite come meno efficienti (e lo sono). Non solo la partecipazione diventa, di fatto, semplice osservazione. La Urbinati nella intervista citata lo dice efficacemente “La nostra funzione (di cittadini) cambia: noi siamo fuori della scena della politica, non facciamo più intervento politico… i cittadini diventano soprattutto cittadini spettatori della visione. Guardano e giudicano”. Ancora più esplicito De Rita che si interessa più che altro alla crisi e svalutazione dei corpi intermedi che vede osservatori interessati della loro crisi che operano “il cecchinaggio continuato di questo periodo porta in primo luogo alla vittoria della rappresentazione sulla rappresentanza”. Questo fenomeno lo possiamo vedere tutti i giorni nei dibattiti politici sui mass media (ne ha parlato Paolo Pagliaro recentemente a Trento) e lo vediamo anche in questi giorni dove fa più notizia il forcone o indignato di turno furibondo (alcuni in seduta permanente) rispetto alle persone che cercano soluzioni mediate ai problemi (la mediazione ovviamente non esclude il conflitto anzi lo esige ma lo gestisce). Il quadro delineato è quindi preoccupante, le soluzioni però ci sono e vanno cercate nel miglioramento del funzionamento delle istituzioni democratiche sapendo che la ricerca della efficienza deve sempre scontrarsi con la necessità del dialogo che secondo Amyarta Sen, per esempio, è la caratteristica ineliminabile della democrazia se, come afferma, “la democrazia è il governo per mezzo del dialogo”. E’ comunque l’unica soluzione alla problematica con una salvaguardia: in democrazia ogni decisione deve essere reversibile. Nel suo piccolo anche la vicenda delle primarie per la scelta del segretario del PD del Trentino entra in questo dibattito e i commenti citati da Michele entrano a pieno titolo in quella concezione che io, come detto sopra, considero autoritaria di democrazia.

  2. Michele ha detto:

    Grazie Flavio per queste osservazioni che condivido in toto.

  3. luigi 48 ha detto:

    Grazie per l’articolo e il commento di Flavio che condivido. Mi sembra che le recenti elezioni amministrative ad Arco e le primarie del PD segnalino una larga diserzione dal voto, dalla partecipazione, questo dato dovrebbe essere al centro della discussione, invece i mass media…. A proposito dell’informazione in Trentino, ora che la seguo con maggior costanza, trovo ad esempio al limite della decenza quella del TG3 regionale, molto compressa sulla politica-partitica. Eclatante poi la costante presenza dei rappresentanti della Lega nord che ad ogni “scapagnata” sono regolarmente intervistati ecc. Mi potete aiutare a capire? Ultima osservazione: come mai è arrivato in Trentino a dirigerlo tal Pardini, che prima mi toccava sorbire in Lombardia e che mi sembra un Vespa in sedicesimi.