Le domande che la politica non si pone
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Se c’è una cosa in particolare che mi convince di questo nostro “Viaggio nella solitudine della politica“ è la sua capacità di gemmazione. Nel senso che non c’è itinerario che non generi qualcosa d’altro, come a comporre un mosaico che di volta in volta si arricchisce. Di storie, sguardi, sensibilità, idee, proposte…
La tavola rotonda con la quale abbiamo dato il via al primo itinerario (Regione Dolomiti) e che abbiamo dedicato alla questione del “Terzo Statuto di autonomia“ ha rappresentato una sorta di anteprima dell’ultimo tratto dell’itinerario “padano“ che ci ha portati il 22 ottobre scorso a Pieve di Soligo in un proficuo confronto sul federalismo proprio nel giorno del referendum lombardo-veneto sull’autonomia con persone provenienti dal Sud Tirolo, dal Friuli, dal Veneto, dalle Dolomiti bellunesi e dal Trentino che hanno fatto dell’autogoverno uno dei tratti importanti del proprio impegno politico. E che a sua volta è stato l’incipit dell’incontro di sabato scorso a Trento.
Un altro tema che si è via via autoalimentato di suggestioni e di piste di lavoro è quello del ritorno. Ritorno alla terra, ritorno alla montagna, ritorno alla sostenibilità, laddove le aree metropolitane vanno profondamente ripensate. In questo incrocio di problematiche e di sensibilità emerge un filo conduttore che unisce l’Università della montagna di Edolo, la Scuola del ritorno a Paraloup, l’agricoltura sociale della Mistica nella periferia romana o l’esperienza ormai pluridecennale della cooperativa Iris nella provincia di Cremona con il grande tema dei ritmi delle nostre esistenze ma anche con il moderno conflitto fra città e campagna, tratto che fa da cornice al tempo del rancore.
Sa queste suggestioni, come dall’esito dell’itinerario con il quale ci siamo addentrati nella città (anzi nelle città) di Roma, si è fatta largo l’idea di un viaggio “dentro Milano“, il suo rappresentare luogo di sperimentazione innovativa e al tempo stesso ambito di dolorosa marginalità sociale. Itinerario inizialmente non previsto e che invece si andrà ad aggiungere nei primi mesi dell’anno a venire.
Così l’incontro a Trieste con lo scrittore Roberto Curci ci ha portati dentro l’incubo irrisolto di quella città incapace (ma forse sarebbe meglio dire indisponibile) a fare i conti con il proprio passato. In fondo non molto diverso della conversazione a Merano con un altro autore, Sepp Mall e il suo libro “Ai margini della ferita“. Che ha fatto da preludio alla bella presentazione a Trento di “Via san Nicolò 30“, libro che Curci ha dedicato agli anni dell’occupazione tedesca di Trieste e alla tragica vicenda della Risiera di San Sabba.
E proprio dal confronto con lo scrittore e giornalista triestino è emersa l’idea di un festival della geografia o, meglio, delle geografie… un’ipotesi di lavoro che mi ronzava in testa da tempo nell’urgenza di indagare la distanza fra le nuove geografie nell’interdipendenza e gli assetti geopolitici ereditati dai due secoli passati ma che ancora incombono con i loro paradigmi sul tempo presente. Suggestione che ho proposto a conclusione dell’incontro sull’Europa delle autonomie immaginandone la stretta connessione e sulla quale mi sono subito messo al lavoro. Vedremo quel che ne uscirà.
Questo ci racconta del valore generativo della ricerca e delle possibilità di un diverso racconto politico. Se nell’iniziare questo viaggio abbiamo cercato di metterci al riparo dalle emergenze e da un’agenda politica che le rincorre, è oltremodo interessante notare come ci si sia quasi naturalmente trovati ad essere “presenti al nostro tempo“. (m.n.)