Un itinerario di liberazione
3 Ottobre 2012Chi vuole l’Agenda Monti
15 Ottobre 2012(12 ottobre 2012) Certo che l’appello di Napolitano a perseguire il dialogo e a rispettare le Autonomie e la loro specialità non ha ottenuto grandi risultati: una tempestiva riunione tecnica per prendere atto che le posizioni sono distanti e nessuna ripresa del tavolo politico (l’unico che potrebbe portare ad una intesa), e ora la proposta di modifica del titolo V della Costituzione, quella che in gergo calcistico si definisce un intervento a gamba tesa.
di Roberto Pinter
A prescindere dalla praticabilità della riforma costituzionale in questa legislatura è evidente il messaggio politico. “Abbiamo scherzato, niente regioni né federalismo, torniamo allo Stato centralistico”.
Non si tratta solo di assicurare il pareggio di bilancio, l’interesse nazionale dovrebbe comunque prevalere in ogni materia a partire da quelle economicamente strategiche quali l’energia e le infrastrutture. E a scanso di dubbi i numerosi conflitti avanti alla Corte Costituzionale per difendere le prerogative dell’Autonomia, che non sono risultato di un nostro arbitrio bensì norme costituzionali frutto della concertazione Stato Regione/Province, verrebbero risolti semplicemente ignorando l’autonomia. E ciliegina finale lo Stato si riprende pure la competenza sul turismo?!
Il mandato che le Regioni avevano dato al governo per tagliare i privilegi dei consiglieri e degli assessori si è trasformato in un boomerang finendo per cancellare non solo i costi della politica ma anche le competenze regionali. E il governo ha esercitato il mandato colpendo anche quelle Autonomie, come la nostra, che qualche costo lo avevano tagliato ben prima degli scandali, e che non presenta il dissesto dei conti e gli sprechi di altre specialità.
Non si distingue il merito, ne’ ha importanza essere un po’ più virtuosi di quanto non lo siano parlamento e governo, bisogna fare cassa e bisogna non incontrare gli ostacoli della concertazione o del riparto delle competenze.
Se lo Stato non ha esercitato i propri poteri e se è indietro anni luce rispetto alla politica energetica o infrastrutturale che c’è di meglio che rilanciare accentrando ulteriormente in capo allo stato?
Il fatto che qualche Regione invece di essere responsabile abbia moltiplicato costi e inefficienze non è una buona ragione per ridare in mano il tutto a chi, dopo aver dato pessimo esempio nella gestione della cosa pubblica, ha omesso qualsiasi azione di controllo.
Capisco che i partiti siano in affanno per la corruzione dilagante, capisco che i distinguo sono faticosi e che l’opinione pubblica è più incline ad affidarsi a Monti che a prendersi carico di una situazione così complessa e deprimente, ma non capisco i politici che in Trentino invitano al realismo, che suggeriscono di aprirsi ignorando i molti tentativi di dialogo andati a vuoto, che comprendono le ragioni del governo ma non quelle dell’autonomia che responsabilmente ha proposto di concorrere al risanamento del paese anche attraverso l’assunzione di nuove competenze.
“Non c’è da scandalizzarsi”, io invece mi scandalizzo per la cultura politica sottesa alle iniziative del governo, che non ha né il tempo né il mandato per riscrivere la Costituzione eppure ci prova, che non tocca l’articolazione inefficiente dello Stato ma si preoccupa delle Circoscrizioni comunali, che sprizza statalismo e centralismo da tutti i pori.
Come già dissi tempo fa, non è un problema solo della nostra specialità ma della direzione che vuole intraprendere questo paese, se puntare sulla sussidiarietà responsabile, sulla partecipazione democratica e sulla trasparenza, sulle scelte coraggiose e condivise, o se continuare con l’illusione che accentrando i poteri si risolvono i problemi.
Vero che ci sono troppi poteri nelle mani di Formigoni o di Dellai ma non che trasferendoli a Monti cambi il saldo della nostra democrazia. Per questo penso che il PD non debba subire l’onda dominante ma debba contrastare la deriva decisionista del governo, ribadire il valore delle forme di autogoverno del territorio e delle autonomie locali, porre nella propria agenda la riforma del parlamento, della giustizia, una riscrittura della articolazione dello Stato e della pubblica amministrazione, l’efficacia e la qualità dei controlli, insomma avere il coraggio di cambiare senza svendere i valori della nostra Costituzione.