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Dellai e Soru a Castelfolk

Soru, politico-imprenditore, giunto nel pomeriggio a Castellano da Venezia, ha
aggredito subito il tema della globalizzazione. "C’è un nuovo mondo, con connotati completamente diversi, che entra in contatto con noi. Salari da 100 dollari si confrontano con salari da 1500 dollari. Pensiamo poi ai temi della tutela del lavoro, dell’ambiente, dell’approccio alle tecnologie e così via. Sono due mondi apparentemente inconciliabili, che dovranno incontrarsi, che dovranno avvicinarsi. Poi c’ e’ un problema che attiene strettamente all’Occidente, quello della finanziarizzazione selvaggia dell’economia che ha creato un livello di instabilità inedito e che non può essere affrontato dai singoli paesi, che richiede una governance globale." E l’Autonomismo come si colloca rispetto a questi scenari? "Non può che essere – ha detto Soru – una rivendicazione di responsabilità".
Gli ha fatto eco Dellai. "Quando parliamo di difesa dell’Autonomia non parliamo della difesa del nostro ‘bidone pieno di soldi’, come pensa qualcuno. Certo, dobbiamo ricordare che fino a non molti decenni fa i trentini emigravano in mezzo mondo, che il benessere di oggi è frutto del lavoro delle generazioni che ci hanno preceduto, e come tale va tutelato e difeso. Ma l’Autonomismo oggi è soprattutto una visione del mondo,
che punta a valorizzare le comunità e i territori, una visione che non ti dice che non sei una metropoli non conti nulla, una visione che respinge ogni appiattimento e ogni omologazione. Quando diciamo che dobbiamo costruire un Terzo Statuto diciamo questo, che dobbiamo passare da una fase di pura difesa, pur doverosa, della nostra Autonomia, ad una fase di evoluzione, una fase che superi le attuali tendenze centraliste dello Stato, in parte anch’esse un prodotto della crisi. Dobbiamo diventare a tutti gli effetti una Comunità autonoma, dando priorità al sostantivo. Non credo che, a livello globale, stiamo andando verso una fase di autodistruzione. Viviamo però una fase di enormi cambiamenti. Dobbiamo saperne cogliere le valenze positive. Puntando sul valore delle comunità, ma al tempo stesso scommettendo sull’Europa, cosa che facciamo ad esempio nell’ambito dell’Euregio, un pezzo di Europa che abbiamo costruito noi. Nei confronti del nostro Governo, dobbiamo fare capire che dalla crisi si
esce solo mobilitando le energie di tutti, non mortificando le volontà e le energie a livello locale. L’Italia non è la Francia, se perde questa visione di pluralismo territoriale e culturale perde una parte importante della sua essenza. E’ partendo dal basso, dalle identità, dal pluralismo, che si può ricomporre una visione positiva del nostro Paese."
Ed ancora Soru: "Nel 2004, quando sono entrato in politica, c’era in Sardegna una idea di autonomismo fortemente rivendicazionista, con qualche venatura separatista e
indipendentista. Quest’ultima ha sempre fatto parte, in qualche modo, della cultura sarda. Ma io ho sempre pensato che essere indipendenti significhi innanzitutto poter bastare a se stessi e magari anche aiutare gli altri, assumendosi sempre maggiori responsabilità. Questo significa ripensare l’idea di sovranità, andando al di la’ del conflitto Stato-Regione. Ad esempio, pensiamo alla questione energetica. Come bastare a noi stessi su questo piano? Come sfruttare al meglio le risorse di cui disponiamo, come il sole e il vento? Come usare al meglio il nostro territorio, difendendo le nostre coste o arginando la diffusione incontrollata di seconde case? Come gestire questioni come il trasporto aereo o gli approdi marittimi? Sono le domande nuove a cui siamo chiamati a rispondere, e a cui abbiamo risposto anche noi, varando delle norme con valenza ad un tempo di tutela ambientale e di riequilibrio sociale che poi altri hanno tentato di cancellare, non solo a Roma, ma in qualche caso anche all’interno della stessa Sardegna. Lo stesso vale per il nostro Stato, considerato che molta parte della sua sovranità si sta trasferendo all’Europa. Io spero peraltro che potremo vivere presto in una dimensione autenticamente europea, con regole comuni, ma capace al tempo stesso di valorizzare le differenze al suo interno. Anche la Sardegna oggi deve guardare prima all’Europa che a Roma, perché è lì che sfocia il nostro bisogno di indipendenza, nella consapevolezza che oggi la vera sfida è quella della interdipendenza."
"Condivido questo riferimento all’Europa – ha detto Dellai – anche se dobbiamo combattere affinché si affermi un modello di Europa che era in fondo ad esempio anche quello di Prodi, di un’Europa cioè come di un insieme di minoranze. E questo non è scontato, i segnali non sono tutti positivi, sembra ancora prevalere la visione dei grandi apparati. Ma proprio dalle esperienze più positive delle Autonomie regionali può scaturire il modello di Europa a cui noi guardiamo. Nei riguardi del Stato, non credo sia tempo per affermare idee indipendentiste, totalmente fuori dalla storia, quanto per portare avanti una nuova visione della sovranità, basata su alcuni punti: sovranità sulle nostre risorse naturali, come l’acqua, come il patrimonio ambientale, se necessario prevenendo alcune scivolate che si possono generare anche all’interno della
nostra comunità; sovranità sugli strumenti di formazione e di conoscenza, come
l’università; e sovranità fiscale. Senza dimenticare che il nostro è un percorso
di appartenenze multiple: apparteniamo alla nostra comunità, al nostro Paese e
all’Europa. Ma bisogna che questa visione si possa affermare anche sul piano
istituzionale. Purtroppo i segnali che giungono da Roma in questo momento sono
di segno opposto."
Per Dellai infine "bisogna giustamente continuare ad interrogarsi ma facendo attenzione a non eccedere con l’autocritica e a non coltivare sensi di colpa per il nostro essere autonomi. A nostra non è un’Autonomia-bancomat e non viene nemmeno tenuta assieme dalla Provincia, ma dall’impegno diffuso, costante, spesso volontario, di tanti cittadini. E’ questo che ci fa credere in un’idea di Comunità autonoma. Le nostre autonomie possono portare inoltre alla politica un’esperienza di concretezza, di familiarità con il Paese reale. Nel nostro caso l’esperienza di una terra che ha resistito,
unica nel Nord Italia, al vento del berlusconismo e del leghismo, e lo ha fatto quando questo vento era forte, non ora. Io credo che al nostro Paese, anche guardando al dopo-crisi, e a ciò che verrà dopo il Governo tecnico, serva una grande alleanze, una grande sintesi fra le migliori culture politiche e in questo contesto sono fiducioso del fatto che anche l’esperienza del Trentino potrà trovare la sua giusta collocazione."  (mp)

a cura dell’Ufficio stampa della PAT

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