Italia Bene Comune
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Un intervista sul Corriere del Trentino a Roberto Pinter sulla prospettive della coalizione e del PD del Trentino
(Agosto 2012) «Traghettare la tradizione autonomistica dentro un grande progetto di riforma del paese’. Questa la strada indicata da Roberto Pinter per i prossimi appuntamenti elettorali. Ma cosa vuol dire? Diverse cose. La prima è che «il valore dell’autonomia non può essere messo in discussione all’interno della coalizione’. Un messaggio a chi, come Giorgio Tonini, non sembra pensarla esattamente così. La seconda è che le alleanze per le politiche dovranno essere fatte guardando alle provinciali dell’autunno 2013, elezioni cui presentarsi «nel segno della continuità’. Non è una frase fatta, perché dentro il Pd trentino c’è chi, secondo Pinter, «si è innamorato dell’idea della discontinuità, dimenticando che una cosa è guidare un governo, un’altra governare da solo’.
Da diversi mesi, ormai, le cronache politiche abbondano di notizie, più o meno vere, circa liste e istarelle che si candidano a riportare il «grande centro’ alla guida del Trentino. Lei che impressione se n’è fatto?
«Tutti sappiamo che, in Trentino, esiste una tradizione di moderatismo che ha resistito anche al radicalizzarsi delle posizioni nazionali. Finché si tratta di prendersela con le tasse, o gli stranieri, i toni del centrodestra sono paragonabili a quelli del dibattito nazionale, ma quando si tratta di governare l’autonomia, molto spesso anche il
centrodestra ha scelto di convergere sulle scelte di Dellai. L’idea del grande centro nasce da questo, ma, al di là della sua consistenza, manca di qualsiasi aggancio nazionale’.
Una caratteristica di cui secondo lei non si può fare a meno?
«Mi pare che lo stesso Dellai, recentemente, lo abbia ammesso. Nel contesto in cui ci troviamo, pensare di difendere l’autonomia riparandosi dietro a un trattato internazionale non ha molto senso. La stessa Svp, con la sua teoria del blockfrei, è in difficoltà. Ciò che si deve fare, e il Pd può fare, è traghettare la tradizione autonomistica dentro un grande progetto di riforma del paese, un progetto federale diverso dal centralismo di Monti’.
E circa la consistenza di questo «grande centro’? Dellai, non troppo tempo fa, in proposito aveva detto che la collezione dei maldipancia’ non crea un progetto politico.
«Appunto. Si tratta di progetti che non hanno alle spalle la tradizione del Patt e nemmeno l’elasticità per connettersi al dibattito nazionale. A ben guardare, inoltre, si tratta di volti più che noti e chi pensa a un dietrofront nostalgico rischia di fare un dietrofront verso il nulla visto che, come ha già ricordato Vittorio Fravezzi sul vostro giornale, di assessori ai lavori pubblici con 2 miliardi di eruo da spendere in strade non ne avremo più. Per di più, non credo ad alleanze così eterogenee come quelle di cui ho letto recentemente. Francamente non è questo fronte a preoccuparmi’.
Cosa la preoccupa, invece?
«Mi preoccupa chi non coglie l’importanza di un centrosinistra in cui non solo l’Upt, ma anche il Patt, abitano convintamente e che vede il Pd giocare un ruolo insostituibile. Ciò che temo è che qualcuno preferisca correre da solo’.
Qualcuno dentro il suo partito?
«Anche nel Pd c’è chi si è innamorato dell’idea della discontinuità, dimenticando che una cosa è guidare un governo, un’altra governare da solo. Nemmeno il Pd nazionale può permettersi di dire “basto io”, figuriamoci quello trentino. Occorre riconoscere il percorso riformatore compiuto dal mondo cattolico-popolare trentino’.
Lei vede dunque un ruolo di guida del Pd nella prossima legislatura, ma senza che ciò modifichi le attuali alleanze?
«Io penso che il Pd abbia le carte assolutamente in regola per guidare la coalizione e, di conseguenze, per esprimere il candidato presidente e, come ho già detto, credo che possa e debba traghettare la tradizione autonomistica dentro un grande progetto di riforma del paese’.
Quindi le basi per le alleanze di autunno vanno gettate già alle politiche?
«Esattamente. Per politiche e provinciali va fatto un discorso unico con i nostri alleati, incentrato sull’autonomia che vogliamo dal 2013. Il valore dell’autonomia non può essere messo in discussione all’interno della coalizione. Non mi piace sentire da parte di alcuni una certa malcelata soddisfazione per le difficoltà che sta attraversando l’autonomia’.
Nell’intervista che prima citava, Vittorio Fravezzi chiedeva al Pd di aiutare l’Upt a restare il punto di riferimento dei centristi evitando certe prese di posizione. Faceva anche capire di non guardare di buon occhio alle primarie.
«Il Pd non può impiccarsi alle primarie. Le primarie sono uno strumento utile se condiviso dalla coalizione. Non può essere un elemento di rottura: tipo ci facciamo le nostre e poi imponiamo il nostro candidato. In proposito aggiungo due considerazioni: la prima è che dal 2013 si dovrà evitare l’accentramento di potere che ha caratterizzato l’era Dellai. La seconda è che non si possono piegare le scelte politiche del partito e della coalizione alle proprie ambizioni personali. Qualcuno dovrebbe fare un passo indietro e lavorare per la coalizione’.