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Cosa significa essere giovani in politica?

di Patrizia Caproni

(18 settembre 2012) Leggo interviste e lettere di giovani e meno giovani a favore del rinnovamento, del nuovo in politica, della tabula rasa che s’ha da fare in qualche modo per ricominciare. Fatico a trovare proposte concrete che entrino nel merito non dico di tutto, ma almeno di qualche contenuto. Vedo giovanissimi ventitreenni incravattati (nulla contro la cravatta) che si dichiarano rappresentanti dei giovani del Pd e non solo, dei giovani tutti, forse.

E mi chiedo cosa significhi essere giovani in politica, oggi: significa voler buttare tutto ciò che è stato prima, fare una tabula rasa di tutto e tutti e ricostruire da zero? Significa poterlo fare solo se l’età anagrafica rispetta certi canoni? Ma, soprattutto, significa farlo in nome di cosa? Fatico a trovare traccia dei contenuti.

Mi piacerebbe aver sentito parlare da parte di questi giovani che si dichiarano rottamatori e innovatori di una società migliore, più giusta, più equa, di una messa in discussione del capitalismo cieco ed imperante che impone parole come “spread” o “spending review”, di un modello di sviluppo diverso che non si mangi ancora territorio per costruire case che resteranno vuote oppure verranno comprate da chi ne ha già cinque o sei, di credere che non si possa crescere in maniera smisurata sempre e a qualunque prezzo. Ma non ne ho sentito parlare. Di questo piuttosto ho trovato traccia in qualcuno di quelli che si vorrebbero rottamare, qualcuno che magari ha vissuto periodi storici in cui la lotta di classe diventava un modo di vivere, e che altro non era che un modo per provare ad esprimere un mondo migliore.

Il fatto è che non è mai tutto bianco o nero, non ci sono solo i giovani incravattati rimasti al medioevo della politica ed i bravi navigatori esperti che riescono ancora ad immettere energia e sogni in essa. Ci sono anche i giovani che sperano e credono in un mondo migliore, in un’Italia che esca dal suo Medioevo morale e ci sono vecchi che siedono inutilmente su poltrone da troppo tempo a perpetrare questo medioevo. Il nuovo e il vecchio non lo traccia più l’anagrafe, come forse avveniva più spesso in passato, ma piuttosto le idee i sogni le speranze, anche la felicità mi verrebbe da pensare. Bella addormentata, lo mostra bene Bellocchio, è questa Italia di fronte ad un mondo diverso. La politica dovrebbe avere il coraggio di interpretare i cambiamenti e proporre una visione diversa da quella in cui l’economia ci ha costretti ad andare: sempre alla rincorsa di un pil che non sale più, di uno spread che non scende, di un conto in banca acerbo, del denaro che vale sempre meno. Una vita chiusa in un portafoglio, sempre più vuoto.

Se di giovani in politica si dovrebbe parlare vorrei che fosse per sentirmi dire che non è questo il mondo ed il modo in cui vivere, dove le bombe e le pistole sono legalizzate, dove l’acquisto degli f-35 crea posti di lavoro e invece si taglia su scuola e sanità (ma questi ambiti non creano posti di lavoro?), dove lo straniero ha sempre sbagliato posto, fuggito dalle ’nostre’ bombe, dove il merito e il migliore non è necessariamente il più furbo o quello che interpreta meglio l’economia oggi. Vorrei che il merito fosse quello di chi non rinuncia a lottare per vedere negli emarginati un punto di vista da cui leggere la società, oggi, dimentica che l’altro siamo anche noi.

Forse ci sono troppi analfabeti politici nell’Italia di oggi, come diceva Brecht, l’analfabeta che odia la politica senza sapere che da quell’ignoranza nasce tutto il mondo che ha attorno. Il mondo si nutre delle sue disuguaglianze e in politica mi sembra di vivere in maniera schizofrenica tra una parte di sinistra che insiste su temi sociali (lavoro, equità) rischiando di non essere mai una maggioranza e di non poter incidere così sulle reali decisioni politiche e avulsa da un contesto economico che troppo rapidamente è diventato altro da ciò che era negli anni Sessanta e Settanta, e dall’altro un gruppo di ’tecnici’ che bene capiscono dove inserire le leve nell’economia per invertire la rotta, senza però calcolare troppo nei particolari le conseguenze negative sulle fasce ’socialmente deboli’, che realmente pagano il prezzo fino in fondo. E non è nemmeno così semplice, c’è chi si dichiara rottamatore e vorrebbe buttare tutto ma la sua idea di mondo è uguale a quella che vorrebbe buttare, solo con i giovani al posto dei vecchi (se vale ancora questa distinzione).

C’è chi conosce bene le regole politiche e difende valori importanti e giusti ma non vuole dare segnali di cambiamenti effettivi, perché non vuole o forse non può volerlo in partiti che ormai sì, hanno delle parti di sé sclerotizzate. Rami morti a cui si appiccicano foglie finte. Si può stare fuori, urlare e poi non proporre nulla, oppure provare da dentro. Credo ci siano ancora rami vivi all’interno della politica, che hanno voglia di sognare un mondo nuovo. E me lo chiedo anch’io, da dentro, come si fa, a cambiarla quest’Italia. Bella addormentata.

* Patrizia Caproni, giovane (se a 32 anni si è ancora giovani?) consigliere
comunale Pd di Mori

1 Comment

  1. micaela Bertoldi ha detto:

    Brava Patrizia: per la capacità di illustrare con le parole uno stato d’animo di grande malessere che appartiene a chi abbia a cuore la necessità di trovare risposte politiche ai problemi gravi in cui versa il mondo- non solo la crisi economica, ma anche i pericoli di guerre sempre più mondiali per la portata, a partire dal vicino Oriente (medio o estremo), per la violenza e l’aggressività di rapporti tra persone, nei mass media e mondi informativi, per la virtualità delle relazioni e le solitudini reali delle persone, ecc -si potrebbe continuare a lungo –
    Ma brava Patrizia, anche per la esigente domanda di superamento delle ambiguità opportunistiche di chi si pone come rottamatore del vecchio, pur imitando molti atteggiamenti e modi della vecchia politica, per chi usa lo scontro tra interessi di generazione – magari con le migliori intenzioni, all’inizio – per farsi strada e trovare un protagonismo personale che fa riprecipitare tutto nelle solite logiche di potere, tra presunzione di novità/nuovismo risolutore e vuoti di idee e visioni di futuro.
    Se la Bella addormentata dorme, non attendiamo un Principe per risvegliarla: facciamo sorgere a poco a poco una musica che si imponga, fino a convincerla a ridestarsi.
    Micaela Bertoldi