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Cop 21. L’ipocrisia si incontra a Parigi (e non solo)

“La maledizione di vivere tempi interessanti‘ (28)

di Michele Nardelli

Notiziario radiofonico delle ore 8.00 del 30 novembre 2015.

Prima notizia. Si apre a Parigi la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Obiettivo dichiarato quello di ridurre il surriscaldamento del pianeta entro la soglia dei 2 gradi centigradi (le previsioni per il 2050 stando alle emissioni attuali sarebbero oltre i 5 gradi), fallendo il quale sarà il baratro. Grandi manifestazioni in ogni parte del mondo… negozi aperti “0-24“ (penso fra me).

Seconda notizia. Papa Francesco in Africa ammonisce i grandi della Terra: “Il creato non perdona mai e se tu non lo custodisci lui ti distruggerà‘.

Terza notizia. Il Governo italiano esprime soddisfazione per i segnali di ripresa (+0,9%) nonostante le conseguenze negative sulla crescita che potrebbero venire dall’“effetto terrorismo“.

Questa sequenza di “informazioni“ di un giornale radio qualsiasi ci racconta dell’ipocrisia con cui i capi di governo affrontano la crisi globale, ovvero quell’insieme di fattori (crisi finanziaria, crisi dell’economia reale, crisi ecologica, crisi demografica e migratoria, crisi politica e democratica) che certificano l’insostenibilità del modello di sviluppo fondato sull’illimitatezza delle risorse.

Perché di questo si tratta. Non solo dell’insostenibilità del modello capitalistico ma di una concezione prometeica dello sviluppo, dell’idea dell’uomo signore del mondo al quale piegare la natura.

Tutto questo richiederebbe una diversa prospettiva, facendo propria la cultura del limite. C’è bisogno – continuo a dirlo – di un cambio di paradigma, ma oggi il pensiero, prima ancora della politica, sembrano immersi nello schema novecentesco che, Keynes compreso, di questa situazione porta la responsabilità. Come la portiamo ciascuno di noi, nell’indisponibilità a cambiare il nostro stile di vita.

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