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29 Gennaio 2018
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2018 – 2020. Di un’agenda politica comune e dei margini sensibili da cui partire
1 Febbraio 2018
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1 Febbraio 2018

Non si contano più le inchieste giornalistiche che dimostrano come la realizzazione di questa infrastruttura sia utile solo ai gestori dell’A4 Brescia-Padova per continuare a poter gestire quell’autostrada (una tra le più remunerative) senza dover partecipare ad una gara d’appalto pubblica.

Si può sostenere al di là di ogni ragionevole dubbio che i transiti in Valsugana siano generati soprattutto da traffico pendolare (gente che abita in Valsugana e si sposta lungo l’asse del fondovalle per lavoro) ed in maniera minoritaria da traffico di attraversamento.

Tuttavia ciò che è passato in una parte importante dell’opinione pubblica è l’idea che, costruendo uno svincolo che colleghi l’ipotetica direttrice Piovene Rocchette-Trento con la Valsugana, di fatto sparirebbero le code lungo la ss 47 e si risolverebbe la gravissima situazione attuale in cui una strada statale a due corsie in cui transitano qualcosa come 35 mila veicoli al giorno costeggia, senza alcuna protezione ambientale, la sponda più lunga del lago più grande ed importante del Trentino dopo quello di Garda.

La pianificazione strategica dei trasporti sul nostro territorio, in comune accordo con la provincia di Bolzano e con l’Austria, prevede da tempo di puntare al ridimensionamento del traffico su gomma attraverso l’incentivazione del traffico ferroviario per alleggerire l’asse nord-sud. Asse che collega già il Veneto con il nord dell’Europa ma che spesso, per accorciare il tragitto di 26 km e non pagare il pedaggio (Vicenza-Trento via Verona =150 km, Vicenza Trento via Bassano = 124 km – costo del transito di un camion a 5 assi 25,20 euro), gli autotrasportatori scartano optando per la Valsugana.

Come è possibile sostenere che la realizzazione di una nuova circonvallazione (presumibilmente gratuita) che colleghi l’Alta Valsugana con la valle dell’Adige possa contribuire a ridurre il traffico transitante in Valsugana anziché aumentarlo?

Quale può essere il futuro di un territorio come quello della Valsugana che nonostante il suo enorme potenziale continua a non saper esprimere appieno la sua vocazione?

Eppure le eccellenze non mancano: esiste una filiera legata alla produzione di prodotti caseari di montagna, esistono piccole aziende agricole legate alla produzione biologica, esistono eccellenti realtà artigiane ed esiste un importantissimo comparto turistico che è anche una potenza economica in crescita.

E se non fossero sufficienti le istanze di chi ha a cuore il territorio per ragioni etiche allora possiamo senza dubbio avanzare una serie di istanze legate al vil denaro.

Stando alle statistiche provinciali l’ambito della Valsugana ha realizzato nella stagione estiva del 2017 1.016.031 presenze, la terza performance dopo il Garda Trentino (2.059.576 presenze) e la valle di Fassa (1.437.541 presenze).

Un milione di turisti che si aspettano una vacanza legata a quel brand di Trentino legato alla natura e ad un interazione umile dell’uomo con essa che tanto efficacemente sappiamo comunicare ma che troppo spesso rischiamo di tradire.

La direzione che dobbiamo seguire è quella di un Lagorai inserito nel patrimonio dell’Unesco, di un lago di Caldonazzo libero nella sponda est dall’attuale tracciato della ss47 anche investendo risorse importanti. Ve la immaginate la sponda est del lago di Caldonazzo con una ciclabile al posto di quella lingua di asfalto trafficatissima? Si può solo immaginare quali sarebbero le ricadute positive in termini economici sull’intero territorio.

Ciò che serve alla Valsugana è innanzitutto abbandonare idee di sviluppo che hanno quaranta o cinquant’anni e pensare ad una sinergia che punti a potenziare quello che c’è già.

Il mondo del Volo Libero riconosce la Valsugana come uno dei posti più suggestivi dove praticare questo sport. Il Lagorai offre un paradiso per la pratica dello sci alpino, delle escursioni sia invernali che estive. Chi pratica la mountain bike sa quanto meraviglioso sia il territorio in cui ci si può immergere in appena mezz’ora di pedalata.

La valle del Centa va valorizzata ragionando sul ripristino della Valcareta per collegare gli altipiani con il fondo della Valsugana, non sulla costruzione di un nuovo viadotto per l’entrata in galleria verso Trento o verso Vicenza.

Arte Sella c’è, non la dobbiamo inventare, ed è un sito recentemente citato dal New York Times come “uno dei parchi d’arte da visitare” per chi visita il nord Italia.

Il lago di Levico è un gioiello di rara bellezza così come lo sono alcuni scorci del fiume Brenta o alcuni boschi di Roncegno.

Tutte queste cose sono un potenziale economico oltre che un un fragile sistema da custodire.

Sta a noi scegliere se accettare che il territorio venga usato come a Monte Zaccon (Roncegno) per stiparvi rifiuti tossici o come ad Arte Sella per valorizzare la natura e farne un volano economico potentissimo. Possiamo scegliere di tenere aperta l’acciaieria di Borgo o di favorirne la conversione per chiudere definitivamente l’idea che per un po’ di benessere si possa sacrificare salute pubblica e dignità ricalcando format di sviluppo che con un territorio di montagna non hanno nulla da spartire.

Possiamo anche scegliere di costruire nuove strade ed incrementare i flussi di traffico deturpando il territorio anziché proteggerlo e salvaguardarlo mettendo tristemente il Trentino in linea con la maggior parte delle regioni italiane, che anche da ultimo rapporto ISPRA – Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale, continua a registrare un preoccupante incremento del consumo del suolo

É fuori discussione che qui ci siano in ballo due diversi modelli di sviluppo.

Due visioni contrapposte che sono uscite chiaramente anche dall’ultimo incontro pubblico organizzato a Caldonazzo dal Comitato No Valdastico Nord, lo scorso 18 gennaio, cui hanno preso parte più di 150 persone: un esercizio di confronto e di crescita collettiva di una comunità che si sta organizzando non solo su come fermare un’infrastruttura stradale che giudicano inutile e dannosa, ma anche su come costruire insieme nuovi percorsi di salvaguardia e valorizzazione del proprio territorio.

I territori economicamente vincenti hanno da tempo fatto le loro scelte. É auspicabile che anche il nostro scelga in fretta perchè tenendo il piede in due scarpe si rischia solo di inciampare e farsi male.

* comitato noValdastico – gruppo Valsugana

1 Comment

  1. vincenzo ha detto:

    Alex Faggioni dice cose sacrosante. Due mie prese di posizione passate, per dire che non ho aspettato di essere candidato al Senato per la Valsugana per sostenere una buona causa.
    Vincenzo

    Con Il progetto di urbanizzazione dell’area di S. Cristoforo il “modello veneto” (quello della trasformazione del territorio in anonima periferia urbana) prosegue il suo percorso, secondo un piano di marcia i cui risultati già si sono visti nei decenni passati lungo la Valsugana, fra fabbriche obsolete, discariche incontrollate e percorsi stradali poco rispettosi dell’ambiente naturale. Quella relativa alla salvaguardia dell’ecosistema lacustre è una questione su cui si gioca la credibilità della comunità autonoma del Trentino: un cedimento a logiche di crescita incontrollata in quest’area nevralgica giustificherebbe un appello allo Stato perché torni a svolgere funzioni di sovraintendenza. In un suo studio recente sulla figura di Nicolò Rasmo Laura Dal Prà ha ricordato che fra le di lui battaglie per la salvaguardia del patrimonio trentino vi fu anche quella, perduta, per scongiurare negli anni sessanta del secolo scorso lo sfregio al lago di Caldonazzo che sarebbe stato causato con il progettato, e haimè realizzato, nastro d’asfalto sotto il colle di Tenna (tutti gli abitanti delle aree rivierasche vivono oggi nel terrore che qualche autocisterna con prodotti altamente tossici finisca nel lago). Chi avesse la pazienza di confrontare il “rendering” dell’attuale progetto di “valorizzazione attraverso perequazione” dell’area di S.Cristoforo, con la descrizione fatta da Cesare Battisti degli stessi luoghi nella guida di Pergine di inizio Novecento, si renderebbe conto facilmente dei pericoli a cui si va incontro. La riduzione dell’area boschiva rivierasca, l’impermeabilizzazione delle stesse aree, la riduzione dei canneti, toglierebbe a quel luogo ogni residuo interesse naturalistico, e quindi turistico. Già a fronte di modeste piogge si è avuta l’avvisaglia di ciò che potrebbe capitare se si riducesse ulteriormente le capacità di assorbimento dell’area lacustre; “accadde che le nuvole del cielo si aprirono e un torrente d’acqua cadde sulla valle: tuoni e fulmini tremendi scossero le foreste attorno e fiumi in piena travolsero le mura, le città e le chiese…”. La leggenda del Lago, quella che parla di Susa e Caldon, le località sommerse, potrebbe così materializzarsi, finendo per togliere alla nostra vista gli ipotizzati alberghi, i centri commerciali, le discoteche, le rotonde sul lago e ogni altra diavoleria partorita dalle fervide menti dei nostri eletti, di maggioranza o opposizione che siano. E’ auspicabile che il grido di dolore lanciato dal comitato per la difesa di S.Cristoforo venga raccolto da tutte le persone che credono ancora possibile una via trentina ad uno sviluppo realmente sostenibile. E’ finalmente giunto il tempo che le bellezze naturali, paesaggistiche, storiche, del territorio trentino vengano appieno comprese, in primis dalle genti che in questo meraviglioso territorio vivono e lavorano, e più in generale da quanti intendono soggiornarvi. A questo scopo, il lavoro promosso dal Comune di Caldonazzo risponde pienamente: non vi è aspetto che lungo un millennio di storia non venga qui rappresentato, né problema di equilibrio ecologico che non trovi qui la giusta sottolineatura. Si dice che la storia, se non ci si sforza di conoscerla, è destinata a ripetersi.
    E’ bene quindi conoscere i pericoli a cui il lago è fortunatamente scampato nel passato (prosciugamento, desertificazione ittica, suo uso come bacino idroelettrico, privatizzazione delle sponde) perché non è detto che non possano ripresentarsi, sotto diverse spoglie. Se un pericolo è definitivamente scongiurato – quello che prevedeva che il tracciato autostradale fra la Val d’Astico e Trento Nord potesse correre a fianco del lago – un altro è sempre incombente, ed è quello di nuovi assalti edilizi per malintesi fini turistico-residenziali.
    Tenendo conto del fatto che quello di Caldonazzo è, per dimensioni, il più grande dei laghi che insistono interamente sul territorio trentino, dobbiamo essere grati agli autori di questo lavoro perché con la loro fatica hanno posto le giuste premesse ad impedire ogni possibile “distrazione” da quello che deve essere il principale impegno di tutti: trasmettere integra alle future generazioni una così preziosa risorsa naturale.