BIBLIOTECA

16 Novembre 2017

I racconti di Kolima

Si riunisce il Consiglio Regionale del Trentino Alto Adige – Sud Titol. L’ordine del giorno questa volta è piuttosto nutrito ed interessante, anche se dobbiamo fare i conti con la strumentalità che assume ogni confronto che avviene in quest’aula. Il primo punto è la legge costitutiva del Comune di Comano Terme dopo il voto nel quale i municipi di Bleggio Inferiore e Lomaso ha scelto di unirsi in un’unica entità. Un fatto importante, che nasce dal basso, ed il nostro è un atto dovuto. Nell’aria c’è la questione dell’esposizione del crocefisso dopo la sentenza della Corte europea. Quest’ultima formalmenteneccepibile, ma che ha l’effetto di un elefante in una cristalleria. Capace cioè di suscitare le reazioni più viscerali. La Lega ha presentato da tempo una mozione e ne chiede l’anticipazione. Nel frattempo arriva in aula una mozione di Morandini sui Laogai, i campi di lavoro forzato istituiti in Cina sin dai tempi di Mao. Il numero dei Laogai e dei prigionieri in essi detenuti è in Cina "segreto di stato". Così i dati sono piuttosto incerti ma non per questo meno inquietanti: c’è chi parla di 280 campi con 230 mila persone detenute, altri di 1.000 campi con un numero di detenuti variabile fra i 4 e i 6 milioni. Di fronte a questa tragedia sarebbe necessario un confronto serio e pacato, ma la tentazione ideologica è così forte che trovare una soluzione unitaria appare arduo, a cominciare dai toni usati dallo stesso consigliere Morandini che accomuna i campi di lavoro ai luoghi che nel novecento hanno portato allo sterminio di milioni di persone. Intervengo per denunciare la gravità di tutti i "laogai" del mondo, in primis quelli del regime comunista cinese e per dare al confronto un registro diverso. Propongo a Morandini una soluzione unitaria e quasi ci riesco, modificando in maniera sostanziale il dispositivo che poi verrà approvato. Ho l’impressione che delle sofferenze dei campi di lavoro importi relativamente e che quel che conta in fondo sia l’esibilizione del problema. Tanto è vero che il dibattito che ne esce mi spaventa per i toni che vengono usati e che mi racconta di muri ideologici spessi più che mai. "Ma quale ideologia" dice il consigliere Borga nel suo intervento in risposta alle mie osservazioni "la parola comunismo non viene mai citata una volta…". Quasi fosse questo il problema. Riecheggiano furori ideologici e religiosi che esploderanno di lì a poco, quando gli esponenti della Lega useranno il crocefisso come una clava della loro propaganda. Il crocefisso appare in aula, il consiglieri della Lega si mettono in posa per farsi immortalare, era quel che volevano e nemmeno li sfiora il pensiero che l’uso che fanno di quel simbolo religioso è a dir poco blasfemo. Ma non gli importa perché la loro religiosità è semplicemente avversità verso altre culture religiose, strumentalità propagandistica, gazzarra. Dopo un po’ di proteste il presidente del Consiglio ne chiede la rimozione ed ordina agli uscieri di rimuovere il crocefisso della discordia. E’ quel che avviene, ma solo dopo aver superato l’ostruzionismo dei pasdaran. Quel Cristo era già sofferente di suo. Iniziamo la discussione sulla legge sulle indennità di carica. La soluzione che abbiamo proposto come maggioranza blocca l’applicazione dell’indicizzazione Istat e nei fatti riduce le indennità nel corso della legislatura del 7,5%. Provvedimento che si va ad aggiungere ai tagli operati nella scorsa legislatura (e fra questi l’abolizione dei vitalizi) e che rappresenta un ulteriore passo avanti nell’impegno contro i privilegi della politica. Gli interventi della minoranza sono la fiera della demagogia, un polverone che nasconde un unico scopo, quello di lasciare le cose come stanno. La discussione in aula prosegue fino a tardi, ma non molliamo e alla fine verso le 21.30 la proposta viene approvata a larga maggioranza. Di tutta questa giornata di lavoro, "ovviamente", i telegionali della sera riportano solo la pagliacciata leghista e lo stesso sarà per i giornali del mattino. Il nulla diventa la realtà, il virtuale si auto avvera. Bollettino medico della serata. Gabriella ha 38 di febbre, il rientro di lunedì è stato fatale. Io per il momento me la cavo con la dose quotidiana di antibiotico che devo prendere ancora per un paio di giorni.  
16 Novembre 2017

Le ambiguità degli aiuti umanitari

Venerdì e sabato c’è la conferenza internazionale di Osservatorio Balcani e Caucaso. Appuntamento annuale di rilievo, quest’anno dedicato al ventennale della caduta del muro di Berlino. Il titolo è eloquente: "Il lungo ‘89". Come a dire che la transizione non è affatto finita e che l’Europa è ancora un’incompiuta. Sì, perché quando il muro cadde, le macerie finirono da entrambe le parti e se il comunismo uscì sconfitto anche il modello occidentale non stava poi tanto bene. La fine del bipolarismo fu una valanga che travolse tutto e la storia prese una piega forse imprevedibile verso la quale tutti si trovarono in braghe di tela. La guerra in Jugoslavia fu il simbolo di questo smarrimento e per questo era ed è tutt’oggi fondamentale studiarne la natura e comprenderne i messaggi. Il che – in larga misura – non è avvenuto e continua a non avvenire. Perché stupirsi allora di un’Europa che procede all’incontrario? L’Europa era un progetto politico di pace, di superamento dei confini, di valorizzazione di ogni minoranza, di dialogo mediterraneo. Ci siamo svegliati dal sogno a dover fare i conti con lo scontro di civiltà, con le guerre che ne hanno dilaniato il cuore, con il proliferare dei confini. La conferenza proverà a dare qualche risposta. Le persone chiamate a confrontarsi, di assoluto valore… L’intervento conclusivo della prima giornata di Boris Pahor, grande vecchio di un confine abbattuto ma non nei cuori e nei pensieri di chi vive fra Trieste e Gorizia, da non perdere. Il mio compito è di coordinare la tavola rotonda dal titolo "Dove si è fermata l’integrazione europea?". Negli appunti che sto buttando giù, provo a porne una più radicale: dove si è fermato il progetto politico europeo? Domande che pesano come macigni sul nostro presente e futuro perché i fantasmi che s’aggirano per il vecchio continente si nutrono proprio dell’incapacità di almeno provare qualche risposta. Le conferenze dovrebbero servire proprio a questo. A domani, dunque, e buona notte. PS. Gli incontri, le parole e gli impegni della giornata li riprenderemo nei prossimi giorni.  
16 Novembre 2017

La signora va nel Bronx

Mi sveglio a Torino, in un alberghetto di via Principe Amedeo. Aggiorno il sito, preparo un po’ di cose per la giornata e poi vado in stazione Porta Nuova dove ho appuntamento con Eugenio Berra, giovane amico con il quale condivido le passioni balcaniche e l’impegno sul turismo responsabile. Dopo aver preso un caffè come si comanda (i vecchi caffè torinesi del centro sono così pieni di cioccolato e di storia da aver un fascino tutto particolare) andiamo in zona Lingotto dove ci attende l’incontro con Michele Rumiz che, per Slow Food, segue l’area balcanica. Stiamo discutendo di un progetto che come "Viaggiare i Balcani" vorremmo realizzare in partenariato con Slow Food, un viaggio lungo il Danubio per scoprire e valorizzare culture alimentari e comunità del cibo di questa grande regione europea. Come sempre, non mancano le idee e nemmeno l’ambizione, ma l’organizzazione di una cosa del genere richiede un lavoro immenso di preparazione. Per la verità ci prendiamo per tempo, visto che si parla di un evento da realizzare nell’estate del 2011, ma che vorremmo già presentare a "Terra madre", nell’ottobre dell’anno prossimo, proprio a Torino. L’idea è condivisa, le suggestioni che ne vengono sono numerosissime, ed è così anche per le opportunità di iniziativa che ne possono scaturire. Ma non c’è tempo da perdere. A febbraio è necessario che la macchina si metta in moto. Rimaniamo con l’idea di avere una risposta formale da parte del presidente di Slow Food nel giro di un paio di settimane e definiamo una prima scaletta di lavoro. Mangiamo qualcosa nel locale sottostante alla sede di Slow Food, "Eataly", il più grande mercato enogastronomico del mondo – come si definisce – che oltre a Torino ha aperto a Tokio, Milano, Bologna e Pinerolo. E’ la fiera della qualità (ma anche della vanità e della gola) oltre che dei prezzi alti. Coniugare qualità ed accessibilità dovrebbe essere possibile, come giustamente dice Slow Food: "buono, pulito e giusto". Ma questa è un’altra storia… Torniamo verso la stazione, Eugenio riparte per Milano ed io faccio quattro passi per la città nel tiepido del pomeriggio. Alle 17.00 è prevista la presentazione di "Darsi il tempo" alla Libreria coop di piazza Castello. Con me ci sono Luca Rastello, giornalista, scrittore e amico, e Antonio Ferigo, vice Presidente dell’Istituto Euromediterraneo del Nord Ovest Paralleli che ha organizzato l’iniziativa. Un po’ di gente è arrivata e così iniziamo a parlare del libro, dei suoi contenuti, delle sue visioni. Il libro è uscito un anno fa e siamo ormai alla quarantesima presentazione, quel che c’era da dire… eppure ogni volta è una discussione diversa. Non parliamo di cooperazione, ma di sguardi sul mondo, degli strumenti per leggere e capire quel che accade intorno a noi, del nostro vocabolario e della necessità di fare una seria manutenzione delle parole. A cominciare della pace e della guerra, che continuiamo a non indagare seriamente, incapaci di far nostro il messaggio di Hannah Arendt sulla "banalità del male". E, sotto questo profilo, "Darsi il tempo" è solo l’avvio di una riflessione. Ci raggiunge anche Alberto Tridente, compagno di mille battaglie. Ogni volta che c’incontriamo programmiamo viaggi oltre oceano, chissà che questa volta non capiti davvero, visto che l’anno prossimo ci sono le elezioni presidenziali in Brasile ed il Presidente Lula è amico di Alberto. Andò così anche nella primavera del 1994 e fu un’esperienza davvero straordinaria. Nelle stesse ore di Torino, a Bruxelles, nella sede della rappresentanza della Regione europea del Tirolo – Alto Adige, una presentazione parallela del libro, con Mauro Cereghini ed un centinaio di persone ad ascoltare e dibattere. Se con questo libro volevamo trovare il tempo per alzare lo sguardo sulle cose del mondo e della cooperazione, possiamo dire di esserci proprio riusciti. Con Antonio, Luca e Silvia finiamo in una bettola, nei pressi di piazza San Carlo. E poi a chiacchierare fino a notte tarda con Luca in uno dei più vecchi caffè del centro, io un "bicerin" e lui uno zabaione tiepido. Poi a nanna, visto che domattina c’è l’Assemblea del PD del Trentino.  
16 Novembre 2017

La terrazza proibita

Fatema Mernissi

Vita nell’harem

Giunti, 2005



L’harem di Fez dove la piccola Fatema cresce è un luogo in cui le donne sono sottomesse a precise regole, prima fra tutte quella di non varcare i “sacri confini” delle mura domestiche. La terrazza più alta della casa diventa così il luogo proibito e segreto dove fantasticare evasioni, praticare rituali segreti, complottare trasgressioni contro le regole del costume familiare e sociale.

16 Novembre 2017

Per uscire dal ventesimo secolo

Mattino buio e freddo, di quelli che vorresti solo star sotto le coperte, con il focolare acceso e con un bel libro. E invece… ho un lungo foglio di appunti, zeppo di cose da fare. Mi metto a scrivere, poi comincia a squillare il telefono. Le chiamate riguardano la scuola e mi rendo conto di quanto non sia affatto chiaro quel che bolle in pentola. Se anche le persone più intelligenti e amiche faticano a capire la partita che si sta giocando, diventa un problema. L’editoriale di ieri del direttore de "L’Adige" parla di scuola trentina al massacro e chiama alla protesta sociale. Non lo sfiora nemmeno il dubbio che le cose non stiano affatto così e di essere caduti in un "trappolone" teso all’assessora Marta Dalmaso e alla scuola trentina nel suo complesso (e allo stesso Dellai) da quegli stessi soggetti di potere che nel corso della passata legislatura avversarono a tal punto la riforma sull’autonomia scolastica da costringere l’assessore Salvaterra a dare le dimissioni. Tutti a guardare il dito, anziché la luna. Il fatto è che, accanto a preoccupazioni vere, ci sono visioni, giochi di potere ed interessi corporativi che s’incontrano in maniera perversa. Il tutto ricoperto da un polverone tale che risulta difficile richiamare le persone alla realtà. E poi dobbiamo dirci molto serenamente che la riforma della scuola trentina, quella vera dell’autonomia scolastica e della responsabilità, non è mai stata digerita, né dal corpo insegnante, né dagli studenti, né dai genitori. Né dalla politica, visto che in larga parte non se ne ha affatto memoria. Una politica senza memoria, questo si è riusciti a partorire. Leggo sul "Trentino" l’intervista a Lorenzo Dellai e c’è molta assonanza con quel che ho scritto sul Corriere proprio ieri. Lui la memoria ce l’ha, eccome. Ed anche qualche responsabilità, nell’aver lasciato che la rivolta del palazzo alla legge Salvaterra mietesse nuove vittime. E forse con la maliziosa convinzione che questo avrebbe logorato più il PD che altri, che peraltro conta una parte importante della sua base sociale proprio nel mondo della scuola. E così la scuola è in rivolta, almeno questo è il tam tam che prende corpo. Ne parliamo alla riunione del Gruppo consiliare, nel pomeriggio, ed ho l’impressione che anche qui una reale percezione dello scontro in atto non ci sia affatto. Se penso che proprio di questo abbiamo iniziato a parlare a gennaio di quest’anno nelle riunioni del gruppo di lavoro sulla scuola del PD del Trentino, sperando che in questo modo potesse crescere nel corpo sociale una consapevolezza di quel che stava covando sotto la cenere. Bisogna parlarne, occorre reagire. Credo sia necessario parlarne al partito, con tutta urgenza. Purtroppo finisco tardi la riunione del Consiglio del Forum, che spazia dal nucleare che l’Italia ha deciso di riaprire al vento cupo che ci arriva dal voto della Svizzera contro i minareti. Cattivi presagi. In compenso i risultati del voto amministrativo di ieri nei Comuni di Cembra, Nago Torbole e Strembo, non sono male, anche se lasciando intendere un confronto piuttosto duro tutto interno al centro sinistra autonomista alle prossime amministrative di primavera. Ancora cattivi presagi. Continua a piovere ed è di nuovo buio.  
16 Novembre 2017

Maschere per un massacro

L’incontro che si svolge alle 9.30 presso l’assessorato alla solidarietà internazionale non è facile. Lo dico perché non mi sono ancora abituato ad un certo modo di monopolizzare un contesto e lo dico perché non nascondo di aver fatto fatica a mantenere la calma. Mi passano davanti agli occhi le immagini di una vicenda che avevo messo da parte, in qualche angolo remoto della memoria. Era la metà degli anni ’80, a Roma, negli uffici di via Farini dove lavoravo. Il contesto una conferenza stampa dedicata alla denuncia di uno dei tanti tragici capitoli della vicenda del conflitto israelo – palestinese. Poco prima della conferenza stampa il salone della direzione nazionale risultava affollato di troupe televisive in maniera inusuale. Ovviamente la cosa ci stupì, ma non per molto. Avvenne che qualche attimo prima dell’inizio della conferenza stampa alcune persone estranee si presero il palco proponendo fra bugie ed insulti la propria versione dei fatti. Un bliz vero e proprio che lasciò tutti esterrefatti , concluso il quale gran parte delle telecamere se ne andarono, non assistendo nemmeno per un minuto alla conferenza stampa vera e propria. Oggi la scenografia è tutt’altra. Siamo ad un incontro fra la PAT, il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani, le associazioni trentine che si occupano di Medio oriente, allo scopo di mettere le basi per una "tre giorni" sul conflitto israelo-palestinese da realizzarsi in Trentino nella prossima primavera. Chi siede intorno a questo tavolo non dovrebbe rappresentare una parte in conflitto, bensì soggetti terzi impegnati per il dialogo e la pace. Dobbiamo prendere atto che così non è. Ho cominciato ad imparare a rivolgere in positivo quel che è di segno diverso e dunque mi dispongo alla sfida di costruire un percorso che sembrerebbe improbabile. L’Assessore Lia Giovanazzi Beltrami indica un metodo: mettere in luce gli elementi che uniscono piuttosto di quelli che dividono, rivolgere lo sguardo ai comportamenti virtuosi nel segno del dialogo piuttosto che agli elementi conflittuali, valorizzare le relazioni piuttosto che le posizioni politiche. Cerchiamo di tenerci su questo profilo ma ho l’impressione che possa prevalere l’ipocrisia. Allora decido di intervenire parlando del recente viaggio, del senso di sconforto che mi ha accompagnato, del fastidio che mi dava la parola "dialogo" di fronte ad insediamenti abusivi di migliaia di persone con caratteristiche di fortezze piuttosto che di insediamenti urbani o dell’accaparrarsi dell’acqua come arma di presidio del territorio. Tanto che la pace mi appare oggi più lontana di ieri. Le speranze di pace si sono infrante. Non ci resta allora che interrogarci e provare a dare risposte diverse rispetto al passato. E’ la ricerca di risposte inedite che dovrebbe segnare il profilo politico dell’iniziativa, accanto alla valorizzazione di tutte le strade che la società civile sta cercando di battere per far vivere nonostante tutto la speranza di pace e di convivenza. Avremo l’onestà intellettuale e la capacità di fare questo? Lo vedremo, intanto ci mettiamo alla prova con una serie di gruppi di lavoro e verificheremo se saremo capaci di mettere via pregiudizi ed ipocrisie. Senza chiudere gli occhi sulla realtà, sui muri di cemento armato come su quelli che ossessionano il nostro immaginario. Per questo provo un po’ di sollievo nel vedere le belle foto di Ulrich, amico berlinese che da anni vive in Trentino, dedicate proprio al muro caduto vent’anni fa, esposte al liceo Rosmini. Si può avere nostalgia di un muro vissuto con orrore? Nelle parole di Ulrich, vien fuori l’amarezza per quell’89 che ha aperto tante speranze poi andate in frantumi. La nostalgia dell’est è un sentimento tanto amaro quanto diffuso, rappresentato dall’immagine della "Trabi", quella trabant che della Germania Democratica era uno dei simboli. Anch’io – che nostalgico non credo affatto di essere – confesso di conservare con un certo orgoglio qualche oggetto di quella storia scomparsa. Una piccola coperta dell’Interflug, la compagnia aerea della DDR, che ricetti in un viaggio del capodanno fra l’88 e l’89 in occasione del trentennale della rivoluzione cubana che mi portò a L’Avana ad incontrare Fidel Castro. Era tale la condensa che nella traversata festante (era il 31 dicembre) nella carlinga del vecchio tupolev sembrava piovesse. E’ notte quando parto per Bressanone/Brixen dove con Mauro Cereghini presentiamo "Darsi il tempo" in un luogo caldo e suggestivo, la "casa della solidarietà". Il pubblico è rappresentato da un bel gruppo di giovani sudtirolesi  che c’interrogano sulla cooperazione e sul nostro sguardo sul mondo. Oltre alle nostre parole, una trama fitta fitta di domande ed un applauso conclusivo che parla da solo. Quando arrivo a casa è l’una di notte passata.  
16 Novembre 2017

Biscotti al cardamomo

Antonio Umberto Riccò

Biscotti al cardamomo

Edizioni Alpha Beta, 2009

 

Una mattina di febbraio il lago di Garda restituisce il corpo di uno straniero. Si capirà  presto che è stato ucciso. Da quel momento le notti di Saverio, il professore
in pensione che ha trovato il cadavere, sono tormentate da incubi, che non gli danno tregua fino a spingerlo a intraprendere proprie indagini insieme a Marco,
cronista di un quotidiano locale. Anche gli inquirenti ufficiali, una vicequestore mordimatite e un capitano dei Carabinieri esperto di bonsai, coordinati da un Procuratore della Repubblica con la Sicilia nel cuore, si confrontano con indizi che gli assassini sembrano aver lasciato apposta per loro… Lo scenario che fa da sfondo alla narrazione è quello di un paese che sembra aver perso la memoria del proprio passato.

16 Novembre 2017

I giusti nel tempo del male

Svetlana Broz

I giusti nel tempo del male

Edizioni Erickson, 2008

 

Un libro di Svetlana Broz raccoglie testimonianze di gesti positivi compiuti durante la guerra bosniaca. Grandi e piccole resistenze alla logica della divisione. Per una memoria non solo etnica. Una recensione.