“Dicono che a morire sono quelli stanchi”
28 Aprile 2009Villa Tempesta, un errore la vendita del patrimonio pubblico.
29 Aprile 2009Amore per il territorio e cultura della legalità
La stagione di “Mani Pulite” rappresentò la risposta al malaffare: la magistratura cominciò a fare il suo dovere, la società civile ad uscire dalla rassegnata convinzione che tanto le cose fossero sempre andate così, la politica – scossa fin nelle fondamenta della prima repubblica – a ripensarsi e a mettere in campo normative e leggi di maggior trasparenza e controllo sugli appalti.
Venne spazzata via un’intera classe politica, il sistema delle imprese sembrò accettare nuove regole ed anche nella pubblica amministrazione il rispetto della legalità ritrovò dignità e cittadinanza. Ciò nonostante dobbiamo dirci molto severamente che quella stagione ben poco incise sulla cultura diffusa del favore e sui meccanismi di accentramento dei poteri che del malaffare sono i presupposti. E quando il cambiamento non investe la cultura delle persone e delle comunità, la ragnatela comincia inevitabilmente a rifarsi, nei comportamenti quotidiani come nelle prassi amministrative.
Capiamoci. E’ mia ferma convinzione che il Trentino non sia stato in questi anni mal governato, né tanto meno in mano alla mafia. Questa terra ha saputo riemergere nel dopoguerra dalle distruzioni e dalla povertà grazie alla laboriosità e alla responsabilità della sua gente, un tessuto partecipativo straordinario fatto di Comuni, Usi civici, volontariato diffuso, associazioni e sistema cooperativo che ha fatto la differenza. Con il secondo statuto di autonomia, il Trentino ha saputo coniugare questo tessuto con l’autogoverno delle risorse, e così ci siamo lasciati alle spalle la povertà più dura e l’emigrazione. E questo lo si deve anche ad una politica che ha saputo guardare lontano e rinnovarsi.
E’ stato così anche nel cuore degli anni ’90 quando si è avviata in Trentino una fase di sperimentazione politica originale che diede vita, prima ancora che sul piano nazionale, alla Margherita e a sinistra, grazie a realtà inedite come Solidarietà e Rete ma anche alla svolta della Bolognina, ad un rimescolarsi di culture e storie personali che – pur fra fasi alterne – ancora non si è esaurito con la nascita del Partito Democratico del Trentino e dell’Unione per il Trentino.
Ma quando si abbassa la guardia, nella convinzione che le leggi e le regole siano sufficienti per mettere al riparo la nostra comunità, ecco che di nuovo riprendono forza e spregiudicatezza i poteri forti, il loro concentrarsi tanto sul piano economico e finanziario (oligopolio), quanto nella sfera del potere politico. Ed è su questo che la politica trentina deve fare una seria riflessione.
Non dobbiamo ripetere l’errore di dieci anni fa. E’ bene che la magistratura faccia il suo dovere e che lo faccia in modo giusto, senza clamore, ma col rigore di accertare le responsabilità penali di ciascuno. E anche se al termine dell’indagine non emergessero per la parte politica (visto che per quella privata ci sono già state le prime confessioni) reati perseguibili, rimarrebbe la convinzione che ci sono molte cose da cambiare. Sono quelle dell’uso del potere ai fini del consenso elettorale, della concentrazione del potere nelle mani di pochi, della mancanza di trasparenza e di imparzialità, della non distinzione tra amministrazione e politica, della disinvolta occupazione delle cariche istituzionali e societarie.
E’ solo parzialmente un problema di regole, perché sappiamo che – come si suol dire – “fatta la regola, trovato l’inganno”. E’, invece, soprattutto un problema di cultura politica, di rigore e di etica alle quali non si può mai rinunciare.
Evidentemente l’aver posto la questione dell’accentramento dei poteri all’inizio di quest’ultima legislatura, come ha ricordato Roberto Pinter su queste pagine, non è bastato o comunque è rimasto inascoltato fino a quando lo stesso presidente Dellai ha dovuto riconoscere che esisteva anche in Trentino una questione morale senza però operare scelte conseguenti.
Ora non servono i polveroni, né la facile demagogia che butta fango su tutto. Si tratta di cogliere l’opportunità di porre la questione morale come un tema decisivo che deve investire tanto la politica, quanto l’economia, quanto la nostra comunità tutta, per ristabilire una cultura della legalità attraverso strumenti di educazione permanente.
Vogliamo troppo bene a questa terra e a chi, prima di noi, ha dato impegno ed intelligenza per consegnarci una terra integra, per non dare il meglio di noi nel costruire una diffusa cultura della legalità e nell’impegnarci affinché la politica torni ad essere occasione di speranza e non cosa di cui vergognarsi.