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Addio a Francesco Gerosa

Francesco se n’è andato come la madre, il fratello, la sorella. Una maledetta malattia senza scampo che ammazza poco a poco il fisico e poi, ma purtroppo solo poi, la mente: questa l’atroce eredità famigliare dei Gerosa. Sapeva che probabilmente non sarebbe potuto sfuggire a quell’orrore. Ma per lunghi anni ha combattuto nell’intimo il suo drammatico destino oppenendogli una vitalità, una lucidità e uno spirito d’iniziativa che nel Trentino della cultura hanno costruito una piccola/grande storia.

Laureato in filosofia a Bologna, andava fiero di aver partecipato ad una sorta di cenacolo, un gruppo ristretto in cui Umberto Eco ricavava linfa dalle idee dei giovani studenti. In Trentino, poi, quelle esperienze intellettuali vissute con l’entusiasmo di universitario erano servite a fare di Francesco Gerosa un «precursore». Bibliocario a Denno, fece del piccolo centro un punto di riferimento non solo provinciale per la qualità e il coraggio delle proposte culturali. In Rotaliana, nel passaggio ad un’altra biblioteca, Francesco Gerosa s’inventò quel «Solstizio d’estate» che grazie alla sua passione, alla sua conoscenza di cerchie extratrentine divenne, di nuovo, una delle rassegne più originali ed interessanti, gettando semi di quella multimedialità che oggi è una costante ma che negli anni ’80 era quasi eresia. E ancora, il jazz. Francesco Gerosa suonava la batteria. E pure bene, grazie agli anni di un Conservatorio non concluso e, di più, grazie ad un’amore sterminato per il classico come per l’avanguardia. E da promoter del jazz, aprì la strada dei concerti d’eccezione in Trentino, dirigendo per anni la pionieristica rassegna di Pergine Spettacolo Aperto. Il portfolio delle sue attività, dei suoi interessi, sarebbe molto lungo.

Ma c’è una sintesi che condensa tutte le sue importanti iniziative: la volontà, l’incrollabile volontà di svecchiare il Trentino attraverso una proposta culturale dagli orizzonti ampi, aperta alle contaminazioni e alla ricerca senza mai perdere, tuttavia, il gusto di organizzare eventi non esclusivi. Volontà di un uomo di cultura che non si imbrodava. Ma che, a differenza di tanti, troppi, venuti dopo di lui, non bluffava. Ed è la volontà che ha fatto di Francesco Gerosa un esempio anche nei tanti anni in cui la malattia lo ha minato progressivamente. Si spezzava il cuore e ci si paralizzava nell’imbarazzo quando fino a non troppo tempo fa lo si vedeva in città con quel suo muoversi senza alcun governo di muscoli. Ma voleva parlare, Francesco. Voleva parlare di musica, spettacolo, arte, cultura. E quel suo abbraccio – ormai quasi muto o di parole incomprensibili – non era la ricerca di compassione. Era forza. Caparbietà. Battaglia.

Ciao Francesco. E grazie.

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