I sindaci della Val di Susa contro la realizzazione della TAV
Le “fate ignoranti” di Torino
12 Dicembre 2018
Chico Mendes
Chico Mendes, trent’anni dopo
19 Dicembre 2018
I sindaci della Val di Susa contro la realizzazione della TAV
Le “fate ignoranti” di Torino
12 Dicembre 2018
Chico Mendes
Chico Mendes, trent’anni dopo
19 Dicembre 2018

2. Il secondo nodo da sciogliere è quello della campagna per la realizzazione delle grandi opere in risposta all’immobilismo del governo gialloverde. Le ragioni per la realizzazione del tunnel del Brennero, per la TAV o per il terzo valico non vanno confuse con il completamento della Valdastico. Ci sono opere già avviate e, pur in presenza di criticità, volute anche dai territori interessati e ci sono opere non condivise e la cui utilità è tutta da dimostrare.

3. Il terzo nodo da sciogliere: non si può affrontare la Valdastico contrapponendo le ragioni dello sviluppo alle ragioni dell’ambiente, perché lo sviluppo non ha sempre scelto le strade giuste e perché non può esistere un pregiudizio assoluto rispetto ad ogni grande opera. Ci sono investimenti che hanno un costo ambientale ma che possono portare anche ad un miglioramento complessivo, ad esempio trasferendo il trasporto dalla gomma alla rotaia, e ci sono opere che hanno un basso impatto ambientale ma pesanti ricadute e alti costi gestionali. Quindi non esiste un SI senza se e senza ma, come sostiene il partito di Salvini, e non è ragionevole un NO senza se e senza ma.

4. La Valdastico non deve essere una bandierina che si usa per altri scopi. Ne so qualcosa perché quando ero assessore all’urbanistica è stata usata per etichettarmi come il partito dei No, per mettere in difficoltà la sinistra e per ottenere qualcosa in cambio.

5. Altro nodo da sciogliere è anche quello del NIMBY cioè del “non nel mio cortile”, quell’atteggiamento che ha spesso condizionato il dibattito sugli inceneritori e sulle grandi opere. Va bene o comunque non mi preoccupo se non si fa sul mio territorio. Finché si è parlato dello sbocco su Besenello il problema sembrava riguardasse solo quel comune e il resto del Trentino guardava alla Valdastico come un problema lontano. Poi quando si è parlato di uno sbocco a Trento sud è andato in fibrillazione il Comune di Trento. Quando poi con la giunta Rossi è tornato d’attualità il tracciato in Valsugana, allora anche i più convinti sostenitori della Valdastico come soluzione di problemi della Valsugana si sono ricreduti e sono nati i comitati con tanto di amministratori locali. Adesso che si parla dell’uscita a Rovereto è partita la mobilitazione dei sindaci delle valli del Leno e degli amministratori dell’Alto Garda giustamente preoccupati delle conseguenze per il loro territorio. Quindi vediamo di affrontare il tema parlando di Trentino e delle connessioni con il Veneto e non solo del proprio pezzo di territorio. Il Trentino si preoccupi della Valsugana come deve preoccuparsi dell’asta dell’Adige o dell’Alto Garda.

6. L’impatto ambientale è il tema più importante ma non è il primo problema da affrontare. Un’opera si fa se è necessaria prima di tutto e se è sostenibile economicamente, poi la si realizza solo se si trova una soluzione ambientalmente accettabile. Se invece partiamo dalla scelta del tracciato con minor impatto allora si dà per scontato che si deve fare, ma non è affatto scontato che la Valdastico sia utile e necessaria.

Se potessimo allora sgomberare il campo dagli interessi della Serenissima e dall’uso ideologico della Valdastico, come bandiera dello sviluppo incondizionato, e senza ridurla al territorio interessato dal tracciato, allora potremo finalmente parlare di Valdastico. E provare a rispondere ad alcune domande:

a) a quasi cinquant’anni dallo stop alla Valdastico in Trentino, possiamo accorgerci che qualcosa è cambiato rispetto all’idea di sviluppo? E possiamo considerare lo scenario complessivo della mobilità, tenendo conto delle strategie europee e del nostro territorio alpino? Che coerenza c’è tra Valdastico e una mobilità sostenibile che guarda al futuro? In particolare possiamo considerare come priorità lo sviluppo del trasporto su rotaia e quindi la messa in rete che supporti lo sviluppo dell’asse del Brennero? E conseguentemente considerare la ferrovia della Valsugana, e il recupero degli altri rami come la Rovereto Riva o quello delle valli dell’Avisio, come una priorità che deve precedere qualsiasi altro investimento stradale? Perché nessuno dice no alla ferrovia ma sempre dopo….

b) che rapporto c’è tra i problemi della Valsugana e la Valdastico? La giunta Rossi ha riaperto alla Valdastico sia per risolvere il tema delle concessioni autostradali sia come risposta alle esigenze della Valsugana. Fugatti la sposta a Rovereto e vuole le 4 corsie in Valsugana e quindi dice che non c’è alcun rapporto. Dove sta la verità?

c) Un’opera deve essere sostenibile, nei costi di realizzazione (e non si dica che la paga la Serenissima perché sappiamo che comunque sono risorse distratte da altre priorità) e nei costi di manutenzione. Nessun studio prodotto fin qui, nemmeno quelli di parte hanno offerto dati di traffico previsto che si avvicinino anche lontanamente al minimo necessario.

d) Il Trentino paga e con il tunnel del Brennero pagherà ancor di più un alto tributo per favorire le connessioni europee nord-sud. E’ pensabile ce la farfalla del Trentino venga inchiodata con la pesantezza di una connessione est-nord ed est-ovest? Si guardi al Sudtirolo che con maggior lungimiranza ha evitato di favorire un ulteriore attraversamento.

e) Una nuova strada dovrebbe permettere al resto della viabilità di migliorare, non di collassare come previsto per l’A22 tra Rovereto Sud e Trento Nord.

Solo se diamo una risposta a queste prime cinque domande potremo chiederci se comunque la Valdastico sarebbe sostenibile ambientalmente.

 

Comments are closed.