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Dolomiti, fra autonomie e neocentralismo

il tessuto democratico e si produrranno maggiori costi finanziari, disfuzioni nei servizi locali e perdite di tutela nei territori svuotati di rappresentanza. Fra i critici, l’urbanista Edoardo Salzano, il presidente del Censis Giuseppe De Rita e i 44 giuristi che denunciano profili di incostituzionalit&agrave

1 Comments

  1. vincenzo Calì ha detto:

    Che gli storici seri si siano rifiutati in passato di considerare l’Italia alla stregua degli altri Stati europei nel processo di formazione dello Stato moderno,trova piena giustificazione alla luce dello stato confusionale con cui vengono affrontate le riforme istituzionali: il progetto governativo affidato alla Società geografica italiana prima (abolizione delle Provincie e raddoppio delle Regioni) e l’iniziativa pure governativa tesa a trasformare le provincie in assemblee dei sindaci poi, rendono bene l’idea di fondo dei teorici che sostengono che lo Stato italiano in senso moderno non esiste. Il caso bellunese commentato da Sovilla è da manuale:pensare di eludere nel riassetto territoriale il fatto che esista un’area dolomitica, oggi dichiarata patrimonio dell’Umanità,non viene tenuto per nulla in considerazione. La comunità dolomitica, dentro una più vasta macroregione alpina, è destinata a caratterizzarsi sempre più come territorio guida nel processo di formazione dell’Unione europea. Ridurre quest’area a semplice territorio di scambio fra entità politiche non meglio definite è di una miopia politica assoluta. A quando l’adunata delle genti alpine nel cuore delle Dolomiti per rivendicare l’origine nativa delle forme di autogoverno popolare?