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A partire dal Memorandum di Lisbona 2000, l’Europa ha lanciato un forte allarme sulla dispersione scolastica, ponendosi l’obiettivo di ridurla al 10 per cento entro il 2020, e individuando nelle bocciature la fonte principale di essa: ma un alunno «disperso» tende a diventare un numero in più di quella fascia giovanile che non studia, non lavora (e nemmeno cerca lavoro). Eliminare le ripetenze, raccomanda l’Ocse (Education at a Glance, 2010) ai governi degli stati; un anno di ripetenza costa mediamente 8 mila dollari in Italia (quasi 9.000 euro in Trentino secondo il 6° rapporto del Comitato di valutazione) e non per caso nel 2007, con il governo Prodi, il ministro dell’economia Padoa Schioppa propose di fissare il tetto del 10 per cento alle bocciature nel biennio delle superiori, calcolando un risparmio annuo di 56 milioni di euro. 

Ma è soprattutto la dimostrata inefficacia di recupero cognitivo, nel sedere per un altro anno nello stesso banco classe e scuola per la grande maggioranza dei ripetenti, che viene messa in evidenza dallo studio Eurydice della Commissione Europea (2008), quando afferma che «… i risultati a lungo termine dei ripetenti sono spesso inferiori a quelli ottenuti da studenti a basso rendimento scolastico che non hanno mai ripetuto un anno scolastico».

E i dati PISA 2009 confermano, mostrando che i paesi con alti tassi di ripetenze sono anche quelli che presentano le prestazioni peggiori degli studenti. Ripetenze dunque inefficaci come «seconda chance» e inutili, se non dannose, come mezzo disciplinare di deterrenza. In «Elogio del ripetente» (Mondadori, 2013) Eraldo Affinati non elogia certo le ripetenze mentre Vittorino Andreoli in «Lettera a un insegnante» (Rizzoli, 2006) mette drammaticamente in luce i danni psicologici derivanti da uno stigma di fallimento scolastico. D’altra parte, il contenzioso crescente sulle bocciature evidenzia in modo imbarazzante la disomogeneità, l’opacità, l’aleatorietà dei criteri valutativi adottati nelle varie sedi di scrutinio. 

Le valutazioni periodiche degli studenti trentini ci pongono in modo stabile da alcuni anni ai primi posti di merito tra le regioni italiane, non si sfigura neppure nel confronto con le migliori realtà dell’Ocse, la più recente valutazione dell’Invalsi ha confermato la nostra eccellenza, con risultati sostanzialmente omogenei nei licei come nei tecnici. 

Occorre però segnalare che questi dati sono frutto di una valutazione al netto della selezione operata negli anni scolastici precedenti: quali risultati ci aspetteremmo da una valutazione condotta sulle classi di età, cioè in assenza di ripetenze? Una sfida per l’eccellente sistema scolastico trentino: impegnarsi ad assicurare la regolarità senza interruzioni di ogni percorso formativo.

Non si tratterebbe semplicemente di abolire scrutini e pagelle ma di concentrare ogni sforzo per fare in modo che l’obbligo di istruzione venga assolto nei tempi previsti dagli ordinamenti scolastici: pur nella consapevolezza che la formazione non si concentra tutta e solo in questa fase ma in un’attitudine all’apprendimento permanente. Gli insegnanti, ovviamente, continuerebbero a valutare gli studenti ma in itinere, a rilevare progressi e ritardi, a elaborare profili e piani di studio personalizzati, a informare le famiglie; gli studenti potrebbero adottare un «portfolio» come sistema di autocostruzione del proprio profilo, registrando e motivando i passaggi più significativi del percorso formativo. 

Si deve in sostanza concentrare nella persona dello studente più autonomia e responsabilità, rendendo possibile anche l’approfondimento di aree di interesse individuale, atte a integrare un profilo di originalità auto-formativa. Si dovrebbero anche valutare le possibilità di razionalizzazione, data la stabilità previsionale delle classi e, di conseguenza, della copertura degli organici, un recupero di risorse che dovrebbero obbligatoriamente essere trattenute dentro la scuola.

Se la scuola trentina è veramente di buon livello, anzi, di livello europeo, lo potrebbe confermare; del resto, noblesse oblige.

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