Srebrenica, diciott’anni dopo…
23 Marzo 2014Una lapide sulla strada dei diamanti
23 Marzo 2014Cambiare è sempre necessario, specie se ci si trova di fronte a passaggi di profondo cambiamento, a quel “nuovo tempo”” che meglio si adatta a raccontare il presente rispetto alla parola “”crisi””. Ma il racconto sul Trentino, le sue prerogative, la sua diversità e le sue contraddizioni non sono questioni per niente banali.
Tanto per capire quali sono i nodi del contendere, dentro la coalizione e, prima ancora, dentro il suo maggiore partito, affermare che il Trentino è stato in questi anni un’anomalia politica di grande valore nell’arco alpino che ci ha aiutati ad affrontare i processi dello spaesamento o invece una terra segnata da un sistema di potere di stampo mafioso caratterizzato dalla “”magnadora””, non è la stessa cosa.
Affermare che l’autonomia e l’intervento della PAT nell’economia locale abbia creato un sistema invasivo che ha negativamente condizionato e tarpato le ali alla libera impresa è ovviamente altra cosa del ritenere che questo sia esattamente il ruolo della “”politica economica”” che, semmai, avrebbe dovuto essere ancora più stringente sul piano degli indirizzi e nel valorizzare le vocazioni del Trentino.
Dire, come io penso, che la cooperazione abbia rappresentato uno dei tratti della diversità della struttura proprietaria del nostro contesto economico, pur non nascondendo che a volte questa diversità è stata smarrita, è cosa diversa dal pensare la cooperazione trentina come parte di un sistema di potere democristiano da demolire.
Dipingere le Comunità di valle come dei carrozzoni per sistemare gente anziché la più importante riforma del sistema amministrativo per il riequilibrio fra gli enti locali e una Provincia che, con l’acquisizione di competenze che rendono pressoché integrale la nostra autonomia, rischia di implodere… sono due visioni radicalmente diverse.
Lo stesso dicasi nell’immaginare il sistema di partecipazione sociale, i VVFF volontari (comprese le caserme, talvolta in eccesso) e la nostra protezione civile come l’esercito personale di Dellai anziché uno dei tratti che ci hanno aiutati nella coesione sociale di questo territorio.
Se pensiamo ai corpi intermedi come ad una sorta di ostacolo alla vita democratica, per cui sia i programmi che la scelta dei candidati alla presidenza dovrebbero avvenire non nella ricerca di una sintesi fra sensibilità diverse ma in un rapporto di natura plebiscitaria con i cittadini attraverso le primarie, sono visioni politiche diverse.
Potrei continuare… Questi sono nodi politici, non “”beghe””. Sono visioni diverse che, per quanto riguarda il PD del Trentino, avrebbero dovuto essere oggetto di un confronto congressuale che non si è voluto fare, pensando di poter eluderne (o rimandarne) la soluzione. Tanto che si sono tradotti nella proliferazione di candidature di esponenti del PD alla presidenza della PAT, piuttosto che nella ricerca di figure che potessero rappresentare una sintesi, affidando alle primarie un ruolo che non possono svolgere, quello di costruire sintesi. Forzare la mano in assenza di una griglia condivisa significa molto semplicemente far saltare la coalizione. Che, infatti, viene vista più che altro come un ostacolo, qualcosa che ha a che fare con un passato “”consociativo””. Così il rischio concreto è quello di assistere ad una deriva della politica (Pergine docet) il cui esito non appare di certo auspicabile.
Per non gettare al vento vent’anni di lavoro, in molti (e io fra questi) abbiamo chiesto ad Alberto Pacher di ritornare sui suoi passi e di mettersi a disposizione per la candidatura a presidente della Provincia Autonoma di Trento. Una richiesta dolorosa a fronte di una scelta che era politica ma anche di vita. Pacher, nell’annunciare la propria rinuncia, aveva posto questi nodi, la continuazione di un percorso e il valore coalizionale. Una sua eventuale candidatura non potrebbe di certo sciogliere i nodi qui evidenziati, che andrebbero comunque affrontati sul piano congressuale e coalizionale, facendo finalmente emergere quel progetto che potrebbe avere nel partito territoriale (e nelle reti politiche regionali e sovranazionali) un possibile orizzonte politico.
Vedremo quel che accadrà nelle prossime ore. Certo è che, anche personalmente, non ho alcuna intenzione di assistere con le mani in mano all’omologazione del Trentino al (dissennato) quadro politico nazionale.
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2 Comments
“Se pensiamo ai corpi intermedi come ad una sorta di ostacolo alla vita democratica”
La tua difesa delle Comunità di valle (che non condivido) impiega le stesse argomentazioni che uso per difendere la permanenza degli stati in una futura federazione europea a planetaria.
Vedi tu ;op
Difendo le Comunità di Valle, come grande progetto di ridislocazione delle funzioni (e dei poteri) a fronte di un’autonomia trentina sempre più integrale. Ma quando parlo di “corpi intermedi” parlo dei partiti e di tutte quelle forme di partecipazione che si collocano fra le istituzioni e il singolo cittadino.