"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Se le Olimpiadi servissero a diffondere una cultura della sconfitta onorevole e matura forse Michele non sarebbe lì a doversi fare il mazzo per convincere la gente ad accettare ed apprezzare i nostri limiti. Sembra che al giorno d’oggi non
si riesca a trovare il giusto mezzo tra la necessaria aspirazione a migliorarsi e migliorare le circostanze di vita altrui e l’altrettanto necessaria umiltà di chi constata ed accetta che non siamo i padroni del pianeta e i signori di chi dipende da noi o è meno forte di noi.
In un mondo diverso Schwazer avrebbe accettato la sconfitta, come hanno peraltro fatto tanti altri atleti olimpici che sapevano di avere scarse chance di ripetersi. Dovrebbe essere nostro compito quello di costruire un mondo in cui Schwazer e ciascuno di noi non sia indotto a sbagliare e rovinarsi la vita.
Ciao. Scusa l´ignoranza: non faccio sport a livelli agonistici e vivo pure all´estero. Non ho nemmeno la tv. Ma la mia domanda é:
ma se Schwazer non ce la faceva piú e non riusciva ad accettare una possibile sconfitta, non poteva semplicemente smettere di correre? Aveva una pistola puntata alla testa?
No, perché, se la vediamo sotto questa ottica, allora possiamo dire che anche tutti i bancari che si sono giocati miliardi di euro durante la crisi erano vittime del sistema finanziario? 😉
Ciao. Non è facile uscire dal tunnel della dipendenza, questo è il problema. Le forme della dipendenza sono molteplici, ma non ci sono solo le droghe o il gioco, c’è anche il successo o il potere. Riguarda il mestiere di vivere. Scriveva Fernando Pessoa: “Ogni uomo che meriti di essere celebre sa che non ne vale la pena”.
La tua mi semrba una buona analisi Michele, la condivido. L’idea della natura però cosi corretta e buona non mi convince poco: mi sembra più una proiezione umana. La natura sa essere molto più vile e spietata, più dell’uomo che si dopa e tradisce i valori di Decuberten (per me si scrive come si legge).
Il paragonoe con la grande finanza mi sembra veramente ridicolo, i banchieri riducono sul lastrico milioni di donne e uomini speculando sulla loro vita, qui si tratta di uno che (come la maggioranza degli sportivi in gare internazionali) per stare ad alti livelli si è dovuto dopare e ha avuto un evidente crollo nervoso una volta che l’hanno sgamato. Quindi buona analisi (nel senso del lettino) anche per Schwazer, di buono c’è che lui ha i soldi per pagarsela, lo invidio. :-/
Mi sono venute in mente in questi giorni le riflessioni di un altro sudtirolese famoso, Alexander Langer, sul motto olimpico CITIUS, ALTIUS, FORTIUS, sulla sua distorsione simbolica attuata dal mondo moderno, e sulla alternativa desiderabile del LENTIUS, PROFUNDIUS, SUAVIUS. http://www.alexanderlanger.org/it/145/1147
Forse uno spunto per chi vuole rallentare almeno in estate…
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Se le Olimpiadi servissero a diffondere una cultura della sconfitta onorevole e matura forse Michele non sarebbe lì a doversi fare il mazzo per convincere la gente ad accettare ed apprezzare i nostri limiti. Sembra che al giorno d’oggi non
si riesca a trovare il giusto mezzo tra la necessaria aspirazione a migliorarsi e migliorare le circostanze di vita altrui e l’altrettanto necessaria umiltà di chi constata ed accetta che non siamo i padroni del pianeta e i signori di chi dipende da noi o è meno forte di noi.
In un mondo diverso Schwazer avrebbe accettato la sconfitta, come hanno peraltro fatto tanti altri atleti olimpici che sapevano di avere scarse chance di ripetersi. Dovrebbe essere nostro compito quello di costruire un mondo in cui Schwazer e ciascuno di noi non sia indotto a sbagliare e rovinarsi la vita.
Ciao. Scusa l´ignoranza: non faccio sport a livelli agonistici e vivo pure all´estero. Non ho nemmeno la tv. Ma la mia domanda é:
ma se Schwazer non ce la faceva piú e non riusciva ad accettare una possibile sconfitta, non poteva semplicemente smettere di correre? Aveva una pistola puntata alla testa?
No, perché, se la vediamo sotto questa ottica, allora possiamo dire che anche tutti i bancari che si sono giocati miliardi di euro durante la crisi erano vittime del sistema finanziario? 😉
Ciao. Non è facile uscire dal tunnel della dipendenza, questo è il problema. Le forme della dipendenza sono molteplici, ma non ci sono solo le droghe o il gioco, c’è anche il successo o il potere. Riguarda il mestiere di vivere. Scriveva Fernando Pessoa: “Ogni uomo che meriti di essere celebre sa che non ne vale la pena”.
La tua mi semrba una buona analisi Michele, la condivido. L’idea della natura però cosi corretta e buona non mi convince poco: mi sembra più una proiezione umana. La natura sa essere molto più vile e spietata, più dell’uomo che si dopa e tradisce i valori di Decuberten (per me si scrive come si legge).
Il paragonoe con la grande finanza mi sembra veramente ridicolo, i banchieri riducono sul lastrico milioni di donne e uomini speculando sulla loro vita, qui si tratta di uno che (come la maggioranza degli sportivi in gare internazionali) per stare ad alti livelli si è dovuto dopare e ha avuto un evidente crollo nervoso una volta che l’hanno sgamato. Quindi buona analisi (nel senso del lettino) anche per Schwazer, di buono c’è che lui ha i soldi per pagarsela, lo invidio. :-/
Mi sono venute in mente in questi giorni le riflessioni di un altro sudtirolese famoso, Alexander Langer, sul motto olimpico CITIUS, ALTIUS, FORTIUS, sulla sua distorsione simbolica attuata dal mondo moderno, e sulla alternativa desiderabile del LENTIUS, PROFUNDIUS, SUAVIUS.
http://www.alexanderlanger.org/it/145/1147
Forse uno spunto per chi vuole rallentare almeno in estate…