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Grecia, una crisi sprecata

, sostiene l’analista economico Janos Manolopoulos, questo non &egrave

2 Comments

  1. stefano fait ha detto:

    Janos Manolopoulos, che pure è un analista economico, omette graziosamente di dire che la Grecia, stando ai trattati, non può uscire dall’eurozona senza prima uscire dall’Unione Europea e che questo non succederà mai perché causerebbe una terrificante fuga di capitali dagli altri PIIGS e quindi la distruzione dell’economia continentale. Perciò non succederà. Semmai si formeranno due blocchi, un’Europa a due velocità, ma questa è un’altra questione.
    Ora, tutto questo Manolopoulos non lo può non sapere, però ha scelto di attenersi alla linea dei partiti massimamente responsabili della crisi e della Troika, che fa terrorismo psicologico pur sapendo che nulla di quel che minaccia diventerà realtà.
    A ciò si deve aggiungere la completa assenza della pur minima critica al sistema bancario greco ed europeo, che è all’origine della crisi, avendo smaltito irresponsabilmente il surplus di capitali del Nord Europa contando su infiniti bailout a spese dei contribuenti.
    Però ha il coraggio di dire “tagli , non c’è alternativa” mentre 430mila bambini greci vivono sotto la soglia di povertà.
    Perché, dunque, Janos Manolopoulos, mistifica consapevolmente la realtà attenendosi alla linea neoliberista?
    Lo possiamo considerare un osservatore obiettivo?
    Il suo giudizio è degno di nota?
    Direi di no.
    L’Osservatorio dei Balcani e Caucaso ha agito responsabilmente intervistandolo senza fare una sola domanda che ponesse in luce le contraddizioni del suo discorso?
    Ha fatto un buon servizio ai suoi lettori oppure ha ripetetuto meccanicamente la vulgata della stampa mainstream?
    Direi la seconda che ho detto.
    Molto, molto deludente.

  2. Michele ha detto:

    Caro Stefano, considero importante il tuo giudizio, così come il lavoro di OBC. Ho ripreso il pezzo con l’intervista a Manolopoulos perché mi sembrava un punto di vista interessante, a prescindere dalla condivisione o meno della sua opinione. La mia, di opinione, è che si stia andando verso l’Europa a due velocità (e a due divise), il che significherebbe la fine del progetto politico europeo.
    Le responsabilità di questa sconfitta sono molteplici, in alto e in basso. La questione è che l’Europa (e il progetto Euromed come quello Danubiano… ) potevano rappresentare una strada interessante per rispondere alla cifra del presente, insieme territoriale e sovranazionale. Avrebbe potuto rappresentare anche la sfida per un’economia vera, capace di valorizzare i territori e al tempo stesso di avere una massa critica sufficiente per interloquire con i processi globali senza subirli.
    Questa strada è stata percorsa? No, purtroppo, tanto è vero che a farla da padroni sono stati e sono i capitali finanziari.
    C’è modo per venirne a capo? Credo che il problema riguardi la capacità della politica di avere una politica economica locale ed europea, ma al tempo stesso di noi cittadini europei di ridisegnare un progetto condiviso. Sappiamo o no che lo stesso lavoro viene pagato in Europa 200 euro e 3000 euro a seconda del paese in cui siamo? sappiamo che non c’è un welfare comune (a volte non c’è affatto)? E potrei continuare. Allora il problema è quello di ridisegnare un patto di cittadinanza, ma per fare questo occorre in primo luogo superare gli egoismi che segnano il nostro continente, che poi vuol dire un agire politico, sindacale, sociale, culturale europeo. Occorrono partiti europei e al tempo stesso territoriali. Ma questo è un discorso lungo che dovremo riprendere. Intanto grazie per lo stimolo critico.