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26 Gennaio 2012E singolare è anche il fatto che la città di Trento, che coincidendo con la Comunità non ha votato, sia chiamata alle urne per giudicare un ente che non conosce.
Questo referendum è difficile da capire se non per l’uso che la Lega cerca di farne e quindi va respinto al mittente, non ha senso accettare una sfida elettorale giocata sulla disinformazione dove agli elettori non si chiederebbe in realtà se hanno fiducia nelle Comunità ma se hanno fiducia nella politica e nelle istituzioni e se sono d’accordo su un’istituzione in più o in meno.
Non si tratta di aver paura del confronto, si tratta piuttosto di ritenere sbagliato un referendum che pretende di giudicare la bontà delle Comunità di valle prima che i cittadini possano farsi un’idea delle Comunità.
Non è un caso che il dibattito sui giornali sia circoscritto a politici o amministratori o a quelli che comunque ritengono la politica uno spreco, cioè a persone che in realtà avevano già un’opinione, o forse un pregiudizio, prima ancora che le Comunità nascessero. Si possono rispettare queste opinioni ma bisogna anche dire che non sono mai il risultato di valutazioni puntuali sul ruolo, sulle funzioni, sulle prestazioni delle Comunità, ed è impossibile visto che siamo agli inizi della loro operatività. Ci si schiera contro perché è un costo, perché é meglio un ente di meno o perché bastano i Comuni e ci si schiera a favore perché se ne individua l’esigenza, non perché si possa trarre già adesso un bilancio.
La Lega se ne frega di tutto ciò, non è certo la responsabilità il suo tratto costitutivo, non si capirebbe altrimenti perché si sia presentata alle elezioni di un ente che ora vuole sciogliere.
Il Partito Democratico, che invece si preoccupa di assicurare al Trentino le migliori forme di autogoverno e la migliore organizzazione della pubblica amministrazione, non può condividere, per usare una metafora, che si faccia l’esame prima di aver fatto i corsi. E allora respinge al mittente il referendum, se la Lega vuole distruggere le Comunità si arrangi a cercare il numero di elettori necessario per farlo, non è compito del Centrosinistra partecipare ad un’iniziativa illogica e strumentale.
Se invece si volesse discutere delle Comunità di valle e della riforma istituzionale, della loro validità, della loro adeguatezza, dei loro limiti e contraddizioni, delle resistenze ed opposizioni da parte degli amministratori comunali, allora il Partito Democratico è pronto a farlo.
Siamo pronti a rispondere alle domande che è giusto porsi, a partire dal ruolo delle Comunità.
L’errore principale è quello infatti di ridurre le Comunità di valle alla gestione associata di servizi, non perché non siano anche questo, ma perché fossero solo questo allora avrebbe senso ritenere che si possa raggiungere lo stesso risultato con l’obbligo per i comuni di associarsi. L’obiettivo di contenere i costi, sempre più insostenibili, di una gestione frammentata in 217 Comuni è solo uno degli obiettivi e possono esserci diverse soluzioni, la Comunità, la gestione associata, ma anche la riduzione del numero di Comuni attraverso la loro unione.
Le Comunità di valle nascono invece anche e sopratutto per permettere la riforma dei poteri in Trentino, per ridurre l’accentramento e lo strapotere della Provincia, per rendere gli enti locali finalmente protagonisti del loro destino, per dare ad ogni valle la possibilità di decidere il proprio futuro, per far crescere la partecipazione e per costruire appunto comunità. Obiettivi irraggiungibili lasciando i Comuni i soli interlocutori della Provincia.
È possibile superare gli sprechi e la scarsa qualità dei servizi dovuti alle piccole dimensioni dei Comuni con le unioni e la gestione associata, ma non è possibile trasferire i poteri della Provincia quando l’esercizio degli stessi richiede una dimensione territoriale significativa e omogenea come lo è una valle. Non si può rendere la dimensione locale protagonista se non si accompagna la gestione associata di servizi, con reali poteri di programmazione socio-economica, di pianificazione urbanistica e delle reti infrastrutturali e ambientali, e con la possibilità di politiche culturali, educative…
Per questo sono nate le assemblee elettive di Comunità, pur da rivedere nella composizione e nella rappresentanza; per questo accanto alle giunte ci sono le conferenze dei sindaci (per ribadire che le Comunità sono espressione dei Comuni e non contrapposte agli stessi); per questo si sono immaginati tavoli di partecipazione aperti a tutte le rappresentanze sociali.
Vogliamo un Trentino responsabile interprete della sua Autonomia e questo non è certo possibile delegando al Presidente e al governo provinciale ogni potere e ogni scelta, ma solo se si riporta alla Comunità il potere di partecipare e di decidere del proprio futuro. I Comuni sono enti locali riconosciuti e importanti ma non sono in grado di assumersi questi poteri se non lo fanno insieme per territori di valle o comunque omogenei.
Dai progetti di sviluppo a quelli di mobilità, dalla valorizzazione delle risorse ambientali alla promozione turistica, dai diritti di cittadinanza alle politiche educative e sociali, dalla promozione culturale al protagonismo giovanile, c’è bisogno di operare in dimensioni territoriali adeguate e unite, c’è bisogno di Comunità di valle. L’alternativa è lasciare tutto com’è, una Provincia che fa il bello e il brutto tempo e i Comuni con il cappello in mano e alle prese con tagli crescenti delle proprie risorse.
Facciamole crescere queste Comunità, miglioriamone i meccanismi di funzionamento, semplifichiamo le assemblee, dotiamole di amministratori preparati, troviamo il giusto rapporto tra le stesse e i Comuni in modo che i Comuni stessi le riconoscano come propria espressione, superiamo le incertezze e trasferiamo i poteri provinciali con attenzione e convinzione, e soprattutto mettiamole alla prova nella costruzione e condivisione di un’identità e di una comune idea di sviluppo.
Poi, non ora, decidiamo se abbiamo preso la strada giusta o se è meglio cambiare.
Roberto Pinter è responsabile enti locali del PD del Trentino