Le crisi senza Unione
25 Luglio 2011Indicatori di benessere per un nuovo modello di sviluppo
25 Luglio 2011Non vorrei si equivocasse sul mio pensiero. Ritengo che ci ha commesso crimini debba rispondere del proprio operato e non trincerarsi dietro le immunità. Sono vergognosi i vitalizi che i parlamentari e i consiglieri regionali ricevono (e che solo il Trentino Alto Adige – Sud Tirolo ha già eliminato, grazie alla mobilitazione di chi fin del 1993 raccolse oltre 10 mila firme per abolire i vitalizi). Penso che le caste, tutte le caste, debbano rinunciare ai loro privilegi e veder ridimensionate le loro indennità o stipendi che siano, perché l’indipendenza e l’onestà dei magistrati come degli eletti nelle istituzioni non passa di certo attraverso il riconoscimento di una condizione di così forte disparità sociale.
Devo dire al tempo stesso che non mi sembra di cogliere nella società un grande moto di egualitarismo sociale, quanto piuttosto l’idea del tutti contro tutti, del "si salvi chi può", del "non nel mio giardino", del farsi furbi e quant’altro caratterizza una società sempre più atomizzata.
Insomma, l’indignazione che avverto in queste ore ha il sapore di un tempo complessivamente corrotto. Sa di rancore piuttosto che di giustizia.
Perché mai dovrebbe essere più importantie il taglip al numero dei parlamentari – pressoché irrilevante sul piano del deficit pubblico – che non quello a strumenti di morte come gli F 35 (che con la difesa non centrano un fico secco, dunque incostituzionali) che il nostro paese sta comprando e che da soli rappresenterebbero quasi il 25% della manovra finanziaria?
Le due cose non sono, com’è ovvio, in contrapposizione. Ma se il costo dei vitalizi degli ex parlamentari (218 milioni di euro annui) che pure supera di gran lunga quello degli stipendi di deputati e senatori (140 milioni) vanno tagliati, rappresentano bazzecole rispetto ai 16,5 miliardi di euro della commessa per i cacciabombardieri F 35.
I grandi polveroni non hanno mai aiutato la democrazia. Per questo ho la netta sensazione che non si vogliano colpire i costi della politica, ma la politica in quanto tale. L’idea di tagliare le Province non farebbe risparmiare granché perché le funzioni esercitate da queste istituzioni andrebbero comunque svolte dalle Regioni, ottenendo come unico risultato l’accentramento di poteri. Se in una piccola provincia come la nostra abbiamo deciso di dotarci di Comunità di Valle per dislocare funzioni sul territorio, perché mai dovremmo muoverci in direzione opposta laddove abbiamo a che fare con Regioni ben più grandi della nostra? Lo stesso dicasi per i piccoli Comuni o le circoscrizioni.
Si dice di tagliare il numero dei parlamentari o dei consiglieri comunali: con cento o duecento parlamentari in meno risolveremmo forse il deficit della finanza pubblica? Daremo forse un contributo alla riqualificazione della politica? E come non capire che la riduzione del numero degli eletti avrebbe come unico effetto quello di espungere dalle istituzioni le minoranze politiche con il risultato di rendere estranee alla dialettica istituzionale importanti aree di elettorato?
I 217 comuni trentini rappresentano una straordinaria articolazione democratica che ha fatto uno dei tratti di diversità di questa terra. Con la riforma delle Comunità di Valle ci siamo dati uno strumento per mettere in comune servizi e funzioni, ma questo non significa cancellare il Comune come luogo fondamentale di cittadinanza. Le stesse circoscrizioni cittadine sono state la risposta istituzionale alla volontà di partecipazione che negli anni ’70 si è espressa attraverso i Comitati di Quartiere: vogliamo cancellare una forma partecipativa che coinvolge centinaia di persone e un punto di riferimento per le nostre comunità di quartiere o sobborgo, con un risparmio economico peraltro irrilevante? Semmai discutiamo di come funzionano e se non è il caso di togliere di mezzo i gettoni per le commissioni introdotti con la legge Amistadi. Margherita Cogo, nel tentativo di cavalcare l’opinione pubblica, propone di eliminare la cosiddetta "porta girevole" in Consiglio provinciale, l’incompatibilità fra la carica di assessore e consigliere. Ma perché togliere di mezzo uno strumento utile per evitare la sovrapposizione fra giunta e consiglio, a tutela dell’autonomia del legislativo dall’esecutivo?
Vedo su tutto questo una grande ipocrisia e, permettetemi, un grande imbroglio.