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6 Dicembre 2010Nel tunnel
14 Dicembre 2010Le due fonti di informazione (Onu e Istat) c’informano che la Libia con gli oltre 6 milioni di dollari e 3.706 armi per un peso complessivo di oltre 10mila chili è l’ottavo acquirente di "piccole armi" italiane. Alla Libia le industrie italiane hanno inoltre esportato, sempre nel 2009, quasi 11 milioni di dollari di "armi e munizioni". Se si considera inoltre che nel 2006 queste esportazioni non superavano i 1.394 euro vien da pensare che i venditori libici di armi sportive, da difesa e da caccia abbiano trovato nell’Italia del governo Berlusconi IV (e del ministro Maroni che è il diretto responsabile in questa materia) un nuovo e quanto mai disponibile fornitore.
"Pecunia non olet". Tra i facoltosi acquirenti di armi italiane troviamo gli Emirati Arabi Uniti: nel 2009 hanno importato quasi 2 milioni di dollari ($1.897.850) di "armi da fuoco", ma secondo l’Istat sono oltre 28 milioni di euro le esportazioni di "armi e munizioni" verso Abu Dhabi nell’ultimo biennio: vien da chiedersi da quando la popolazione emiratina abbia sviluppato la passione per la caccia – o esigenze imprescindibili di difesa personale – visto che rappresenta poco più della meta di quella della Lombardia. Anche il Marocco appare un paese desideroso di sviluppare la passione per l’arte venatoria (o il tiro al piattello?) visto che secondo il registro dell’Onu nel 2009 ha importato oltre 2mila "armi da fuoco" italiane per un valore di quasi 1,6 milioni di dollari e – secondo l’Istat – nell’ultimo biennio sono oltre 9,7 milioni di euro le esportazioni di "armi e munizioni" dirette al paese nord-africano.
Scorrendo la lista del registro Onu del 2009 relativa alle "armi da fuoco" troviamo: Turchia (1,1 milioni di dollari), Cipro (oltre 1 milione di dollari), Kuwait (969mila dollari), Kazakistan(399mila), Malaysia (319mila), Armenia (293 mila), Sudafrica (283mila, forse per armi per la caccia grossa), Azerbaijan (220mila), Guatemala (218mila), Repubblica di Moldova (203mila), Tunisia (182 mila), Cina (163mila dollari, ma secondo l’Istat nel 2009 le esportazioni di armi e munizioni verso Pechino sono state di quasi 1,8 milioni di euro), Georgia (146mila dollari), Filippine (110mila), ma anche Cameroon (78mila),Kenya (37mila), Indonesia (36mila), Kyrgyzstan (28mila) e giù giù fino allo Yemen. Insomma, tutti paesi che fanno a gara per la tutela dei diritti umani.
Ma "finché c’è guerra c’è speranza" e c’è chi si sta attrezzando per il futuro. Il Ministro Mariastella Gelmini e il presidente della più grande holding d’armamenti italiana Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini, hanno siglato un protocollo. Nel mentre, ironia della sorte, gli studenti scendevano in piazza rivendicando "Make school, no war" ed i giudici scovavano i fondi neri di Finmeccanica. I due hanno avviato un Progetto di Riforma relativo agli istituiti tecnici superiori (ITS), denominato "Tecnici Superiori per Finmeccanica". Insomma, la tanto sospirata cooperazione scuola azienda ha inizio. Vi sono già esperimenti di scambi tra AgustaWestland, Alenia Aermacchi del gruppo Finmeccanica e le scuole elementari e medie inferiori della provincia di Varese e Novara. Si. Avete letto bene. Elementari e medie. I bimbi portavano con loro la merenda dentro lo zainetto della barby o dragon ball ed il "prof" un piccolo modellino di elicottero Final AW159 Lynx Wildcat Test Aircraft Makes Its Maiden Flight da combattimento. Ma cosa credavate? Pompe idrauliche, pannelli solari, caldaie coibentate? Non crederete ancora alla favola della green economy con la quale la Germania ha staccato tutti e c’ha lasciato appiedati con un Pil da prefisso telefonico.
Ora siamo di fronte ad un accordo sistematico d’ingresso del "privato" (Finmeccanica) nel "pubblico" (il sistema scolastico), per la formazione in loco della forza lavoro altamente qualificata necessaria all’azienda, con i finanziamenti di questo percorso ad opera del "pubblico".Chi sosterrà, infatti, la riforma degli ITS è il "pubblico" e saranno, appunto, il Ministero all’Istruzione, le Regioni e, in quota parte, il Ministero dello Sviluppo Economico. Mah, scusate: non erano finite le risorse per la scuola?
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