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1. Crisi congiunturale?

La crisi che coinvolge l’economia mondiale è congiunturale oppure no?Si tratta di una difficoltà passeggera in un contesto complessivamentesano e destinato a riprendere il trend di crescita al quale siamo statiabituati nei decenni passati o è accaduto qualcosa di profondo,destinato a modificare radicalmente il contesto precedente?
Se avessimo a che fare con una crisi temporanea, allora forsebasterebbe una campagna mediatica improntata all’ottimismo e alrilancio dei consumi per rimettere in moto il meccanismo. Come diceSilvio Berlusconi “il futuro è nelle mani dei consumatori”. L’equazioneproposta è “+ consumi = + produzione = + occupazione”.
Personalmente credo che la crisi attuale non sia affatto“congiunturale”, ma strutturale invece, connaturata al processo di“finanziarizzazione dell’economia” che ha trasformato il mondo interoin un immenso casinò. Il suo retroterra materiale è rappresentato dalleforme più hard della finanza (gli strumenti finanziari che non hannoalcun rapporto con l’economia reale come i “titoli derivati”) edall’economia criminale, che trae enormi profitti dai traffici, dalleguerre, dalle vecchie e nuove schiavitù. Una dimensione finanziaria cheha invaso il campo e reso irreale il mercato, tanto da assistere ameccanismi speculativi per cui l’andamento del prezzo del petrolio nelgiro di sei mesi può triplicare e ritornare sui livelli precedenti. Eche ha soppiantato da tempo sul piano del volume di affari l’economiadi produzione di beni e di servizi. Tanto che si stima che l’ammontaredei soli “titoli derivati” sia circa dieci volte il PIL mondiale.
Lo sgonfiarsi della bolla finanziaria ha fatto tremare i mercati (coneffetti solo in parte attenuati dal massiccio intervento pubblico asostegno di banche e istituti finanziari) non è che un’avvisaglia diquello che potrebbe accadere. Non è un male passeggero, dunque. E’ unvero e proprio tumore che sta devastando l’economia di mercato, la cuimetastasi si è nutrita per anni di una deregolazione teorizzata epraticata in ogni parte del pianeta e che ha coinvolto tutti, mafieinternazionali e locali, holding che hanno preferito la speculazionealla produzione, gli investitori finanziari, le banche, milioni dirisparmiatori attraverso i fondi pensione.
Se è così occorrono certo gli ammortizzatori sociali. Ma non bastano.Per uscirne servono misure strutturali, atte cioè a rafforzarel’identità economica territoriale, la valorizzazione delle risorselocali, la ricerca e la qualità delle produzioni e dei servizi, unsistema finanziario legato al territorio capace di dare sostegno aquesto processo. Ed una nuova consapevolezza improntata al concetto dilimite.

2. L’essenziale ed il superfluo.
Come si fa a dire alle famiglie, in un momento di grave difficoltàeconomica, di continuare a spendere come se nulla fosse? La crescitadelle famiglie a rischio di povertà ci descrive una pluralità disituazioni che vanno dalla perdita del lavoro alla cassa integrazione,da nuclei famigliari monoreddito a persone sole con figli a carico eabitazione in affitto, da realtà famigliari nelle quali il redditocomplessivo precedente non basta più a coprire le esigenze di vita e distudio universitario a giovani nuclei famigliari incapaci di un usosobrio e razionale delle proprie risorse che non sanno resistere allesirene del consumismo.
L’idea che sia lo spendere purchessia a far girare l’economia, oltre adessere priva di fondamento, è semplicemente diseducativa eirresponsabile. Di fronte al carattere limitato delle risorse,continuare a predicare l’aumento dei consumi, in una spirale senzafine, ha già portato questo pianeta oltre il limite e vicino al puntodi non ritorno. Ci si strappa le vesti perché l’andamento del PIL èfermo o cala di un punto, come fossimo in presenza di un effettocondizionato, di un dogma per il quale il concetto di economia èdiventato sinonimo di crescita.
Come scriveva Paul Renner sul “Corriere del Trentino” di qualche giornofa, dovremmo cogliere invece l’occasione «per aprire gli occhi e lamente», per riflettere su dove stiamo andando, per far «emergere ciòche davvero è essenziale e ciò che è superfluo», ri-orientando eri-qualificando i consumi come le produzioni, ma anche puntando ad unuso più sobrio e intelligente delle risorse dell’autonomia.

3. Il valore territorio
Quali sono gli strumenti per abitare e difendersi da fenomeni cosìcomplessi come quelli descritti? Dell’elemosina dei quaranta euro per iredditi più miserabili condita con l’ottimismo beota di chi credeostinatamente e nonostante tutto all’autoregolazione del mercatoabbiamo già detto. Credo invece che la manovra della Provincia Autonomadi Trento si muova in una direzione diversa, laddove accanto allemisure relative all’emergenza prova a mettere in campo non solo risorsema anche linee di indirizzo atte a migliorare e qualificare la spesapubblica, utilizzando «questo periodo di crisi e difficoltà perrimuovere le criticità e valorizzare per contro quelli che sono glielementi di forza del nostro sistema». Pur in un quadro analitico checontinua a considerare congiunturale la crisi in atto, la ProvinciaAutonoma sceglie la strada di una propria “politica economica”(concetto ahimè desueto) che punta da una parte sulla specialità delleimprese, sull’innovazione e sulla capacità di fare sistematerritoriale, dall’altra a qualificare e snellire la spesa per lavoripubblici e servizi, ed infine a sostenere il reddito delle fascesociali più deboli. Proprio nel fare sistema territoriale un ruolodecisivo lo dovrà svolgere il sistema del credito cooperativo, purchésappia far riemergere la sua natura originaria di strumento al serviziodella comunità. 
Una risposta possibile alla crisi globale è dunque il territorio, nonnel rinchiudersi autarchico ma nel suo sapersi collocare in dialogo nonsubalterno con i flussi lunghi dell’economia mondo. Una prova cherichiede consapevolezza, che si vince sul piano culturale prima ancorache su quello economico e finanziario, che richiede coesione sociale.Il contrario dell’egoismo e del particolarismo.
Dopo le elezioni, il Trentino è chiamato a dare una nuova prova di sé.

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