Paul Klee
mercoledì, 27 aprile 2011
27 Aprile 2011
Gerusalemme
sabato, 30 aprile 2011
30 Aprile 2011
Paul Klee
mercoledì, 27 aprile 2011
27 Aprile 2011
Gerusalemme
sabato, 30 aprile 2011
30 Aprile 2011

giovedì, 28 aprile 2011

Il soffio della primavera araba non conosce confini. Arriva anche qui, in Palestina, paese immerso in un conflitto a diversi gradi d’intensità da più di sessant’anni e che, paradossalmente, sembra in questo momento uno dei più tranquilli della regione. Prende le forme di un accordo tra Fatah e Hamas per superare le divisioni che nel recente passato hanno  creato un muro in più in questa già sacrificata terra, quello fra Cisgiordania e Gaza. Un accordo pressoché imprevedibile fino a qualche tempo fa e che proprio la rivoluzione dei gelsomini ha reso possibile. Come se le due parti avessero compreso che senza qualcosa di nuovo avrebbero fatto la stessa fine delle gerarchie al potere da decenni nei paesi arabi.

Nei primi giorni di presenza in Palestina, facendo la spola fra una parte e l’altra del muro, cerco di raccogliere sensazioni e immagini. Un mondo arabo che guarda a quel che accade nel Mediterraneo con grande interesse e non parla d’altro. Un altro mondo, quello israeliano, che non sembra nemmeno accorgersene.

I regimi arabi temono il risveglio e questo è naturale. Le notizie di un numero sempre maggiore e tragico di vittime della repressione in Siria racconta di come questi regimi abbiano perso ogni contatto non solo con la loro gente ma anche con la ragione.

A Israele – bisogna dirlo senza ritrosie – questi regimi erano funzionali. La sua leadership preferiva avere attorno regimi dispotici, aggressivi quanto bastava a giustificare una crescente militarizzazione del paese, ma al tempo stesso fedeli ai loro protettori d’occidente da renderli innocui, piuttosto che avere a che fare con un movimento di giovani che rivendica "semplicemente" dignità e democrazia attraverso forme nonviolente. Che nel farlo mette in un angolo le rivendicazioni nazionali, il fondamentalismo ma anche quel vittimismo che nei fatti dava credito allo "scontro di civiltà". Che pure non fa sconti a nessuno, comunità internazionale compresa, nel rivendicare – senza alcun simbolo novecentesco – il diritto ad un’esistenza "normale".

Fin quando le ragioni anche economiche della guerra – ci dice il Console generale d’Italia a Gerusalemme Pezzotti – prevarranno, la pace non si affermerà. Troppi interessi nell’emergenza, nella deregolazione, nell’economia di guerra. Da entrambe le parti.

Chiusa com’è nel suo incubo securitario, Israele guarda con sospetto ad ogni novità e nel concreto – considerandosi in guerra col mondo – diviene impermeabile ad ogni cambiamento. Come fosse in preda ad una forma di autismo politico. Del resto, fra derive religiose ultraortodosse e mafie moderne, Israele ha visto modificarsi progressivamente la sua stessa natura e svanire una dialettica interna un tempo vivace ed anche capace di pensiero critico.

Vista dai palazzi di Ramallah, la realtà palestinese sembra – altro paradosso – più dinamica di quella israeliana. Uno spaccato dell’economia mondo che fa a pugni con le lunghe file di arabi che passano a piedi  i chek point israeliani o con l’immensa prigione a cielo aperto di Gaza.

Una diagnosi che trova riscontro nelle conversazioni e negli incontri che abbiamo, in quelli informali come in quelli più ufficiali. Siamo qui per parlare di agricoltura, credito, sviluppo locale, ma l’aria che si respira ci racconta d’altro. Ho bisogno di questo sguardo, che mi aiuta a stare al mondo. Nello stare in questa parte del nostro piccolo mare, si ha in ogni caso la sensazione di essere nel cuore degli avvenimenti.  

Nel proliferare degli edifici in costruzione, la terra come fonte di vita sembra lasciare il posto ad un mondo di plastica, fatto di commerci e di prodotti uguali in ogni parte del mondo. Siamo qui per verificare la possibilità di una strada diversa. E l’accoglienza che ci viene riservata ci dice che l’idea di un diverso approccio più attento al territorio e all’identità dei luoghi è vista con grande interesse.

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