Lavoro ad un testo sui referendum per la Commissione ambiente del PD del Trentino, per cercare una cornice condivisa su acqua, nucleare e legittimo impedimento. Penso che se una cornice comune è possibile, questa possa essere ben rappresentata dal concetto di limite.
Ieri era il venticinquesimo anniversario del disastro nucleare di Chernobyl. Si può ricordare questo tragico evento per ribadire la pericolosità della scelta nucleare, per ricordare gli effetti irreversibili che ne vennero per un territorio vasto quanto mezza Italia e per milioni di persone. Ne ho scritto un piccolo racconto che è stato pubblicato come commento dal "Trentino" e ripreso da diversi siti internet. Ma in questo caso ne voglio parlare anche pensando a quella tragedia come il simbolo del delirio di onnipotenza dell’homo faber, l’idea dell’uomo signore assoluto che non conosce limiti al proprio agire nel suo rapporto con l’ambiente e con gli altri esseri viventi. Mettendo in essere processi ormai irreversibili, tant’è vero che un’ampia comunità di scienziati sostiene che abbiamo già oltrepassato il limite di non ritorno.
E’, quello del limite, il paradigma della sostenibilità. Nodo culturale rilevante tanto per il campo dell’energia, quanto per quello dell’acqua e, a guardar bene, anche per quello dell’agire politico. Avremo modo di parlarne anche su queste pagine. Intanto provo a condividere queste riflessioni con la commissione ambiente e la cosa non è affatto scontata. So bene infatti che a venir messo in discussione è tutto un approccio scientista che ha caratterizzato "il paradigma del moderno", per usare un’espressione cara a Marco Revelli. Perché il nucleare, così come la privatizzazione dell’acqua, sono stati (e per certi versi continuano ad essere) territori trasversali al sistema politico. Ne viene la consapevolezza che ancora oggi l’approccio verso questi temi divide al proprio interno i tradizionali schieramenti politici.
Non diversamente, il tema della guerra. Il Presidente Giorgio Napolitano, pure baluardo contro l’imbarbarimento del confronto politico istituzionale, dichiara che la scelta dell’Italia di partecipare alle azioni militari contro la Libia avviene in tutta coerenza con il mandato delle Nazioni Unite sulla no-fly zone. Il PD lo segue, non sapendo far altro che denunciare la spaccatura della maggioranza.
Da Gerusalemme (da dove sto scrivendo) sento Franceschini dire che il PD sa prendersi le sue responsabilità rispetto alle alleanze internazionali del nostro paese. Su questo tema così come su altri emergono le culture politiche dei grandi partiti che si è scelto di mettere in discussione proprio perché non funzionavano più nelle loro chiavi di lettura di un mondo in rapida trasformazione. Emerge l’incapacità di comprendere quel che sta avvenendo, in Libia diversamente dal resto del mondo arabo.
Servivano sintesi culturali diverse per "andare oltre". In assenza delle quali si ripetono gli errori di ieri. In questo caso cercare le forme di pressione diplomatica, politica, economica e anche militare ma nell’esercizio di un sistema di diritto di ingerenza che andrebbe radicalmente riformato insieme al sistema delle Nazioni Unite. Ci si trova come al solito all’ultimo momento, nell’emergenza, e così la politica rincorre affannosamente piuttosto che anticipare gli avvenimenti.
Di questo tema ne parliamo in serata, alla biblioteca di Gardolo, in un affollato incontro dedicato alla presentazione dell’"Atlante sulle guerre nel mondo" nel quale sono relatore insieme al giornalista Raffaele Crocco e al sociologo di origine irachena Adel Jabbar.
In precedenza i lavori della Terza Commissione Legislativa provinciale. All’ordine del giorno il dibattito generale e l’avvio della discussione articolata della Legge di riforma della protezione civile. Una legge importante, di sistema, che va oltre l’attività dei vigili del fuoco ma anche la stessa Protezione civile. Perché mette a sistema uno dei tratti importanti dell’autogoverno che fanno diverso il Trentino nella sua capacità di fare coesione sociale. E’ davvero mortificante che la scelta di mettere a sistema un’attività tanto rilevante (viene studiata a livello nazionale e internazionale) possa trovare ostacoli nelle dinamiche corporative che attraversano sempre più anche la nostra terra e che a questo si prestino le organizzazioni sindacali di categoria.
I lavori della Commissione prendono l’intero pomeriggio e così non riesco a partecipare all’assemblea di Ipsia, l’ong delle Acli da poco insediatasi anche in Trentino. Trovo invece il tempo al mattino per una conversazione con Juri e Maddalena, esponenti dell’associazione "Altrimenti" che da poco ha aderito al Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. La loro è una storia interessante che nasce nell’alveo del mondo evangelico, mondo che anche in Trentino ha avuto un nuovo e significativo impulso dalla crescente presenza di nuovi cittadini provenienti da altri mondi. Si muovono nell’attenzione al territorio, nella cooperazione internazionale e nella promozione culturale: nella conversazione che ne esce trovo buoni motivi di incontro e di collaborazione.
Quando finiamo a Gardolo è quasi mezzanotte. La sveglia suonerà inesorabile alle 3.30 della notte, destinazione Gerusalemme. Riunioni di lavoro, incontri ufficiali, visite sul campo. Ma soprattutto il bisogno di annusare l’aria. Perché la primavera araba sta arrivando anche qui.