albero nucleare
lunedì, 4 aprile 2011
4 Aprile 2011
produzioni trentine
mercoledì, 6 aprile 2011
6 Aprile 2011
albero nucleare
lunedì, 4 aprile 2011
4 Aprile 2011
produzioni trentine
mercoledì, 6 aprile 2011
6 Aprile 2011

martedì, 5 aprile 2011

La terza commissione legislativa provinciale avvia la fase di ascolto attorno ai disegni di legge sulla riforma della protezione civile. E’ una delle prerogative dell’autonomia trentina, un fiore all’occhiello che tutti ci invidiano, più significativamente uno dei tratti distintivi che fanno diverso il Trentino sul piano della partecipazione e della coesione sociale. Ne abbiamo già parlato in questo blog ma è bene non dimenticarlo: si tratta di un sistema che coinvolge non meno di undicimila persone che in maniera totalmente volontaria si fanno carico di servizi alla nostra (e non solo) comunità.

Ciò nonostante, stamane in molte delle audizioni il valore di tutto questo sembra passare in secondo piano per effetto di una contrapposizione fra servizio dei Vigili del Fuoco professionali e dei corpi volontari, una contrapposizione che qualcuno intende cavalcare per ricavarne qualche consenso. Ovviamente tutti a dire che è fondamentale il lavoro dei volontari, ma per poi in buona sostanza cercare di ostacolare l’iter della riforma tanto che qualcuno ipotizza già ora il ricorso all’ostruzionismo.

Che questo possa corrispondere al gioco delle parti sul piano delle forze politiche non mi piace molto ma ci sta. Che ad una logica simile (e in larga misura corporativa) si riducano le organizzazioni sindacali sembra fuori dal mondo, ma tant’è. Quasi che la riforma del sistema della protezione civile del Trentino potesse dipendere da veto del particolarismo. Ma, a pensarci bene, questo è uno dei tratti del nostro tempo. Potremmo dire la stessa cosa per i biodigestori, il cui piano di realizzazione è stato bloccato dal concorso del "non nel mio giardino" ed un trasversalismo politico alla ricerca di consenso. Oppure per la riforma della scuola od altro ancora. Dove la paura del nuovo (e la difesa di interessi consolidati) fanno sì che non ci si prenda la responsabilità di farsi carico di un contesto che impone sobrietà.

Questa prima parte del lavoro di consultazione si conclude in tarda mattinata con l’audizione dei VVFF volontari, in rappresentanza di settemila volontari (1200 dei quali allievi) riuniti in 239 compagnie territoriali. E’ questa peculiarità di presidio del territorio a fare la differenza rispetto al resto d’Italia. Che poi ci sia qualcuno che ritenga utile avere anche su questa materia la dimensione nazionale come riferimento non può che far sorridere. Ma anche questa non è una novità, descrive come la cultura dell’autogoverno sia ancora lontana – nel pensiero come nelle pratiche – anche a sinistra.

Corro alla sala stampa della Provincia dove è previsto l’incontro con l’associazione Rondine di Arezzo. Si occupano di realizzare contesti di abbassamento del conflitto – attraverso l’ospitalità per periodi medio lunghi di tempo – di ragazzi provenienti da aree di conflitto acuto: hanno iniziato qualche anno fa con la Cecenia e poi, via via, hanno coinvolto giovani provenienti da altre realtà, dai Balcani alla Palestina. E di cultura della pace, tanto che in questi giorni sono in Trentino con un gruppo di trecento ragazzi provenienti da diverse regioni italiane per conoscere i luoghi simbolici della grande guerra.

All’incontro partecipa anche un ospite d’eccezione di passaggio in Trentino. Si tratta di Andres Tamayo, sacerdote e allievo di Mons. Romero, dissidente honduregno e recentemente insignito del Nobel dei popoli per l’ambiente. Dopo il golpe che ha posto fine alla presidenza democratica di Manuel Zelaya, è stato più volte minacciato di morte per il suo impegno dalla parte dei poveri e dei diritti umani fino a costringerlo all’esilio in Salvador. E’ in Europa per un giro di conferenze sulla situazione del suo paese, scomparsa dalle cronache giornalistiche e dunque rientrata nel tragico silenzio della normalità. E’ verso questo silenzio internazionale che si rivolge la denuncia di padre Tamayo, testimone di un presente ancora fortemente segnato dai poteri forti e dalle mafie. Andres Tamayo è una persona semplice, che pratica il messaggio evangelico dello stare là dove c’è la sofferenza, che ci parla di rivoluzione e di nonviolenza.

Un sopraluogo nei locali dove sorgerà il Cafe de la Paix (le cose procedono a rilento ma prima o poi ce la faremo) e poi ad incontrare Egidio Marchetti, un giovane studioso che collabora con Estro Teatro e che intende promuovere un progetto di valorizzazione dei forti e dei sentieri di guerra per costruire una memoria comune sulla guerra. La sua proposta mi sembra interessante, intrecciata com’è con la questione dell’elaborazione del conflitto e la necessità che gli esplicito di affrontare la guerra nella sua normalità. Perché fin quando non penseremo alla guerra come una pulsione ancestrale dell’uomo continueremo ad esorcizzarla piuttosto che saperla affrontare a viso aperto. Dell’idea che i luoghi simbolici della grande guerra si scrollino di dosso la polvere di una memoria diventata retorica ne parlerò anche il giorno successivo nella trattazione della "question time" sul Forte di Cadine.

L’ultimo appuntamento della giornata è quello con l’assessore Olivi, in una riunione della maggioranza che illustra il Disegno di Legge della Giunta sugli incentivi alle imprese. Chiedo quale sia l’idea forza della proposta, per sfuggire dalla "dittatura del PIL". Pongo inoltre tre questioni di fondo: la sintonia con le ultime due leggi finanziarie ed in particolare con il concetto di riqualificazione degli interventi coniugato con il tema del "fare meglio con meno"; il tema della condizionalità degli incentivi, ovvero la selettività delle imprese legando gli interventi di sostegno alle vocazioni territoriali, come tratto di sostenibilità; ed infine la questione del rapporto fra internazionalizzazione delle imprese e cooperazione internazionale. Dai quali possono discendere scelte precise in ordine alle reti territoriali, alle filiere corte, alla valorizzazione delle competenze ma anche delle rimesse degli immigrati. Trovo attenzione e vedremo pertanto come tradurre questi intenti in altrettante proposte di emendamento.

Mi chiama Ugo Morelli, oggi sul Corriere del Trentino è apparso un suo bell’intervento (che trovate in prima pagina) a proposito della proposta firmata anche dal senatore Cristano de Eccher di abolire il divieto costituzionale alla ricostituzione del partito fascista. Proposta vergognosa che si commenta da sola, ma rispetto alla quale sarebbe sbagliato fare spallucce. Conveniamo di parlarne, invece. La proposta non sembra trovare sostegno, nemmeno nel centrodestra. Ma il fatto stesso che si abbia il coraggio di farla ci racconta di un tempo che va smarrendo il comun denominatore di uno stato democratico nato dalla resistenza al nazifascismo.

 

Comments are closed.