
giovedì, 24 marzo 2011
24 Marzo 2011
martedì, 29 marzo 2011
29 Marzo 2011Giorni intensissimi. Appuntamenti, incontri pubblici, pezzi da scrivere. Che richiedono uno spazio di pensiero, oltre che di tempo. Vorrei che niente fosse scontato, m’interrogo se quel che penso e scrivo trova riscontro nella realtà delle cose prima ancora nella condivisione di chi mi ascolta o legge. Parlo con Ali, il suo sguardo intelligente sugli avvenimenti che investono il vicino oriente. Mi racconta di come stanno cambiando rapidamente le cose anche nel mondo palestinese. Gli chiedo di contattare Elias Khuri per invitarlo in Trentino a parlare di quel che sta avvenendo nel mondo arabo, lui che insieme a Samir Kassir furono fra i protagonisti della primavera di Beirut prima che quest’ultimo venisse assassinato il 2 giugno 2005. Parlo con Adel, mi conforta nella mia analisi su quanto accade in Libia e sulla profonda diversità della natura degli avvenimenti in quel paese rispetto a quel che accade in Siria o alla rivoluzione dei gelsomini. Notizie che non passano sulla stampa, flash che illuminano, in un mondo dove i media svolgono una funzione essenziale nell’orientare la pubblica opinione.
Mi metto a scrivere. Il direttore del Trentino mi chiede infatti un commento su quanto sta accadendo nel Mediterraneo, un pezzo analogo è uscito venerdì sul Corriere del Trentino. Vedo molte persone interrogarsi sulla giustezza della guerra, si ricordano Srebrenica e le responsabilità internazionali nell’assedio di Sarajevo. In questi mesi ho cercato di andare oltre al pacifismo "senza se e senza ma". E non vorrei finire nello stereotipo di chi è contro la guerra a prescindere, visto che considero la guerra come "presenza archetipa", connaturata all’uomo. Ma cerco al tempo stesso di non infilarmi nell’imbuto di chi ti chiede di schierarti fra la guerra e il dittatore di turno. Sarebbe oltremodo avvilente, dopo tutte le iniziative fatte in questi mesi per far emergere una cultura lontana dai richiami dello scontro di civiltà, divenirne parte.
E’ quel che proverò a dire nell’incontro di venerdì pomeriggio, alla Sala Aurora di palazzo Trentini dove abbiamo organizzato l’incontro con un testimone dell’interposizione nonviolenta, padre Alejandro Solalinde, un religioso di Oaxaca, in Messico, minacciato di morte per il suo impegno contro il traffico di esseri umani. Se non crediamo ad un approccio alternativo nella gestione dei conflitti, in quell’imbuto infernale fatto di eserciti e bombardamenti ci rimarremo per sempre e la storia di ripeterà all’infinito. La testimonianza di Alejandro racconta di un mondo lontano, ma a guardar bene le dinamiche non sono poi tanto diverse da quelle di casa nostra. Il caso vuole che in quella città ci sia stato a Capodanno, ho potuto vedere come ciò che separa l’economia legale da quella criminale sia davvero sottile, la militarizzazione del territorio e della vita quotidiana.
Vorrei che qualcuno avesse il coraggio di dirmi che il lavoro di conoscenza della storia, delle culture, dei luoghi non ha alcuna importanza. Vorrei che mi dicessero che i corpi civili di pace sono astrazioni poetiche perché la realtà è diversa. Che mi dicessero che la diplomazia dei popoli è pura fantasia e che la politica è effettivamente la continuazione della guerra con altri mezzi. Il fatto è che siamo in un nuovo secolo, ma il pensiero è ancora tutto nel Novecento.
Il tempo di abbracciare Alejandro e poi di corsa verso Monte Zugna, sopra Vallarsa. Dove abbiamo organizzato insieme al Museo civico di Rovereto il secondo appuntamento di "Astro – Gastro" (la parola "gastronomia" è l’unica a contenere quella di "astronomia"), l’osservazione delle stelle che i naviganti seguivano per orientarsi nel Mediterraneo portando con se saperi e sapori. Che ritroviamo nella cena e nel film "Un tocco di zenzero". Potevamo ospitare trenta persone, c’è arrivata una richiesta di partecipazione (a pagamento) almeno doppia. Età media, poco sopra i vent’anni. Davvero interessante.
Il mattino di sabato sono al Liceo Da Vinci, a Trento. In contemporanea con la manifestazione nazionale a Roma per l’acqua bene comune si svolge un incontro sul tema della privatizzazione dell’acqua, nell’ambito delle attività di autogestione della scuola. Due tesi a confronto, la mia e quella di Rodolfo Borga, consigliere provinciale del PDL, moderati dal giornalista Simone Casalini. Borga nega che si possa parlare di privatizzazione dell’acqua ma sulla sua cartella di appunti c’è scritto proprio così. Ironizziamo sulla cosa. Il confronto è acceso, Borga un osso duro. E’ costretto però a riconoscere che quello che abbiamo previsto in Trentino rappresenta comunque una soluzione migliore di quella italiana. Gli studenti, un centinaio, attenti nelle quasi due ore di confronto. Alla fine un applauso sentito.
Torno a casa per completare la scrittura dell’intervento per il Trentino. Prendo anche qualche appunto per il caffè-dibattito nel quale sono impegnato a Rovereto nel pomeriggio il cui titolo recita così "Italia solidale. Dalla Giovine Europa alla mobilitazione per i Balcani", un momento di incontro che si svolge nella corte di Palazzo Adami, nella cornice delle manifestazioni per il centocinquantenario dell’Unità d’Italia per iniziativa di Osservatorio Balcani e Caucaso. Insieme a me lo storico Francesco Privitera, Fabrizio Bettini, nonostante la sua giovane età ormai veterano dell’interposizione nonviolenta, e la direttrice di OBC Luisa Chiodi. Il tema, interessante, offre lo spunto per riflettere sulle vicende che hanno accompagnato i risorgimenti nazionali, la nascita dell’Europa, il conflitto degli anni ’90 e il moto di solidarietà che in quegli anni si è sviluppato dal nostro paese verso i Balcani.
Nel mio intervento esprimo tutta la mia preoccupazione sull’assenza del tema "Europa" nella riflessione sui 150 anni dell’Unità e su come questo rifletta uno sguardo rivolto all’indietro. Vedo interesse e consenso attorno alla mia riflessione. Se trovo il tempo, fra oggi e domani, traduco gli appunti in un intervento scritto per il sito web di OBC (e per i lettori di questo blog).
Quando finiamo è ormai sera. Con Gabriella ed altri amici siamo invitati a cena a Pergine da Anita e Flavio che al mattino presto è andato appositamente a Mirano a prendere il pesce. Casa ospitale, cuochi sopraffini, amici cari. Ma a mezzanotte, il sonno prende il sopravvento.