Persone per strada mi fermano per dirmi che sono d’accordo. Intuisco che si riferiscono alla presa di posizione del Gruppo consiliare del PD del Trentino sulla guerra in Libia ma poi mi rendo conto che la cosa viene trattata dall’unico quotidiano locale che oggi ne parla quasi si trattasse di una forzatura personale verso il gruppo o una sorta di aut aut. Non è affatto così. Al contrario, mai in questi due anni di legislatura un documento del Gruppo è stato un’elaborazione così condivisa.
L’Adige prende spunto da questo stesso blog, quando parlo del mio stato d’animo di fronte alla difficoltà della politica (e segnatamente del PD) nel saper imparare dagli avvenimenti. Non ho mai nascosto il mio punto di vista sulle cose, anche quando questo andava "in direzione ostinata e contraria" per usare le parole del vecchio Fabrizio. Ma qui c’è qualcosa di più. Lavoriamo per mesi, non in solitudine ma coinvolgendo molte altre persone, in un percorso che prova a rappresentare l’incontro anziché lo scontro di civiltà (questo è infatti "Cittadinanza Euromediterranea") … oppure presentiamo disegni di legge sui Corpi civili di pace che provano a dire che nei conflitti ci sono strade diverse nella direzione di una loro risoluzione nonviolenta… e poi dovremmo dire "scusate, abbiamo scherzato" ed accettare come ineluttabile il ricorso ai bombardamenti? La cultura della pace non è una cosa per anime belle. La nonviolenza non è (solo) un atteggiamento dello spirito. I corpi civili di pace non sono una forma di testimonianza evangelica. Sono tratti di un diverso approccio politico.
Altre persone mi telefonano per dirmi che hanno apprezzato il nostro documento. Ma c’è anche chi ha dubbi e chi non condivide. Qualcuno mi chiede: "Bisognava pur fare qualcosa per impedire la strage?" Nelle scorse settimane abbiamo promosso iniziative, manifestazioni, incontri pubblici a sostegno della primavera araba, dove abbiamo articolato proposte precise (che pure trovate su questo blog) per l’isolamento internazionale di Gheddafi. Mentre avveniva tutto ciò, altri consideravano il dittatore come un partner importante, un amico dell’Italia e un alleato contro al Qaeda. Si è lasciato che le cose marcissero e poi, di fronte ad una guerra civile che non ha davvero nulla a che vedere con la primavera dei gelsomini, non si è trovato nulla di meglio che intervenire con i bombardamenti. Ovviamente in nome della democrazia e della libertà… E’ una situazione che abbiamo già visto e, mi spiace, non ci sto.
In tutto questo la cosa che forse più mi stupisce è l’incapacità di leggere la realtà tanto da non saper nemmeno distinguere ciò che è residuale da ciò che è radicalmente nuovo.
A sera sono a Pomarolo, per un dibattito promosso dal circolo locale del PD sul tema dell’acqua. Dopo un confronto serrato sulla privatizzazione dell’acqua, il referendum e l’utilizzo delle prerogative dell’autonomia per una gestione pubblica della risorsa idrica, qualcuno dei presenti mi chiede di parlare anche di quanto accade in Libia e nel Mediterraneo. E delle ragioni che hanno portato il gruppo consiliare a prendere una posizione diversa da quella del PD nazionale.
Colgo nei volti dei presenti una certa preoccupazione per una posizione che si distingue rispetto ai punti di riferimento ai quali molti dei presenti in sala sono usi riferirsi di fronte alle questioni nazionali ed internazionali.
Come già sulla questione della privatizzazione dell’acqua rilevo come il PD si porti appresso gli approcci che erano dei partiti che hanno dato vita al PD, tanto che anche sui referendum contro la privatizzazione il partito ha esitato. Così lo dico chiaramente: il PD è nato perché le culture politiche precedenti erano arrivate al capolinea. Occorreva mettersi in gioco, tutti. Occorreva uno sguardo diverso sul mondo e cambiare le lenti, gli strumenti interpretativi. O quel che è accaduto in questi ultimi decenni, dai Balcani all’Afghanistan, passando per la tragedia di Baghdad, non ci ha insegnato proprio nulla?
Ho scelto di aderire al PD del Trentino perché ero e sono convinto che qui può esserci uno spazio ampio in cui le idee possono confrontarsi e dar vita a sintesi originali. E se storie e sensibilità diverse s’incontrano nel Gruppo consiliare provinciale e si riconoscono in un documento critico verso la scelta dell’Italia di essere parte di una coalizione improvvisata ed improvvida, è testimonianza di un pensiero in movimento. Che mi dice dell’utilità di essersi messi in gioco, anche se so bene quanto tutto questo sia ancora insufficiente.
A fine serata vedo iscriversi al partito vecchi compagni, critici ma incoraggiati da un percorso aperto e da una dialettica vera.