Passaggi
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29 Giugno 2018“La maledizione di vivere tempi interessanti‘ (82)
di Michele Nardelli
Non so se fossero diecimila le persone che hanno partecipato al Dolomiti Pride, ma erano davvero tante, gioiose, colorate… giovanissime ma anche con i capelli bianchi. Una società in trasformazione oltre gli stereotipi di un tempo che non c’è più… Certamente con una idea di famiglia che ha ben poco a che vedere con la patria delle bandiere che ancora segnano le strade di Trento. O con quella di un dio oppressivo ad immagine e somiglianza di religioni ostili al cambiamento nel modo di vivere delle persone.
Che cos’è la patria nel tempo dell’interdipendenza e della globalizzazione? Che cosa sono le religioni che impugnano i loro simboli come armi di divisione, che non s’interrogano sulla sostenibilità del pianeta e sul dio denaro? E che cos’è la famiglia che fa finta di non vedere la violenza quotidiana e il femminicidio che in essa si consuma?
Credo che se una riflessione va fatta sul Pride delle Dolomiti sia proprio quella di una grande espressione civile che va oltre l’orientamento sessuale di ciascuno (e del diritto tutt’altro che scontato di manifestarlo e di vederlo riconoscere) e che rende manifesta una realtà che è già oltre quel diritto di famiglia che pure negli anni ’70 rappresentò un passaggio epocale.
E che, come allora, rappresenta un cambiamento profondo nelle relazioni e negli stili di vita che le istituzioni – chiuse nei loro rituali e nei loro conservatorismi – non vogliono o faticano a vedere.
E’ questo un passaggio di tempo contraddittorio, dove convivono inevitabilmente cose molto diverse fra loro. Al quale guardare con la necessaria apprensione ma anche con curiosità, disponendoci alla meraviglia e all’utopia del possibile che devia dai tracciati fin qui conosciuti.