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(23 marzo 2017) Roma è teatro in questi giorni delle celebrazioni per i sessant’anni del Trattato di Roma, un passaggio cruciale nell’avviare il processo di costruzione dell’Europa politica. Che questo anniversario cada in uno dei momenti più difficili dell’Unione Europea, dovrebbe rendere tali celebrazioni meno retoriche e rituali possibile. Ma temo che così non sarà.
E come in una scenografia già conosciuta gli attori e le comparse si predispongono a svolgere il loro compito, ciascuno nel proprio teatro abituale e autoreferenziale, chi nell’ingessatura dei protocolli, chi nei riti della liturgia dei diritti negati di un umanesimo ipocrita ed astratto, chi nel rivendicare sovranità inesigibili e nel provare a dar rappresentanza all’idea che l’Europa sia la causa di tutti i mali, chi nell’invocare convergenze unitarie per poi dividersi sulle forme della rappresentazione mediatica, chi nel rituale adrenalinico della violenza di strada…
E’ sufficiente leggere gli appelli a sostegno di questa o quella manifestazione per rendersene conto. Quasi tutti a immaginare che l’Europa dovrebbe essere qualcosa che ti assomiglia piuttosto che un modo diverso di pensare e di pensarsi, oltre i paradigmi (e i deliri) degli stati nazionali che hanno fatto del Novecento un immenso campo di battaglia senza ancora aver capito che quelle simbologie e quei confini rappresentavano il brodo di coltura dello “spazio vitale“, dell’“über alles“, del “non nel mio giardino“, del “prima noi“…
Il tutto in una città che anche per questo fatica ad assumere uno sguardo europeo, dove il “si salvi chi può“ è regola e nella quale le corporazioni o i gruppi d’interesse governano, impongono gli stadi, fanno bruciare il trasporto pubblico, speculano sui miserabili.
E così, paradossalmente, nel momento in cui l’Europa potrebbe rappresentare lo spazio per ripensare il presente e il futuro secondo coordinate che dovrebbero aiutarci alla responsabilità e alla sobrietà, l’Europa è estranea al sentire comune, nemmeno la si conosce e quasi nessuno sa delle sue origini mediterranee tanto da lasciarvi spegnere migliaia di speranze.
No, in questi giorni non andrò a Roma.