
sabato, 12 marzo 2011
12 Marzo 2011
martedì, 15 marzo 2011
15 Marzo 2011Inizia una settimana all’insegna dell’apprensione per quanto sta accadendo in Giappone. Il terremoto, lo tsunami, l’allarme nucleare. Angosciano le immagini che arrivano da quel paese che appare piegato dagli effetti della natura combinati con l’incoscienza umana. Eppure il Giappone primeggia in capacità di prevenzione antisismica tanto che qualcuno ha azzardato che un terremoto di quel grado di intensità in Italia avrebbe raso al suolo intere città. Nemmeno i sensori relativi allo tsunami hanno potuto ben poco di fronte alla vicinanza dell’epicentro dalla costa e ne abbiamo visto tutti gli effetti. Devastazioni pesanti, ma reversibili.
Quel che invece rischia di non essere reversibile è ciò che viene dal delirio dell’homo sapiens, che lo ha portato a costruire 51 centrali nucleari su uno dei territori più a rischio sismico del mondo. Perché se i noccioli delle centrali arriveranno alla fusione, e a questo punto l’eventualità non è così remota, quei luoghi diventeranno inospitali per sempre. Effetti incalcolabili in un paese relativamente piccolo come il Giappone, se pensiamo che Tokio – con i suoi 13 milioni di abitanti – dista poco più di duecento chilometri dalle centrali in questione.
Nonostante le dichiarazioni rassicuranti delle prime ore, ora l’emergenza si è estesa all’insieme dei reattori di Fukushima 1 e con la fusione in corso (almeno parziale) del nocciolo di uno dei reattori la situazione può diventare drammatica. Difficile leggere diversamente l’evacuazione di 750 addetti dalla centrale nucleare di Fukushima per le troppo elevate radiazioni nella centrale operativa.
La preoccupazione è alta anche sul piano internazionale, tanto da indurre al ripensamento anche quei paesi che in passato hanno scelto di imboccare la strada del nucleare: Stati Uniti, Germania, Svizzera in particolare. Si distingue il governo italiano che a testa bassa dice di voler proseguire sulla strada intrapresa nell’accordo con la Francia per la realizzazione di quattro nuovi impianti di terza generazione, tecnologia peraltro già superata tanto che la Francia si lamenta di non riuscire a venderli a nessuno. Una scelta, quella italiana, che contraddice il voto popolare del referendum del 1987 e la diffusa indisponibilità da parte delle regioni italiane di ospitare impianti di questo tipo sul proprio territorio. In campo entra la lobby nuclearista, scatenata nel difendere contro ogni evidenza la scelta del governo.
Come sulla privatizzazione dell’acqua anche sul nucleare il Trentino si avvarrà delle proprie prerogative di autogoverno. Oggi la Giunta Provinciale mi deve confermare quando verranno apposti i cartelli di "territorio denuclearizzato": avverto il vicepresidente Pacher che se la mozione approvata nel 2009 non dovesse trovare attuazione provvederò personalmente a farlo come azione di protesta. Se non ora, quando?
E poi il 12 giugno andremo in massa a votare sì per l’abrogazione delle leggi che il governo ha varato per la privatizzazione dell’acqua e per reintrodurre il nucleare in Italia. Dovremmo formare una grande alleanza di territorio, questi temi sono troppo importanti per lasciarli alla dialettica nazionale fra i partiti o alla mercé degli ideologismi. Sapremo imboccare una strada diversa? Nei prossimi giorni ci proveremo. La giornata è piena di tante altre cose, ma mi fermo qui. Vorrei che la lezione che ci viene dal Giappone servisse a qualcosa.