
giovedì, 10 marzo 2011
10 Marzo 2011
sabato, 12 marzo 2011
12 Marzo 2011Con il giornale radio del mattino arrivano le prime notizie di un terremoto in Giappone. Quando parlano di una scossa che ha raggiunto gli 8,9 gradi della scala Richter ci vuol poco a capire che le conseguenze potrebbero essere devastanti, anche per un paese che è abituato a vivere nel terremoto. E infatti dopo qualche ora arrivano le prime immagini, oscillazioni pazzesche che solo le misure antisismiche nella costruzione dei palazzi riescono ad attenuare, ma soprattutto lo tsunami, onde alte dieci quindici metri che spazzano via come se fossero di carta i porti, le strade, le case e le vite che ci sono dentro. Immagini davanti alle quali si rimane impietriti. Come di stucco si rimane davanti al cinismo televisivo degli esperti nuclearisti, pronti a spargere a piene mani sicurezza laddove invece iniziano ad arrivare le prime informazioni su due impianti del nord danneggiati dal sisma e a rischio. Tutto nella norma, continueranno a dire per tutto il giorno, nonostante l’evacuazione di decine di migliaia di persone. Cinici e bari.
I giornali di oggi parlano diffusamente della morte di Roberto Filippi, giovane geologo e alpinista trentino, portato via dal Monte Bianco, da quei ghiacci e da quella neve che amava e studiava. Roberto lo conoscevo appena. Ma con Paola (la sorella) e con Anna (la sua compagna) abbiamo condiviso anni di lavoro nella solidarietà internazionale nei Balcani, tanto che avevano coinvolto in queste esperienze anche Roberto e i suoi genitori. Roberto ed Anna si stavano costruendo insieme una vita, che ora si è spezzata così, per la casualità di un ponte di neve che viene giù e si porta via le speranze, gli amori, la vita. Rimangono, caro Roberto, la bellezza del tuo sguardo e tutto quel che hai saputo dare agli altri, che lo porteranno con sé come un dono meraviglioso.
L’ultimo saluto è per l’indomani, mi chiedo se non sia il caso di spostare la conferenza stampa che abbiamo promosso a Rovereto nelle stesse ore per illustrare le iniziative della "Cittadinanza euromediterranea". Ma dopo una piccola consultazione decidiamo che la terremo egualmente, introducendola proprio con un ricordo di Roberto. E così sarà, nella sala del Museo della Guerra.
Nel pomeriggio alla sala della Sosat a Trento ci troviamo per un’altra guerra che si combatte giorno dopo giorno, quella contro le mafie. A parlarne, su invito del gruppo consiliare dell’UpT, è Stefania Grasso, figlia di Cecè, un piccolo imprenditore che ha avuto il coraggio di opporsi all’andrangheta e per questo assassinato il 20 marzo 1989. La sua è una testimonianza semplice e forte, che è diventata parte integrante dell’impegno dell’associazione "Libera".
Parla con amorevolezza della sua terra, la Calabria, e di quella Locride nella quale pure si può morire perché si ha il coraggio di opporsi all’estorsione. E’ dall’amore per la propria terra che si deve partire per battere le mafie, dice Stefania, ed è questa la ragione per la quale «ogni giorno decido di restare a Locri», lungo quel lungomare e in quella terra ricca e generosa che potrebbe dar da vivere a tutti e che invece è diventata proprio per la violenza, la corruzione e l’arbitrio terra di emigrazione.
Racconto in un mio breve intervento dell’amicizia con Tonino Perna che di quella terra è figlio, del nostro sguardo necessariamente strabico sull’Italia, dello scambio di esperienze nella gestione del parco dell’Aspromonte quando ne è stato presidente e di quando mi raccontava che il segreto della lotta contro gli incendi dolosi era l’orgoglio delle comunità che aveva imparato guardando all’esperienza trentina della rete dei vigili del fuoco volontari.
Parlo anche di come, nell’interdipendenza, nessuno possa chiamarsi fuori rispetto all’economia criminale, ai traffici, al riciclaggio, all’invasività della finanza d’assalto. Proprio oggi il presidente della Banca d’Italia Mario Draghi e il portavoce di Libera Luigi Ciotti in una conferenza all’Università di Milano hanno denunciato come le mafie rappresentino un ostacolo all’economia italiana. Così interrogo i presenti su come una comunità possa mettersi al riparo da queste dinamiche, quali gli strumenti per evitare l’infiltrazione di un’economia criminale che non va certo in giro con la lupara. Domande non semplici, che richiedono informazione, conoscenza e strumenti legislativi adeguati. E, prima ancora, coesione sociale ed autogoverno.
La giornata si conclude con un altro momento di riflessione alla sala della Regione, che prende spunto dalla presentazione del bel libro di Simone Casalini "Intervista al Novecento". A dialogare con lui sono Gian Enrico Rusconi e Fabrizio Cambi. Un dialogo tutt’altro che scontato, grazie agli spunti intelligenti dell’amico Simone ma anche allo sguardo profondo dei suoi interlocutori, in primis Rusconi che guarda alla rivoluzione che pervade il mondo arabo come primo vero messaggio di un nuovo secolo che fatica a mettersi alle spalle quello precedente.
Sul libro di Simone ci tornerò a breve, su questo blog. E’ un tema, quello del Novecento, che mi sta molto a cuore ma la stanchezza mi prende e allora decido che per oggi è abbastanza.