Cosa stiamo diventando? Dai muri della vergogna alla guerra.
7 Agosto 2015Analogie
6 Settembre 2015“La maledizione di vivere tempi interessanti‘ (24)
di Michele Nardelli
(7 agosto 2015) Ne ho davvero piene le tasche dell’ipocrisia. In questi giorni si celebra il settantesimo anniversario di uno dei peggiori crimini contro l’umanità (non so come altro definire l’atto di guerra che fra il 6 e 9 agosto del 1945 ha portato all’uccisione di circa 200 mila civili lasciando tracce indelebili su milioni di persone), ovvero l’uso della bomba atomica contro le città di Hiroshima e di Nagasaki. Per inciso, mai nessuno dell’amministrazione nordamericana ha chiesto scusa per una delle più grandi tragedie del Novecento. La retorica invita a non dimenticare. Ma dopo settant’anni, nei giorni della memoria di quella tragedia, il presidente Barack Obama fatica a convincere il parlamento USA sul carattere positivo dell’accordo internazionale sul nucleare iraniano e il trattato rischia di non essere ratificato. Il che significherebbe dare il via ad una guerra di proporzioni inimmaginabili, con i bombardieri di Israele (che il nucleare ce l’ha senza alcun controllo internazionale) già pronti a colpire, forse addirittura a prescindere dagli Stati Uniti. Quanta ipocrisia…
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Monica Maggioni è la nuova presidente della RAI. Ricordo come fosse ieri le sue cronache come unica giornalista embedded, ovvero aggregata alle forze USA durante la seconda guerra del Golfo. La guerra di George W. Bush contro il terrorismo internazionale, per abbattere Saddam Hussein e liberare il mondo dall’incubo delle armi di distruzione di massa (che in realtà non vennero mai trovate), portare la democrazia. Monica Maggioni si sentiva parte della “coalizione dei volenterosi“ tanto da manifestare tutto il suo dispiacere e la sua solidarietà ai piloti USA che non potevano bombardare, causa tempeste di sabbia. Una guerra senza alcun mandato dell’ONU, priva di ogni legalità internazionale, che Bush dichiarò conclusa (e vinta) nell’arco di poche settimane (20 marzo – 1 maggio 2003) ma che ben presto si trasformò in un pantano dal quale gli Stati Uniti usciranno solo nel 2011 grazie al disimpegno del presidente Obama, ma lasciando sul campo 116.903 civili iracheni e 4.804 militari stranieri, soprattutto americani. Una tragedia di cui oggi paghiamo amaramente le conseguenze. Non la nostra “inviata speciale“, che arriva alla presidenza della televisione pubblica per “meriti sul campo“ con i voti trasversali della destra e della sinistra. Certo, le persone possono cambiare, ma di quella vicenda (compresa la sua scelta di essere voce di parte) avrebbe dovuto almeno riconoscere pubblicamente la follia. Che pace è quando “il ramoscello di ulivo si fonde con le foglie di alloro della corona del vincitore‘1? Ancora ipocrisia.
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Un fiume di fango scende su San Vito di Cadore. A provocare morte e danni considerevoli il torrente Ru Secco, considerato in una relazione tecnica di tre anni fa “non pericoloso“, che in pochi minuti ha scaricato a valle una colata di oltre cento mila metri cubi di acqua e fango. E’ l’ennesima sciagura ambientale in questi mesi di tempo impazzito che investe alcune regioni italiane ed il Veneto in particolare. Certo, i cambiamenti climatici valgono per tutti, ma laddove l’incuria e la speculazione sono cresciute indisturbate perché il dio denaro valeva più di ogni altra cosa le conseguenze sono pesantissime. L’origine di tutto questo ha a che fare con responsabilità politiche e con l’incoscienza individuale. Che ora si venga a dire, come ha affermato il presidente veneto Luca Zaia, che le zone cantierabili per il ripristino ci sono, basta che arrivino i soldi dal Governo, e che la Regione approverà il progetto di legge sul “consumo zero di suolo” dopo che questo territorio è stato sottoposto per decenni alla legge del più sfrenato liberismo, mi fa un po’ sorridere e molto arrabbiare. Anche in questo caso che quella Regione si accorga seppur tardivamente che c’è un limite alla cementificazione potrebbe essere positivo, ma nelle stesse ore il Veneto scatena l’offensiva (rivolta in particolare contro il Trentino) per il completamento a nord della autostrada della Valdastico con la quale si vorrebbe esportare un modello economico e sociale sul nostro territorio. Solo ipocrisia.
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I cambiamenti climatici si avvertono anche attraverso la tropicalizzazione del nostro clima temperato. Anche per questo, sempre più frequentemente gli eventi naturali si trasformano in sciagure come quelle che in questi giorni si sono abbattute sul Cadore o sulla Toscana. La risposta ai cambiamenti climatici non può essere il condizionatore ma, a ben guardare, l’approccio che si afferma è proprio quello emergenziale. Con l’effetto che nel mese di luglio abbiamo registrato in Italia un aumento dei consumi energetici del 13,4%. In questo modo la situazione semplicemente si aggrava. E allora? La risposta non può che essere di prospettiva, innanzitutto per evitare di raggiungere quella quota di aumento del surriscaldamento del pianeta di 2 gradi centigradi considerata un limite irreversibile. E insieme per invertire la rotta. Questo richiede politiche strutturali e un cambio di modello di sviluppo, ben altro dell’ossessione del PIL e del rilancio dei consumi. Non mi ritrovo nella disputa fra crescita e decrescita. Credo piuttosto nella necessità di riconsiderare il nostro rapporto con l’uso delle risorse, di riqualificare le produzioni e i consumi. Questo potrebbe produrre una minore impronta ecologica, nell’obiettivo di rientrare nella sostenibilità, territorio per territorio, paese per paese, continente per continente. Qualche segnale sulla necessità di invertire la rotta arriva tanto dagli Stati Uniti (sul superamento delle centrali a carbone, subito avversati dalle grandi lobby) quanto dalla Cina, che sono i due principali responsabili dell’emissione di CO2 nell’atmosfera, ma la consapevolezza dell’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo non è ancora nelle corde né della politica, né delle opinioni pubbliche, più orientate alla difesa del proprio status che al cambiamento. Per poi piangere di fronte alle tragedie. Di nuovo, ipocrisia.
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In questo volo sull’ipocrisia quotidiana non può mancare uno sguardo a casa nostra. La notizia di questi giorni è l’apertura del padiglione del Trentino ad Expo 2015. Il tema avrebbe dovuto essere la nutrizione del pianeta, ciò che emerge è un grande spot pubblicitario per chi espone, laddove parole come qualità, biodiversità e sostenibilità sono diventati vuoti richiami propagandistici. Tanto che a Expo 2015 Mc Donald’s surclassa come presenze Slow Food. In questa fiera dell’apparire il Trentino non si distingue, semplicemente perché qualità e biodiversità non s’inventano. A meno di non sostenere che Melinda o le Cantine di Mezzocorona siano eccellenze, perché in questo caso… piove all’insù, come avrebbe detto Luca Rastello. In questi anni l’agricoltura trentina ha mostrato tutti i suoi limiti, nell’incapacità di smarcarsi dalla monocoltura e di ricercare/affermare antiche e nuove produzioni legate alla storia e alle vocazioni del territorio, nel privilegiare la quantità sulla qualità (vogliamo parlare della crisi del settore lattiero-caseario?), nel non saper imboccare seriamente la strada della salubrità dei prodotti, nel non saper fare sistema territoriale (vogliamo riconoscere che fra i prodotti agroalimentari e turismo le filiere sono una rarità?) e così via. Avremmo potuto andare a Expo 2015 a dire quel che in questi anni abbiamo imparato che non si deve fare, perché per nutrire il pianeta dobbiamo saper cambiare. Avremmo potuto dire quel che abbiamo cercato di avviare sul piano legislativo nell’educazione alimentare, nel valorizzare i prodotti a basso impatto ambientale o nell’abolire la vendita nelle scuole dei prodotti non conformi ai criteri indicati nella LP 13/2009. Peccato che quella legge sia rimasta sulla carta… Avremmo potuto raccontare le molte storie minori che crescono sulla nostra terra, della fatica del lavoro duro ma anche della soddisfazione di vedere premiate le iniziative intelligenti e creative invece di far propaganda ai soliti noti… Avremmo potuto portare alcuni prodotti certificati sul piano nutraceutico (questa poteva davvero essere una significativa diversità), malgrado la Provincia non ci abbia sin qui creduto non applicando le disposizioni legislative che andavano in questa direzione. Invece? In Trentino tutto bene. Nutrire il pianeta? La fiera dell’ipocrisia.
1James Hillman, Un terribile amore per la guera. Adelphi, 2005.