Fusioni e comunità, gli effetti della controriforma
9 Giugno 2015L’Europa politica che non c’è. Considerazioni dopo un compromesso.
6 Agosto 2015La maledizione di vivere in tempi interessanti (22)
di Michele Nardelli
(22 luglio 2015) Quando il presidente Ugo Rossi ha aperto sul completamento della Valdastico non ho esitato a richiamare la necessità di arrivare ad una verifica politica in una maggioranza che faceva scempio del suo stesso programma di legislatura, elencando l’insieme degli ambiti sui quali la discontinuità con le scelte del passato faceva emergere la volontà di omologazione della realtà trentina. E come quella grande opera, al di là dei motivi simbolici, aprisse il Trentino al modello veneto indebolendo una già incerta ricerca di sviluppo che facesse leva sulle vocazioni – territoriali ed europee – di questa nostra regione.
Assistere oggi alla crisi della maggioranza attorno alla questione dei punti nascita sul territorio fa un po’ sorridere. Non perché la questione non sia seria ed anche simbolica di una tendenza alla centralizzazione dei servizi (motivata laddove questa richiede interventi di alta specializzazione, molto meno se riferita ad un atto così naturale come la maternità), ma sproporzionata rispetto ad esempio a quel che questa amministrazione ha compiuto con la sterilizzazione della riforma istituzionale del 2006 che aveva portato all’istituzione delle Comunità di Valle.
Lì sì abbiamo assistito ad una controriforma che corrispondeva alla centralizzazione nella gestione di funzioni di grande interesse pubblico. Cancellando l’elezione diretta ed il trasferimento dei poteri dalla Provincia (e dai Comuni) si è compiuta un’operazione che avrebbe dovuto far insorgere chi ha a cuore l’esercizio dell’autonomia, ma considerato che le Comunità non scaldavano il cuore di nessuno (a differenza dei presidi ospedalieri), nessuno – nemmeno il partito che più aveva sostenuto la riforma dieci anni fa – ha pensato bene di chiedere ragione e di fermare un atto politico che violava il patto di legislatura.
Purtroppo, quando la politica rincorre il consenso, abdica in favore degli umori e del populismo. Semmai il problema era (ed è) quello di costruirlo il consenso, ma questo corrispondeva ad un lavoro culturale che ora non sembra per nulla rientrare fra le prerogative dei partiti.
In altre parole, il tema oggetto della ventilata crisi della maggioranza non è la questione della sanità trentina (e nemmeno quello del metodo giacobino dell’assessora Borgonovo Re), bensì la mancanza di un progetto di fondo condiviso fra i partiti del centrosinistra autonomista. Nodo, questo, trasversale alla maggioranza, aggravato da una leadership espressione di un soggetto politico che rappresenta storicamente una parte minoritaria (ed incerta, nella sua tentazione blok frei) della coalizione e che oggi sembra guardare più al Veneto che non all’Europa.
Da qui l’incapacità (o la non volontà) di proseguire sulla strada dell’anomalia trentina e, insieme, l’inadeguatezza di una classe dirigente in difficoltà nel leggere le trasformazioni di questo passaggio di tempo in bilico fra il “non più“ e il “non ancora“.
Proprio fra il “non più“ e il “non ancora“ c’è lo spazio di una ricerca politica che non può essere colmata né dalla rincorsa degli umori e dei rancori, tanto meno dal richiamo rituale ai valori. Richiede invece nuove chiavi di lettura e nuovi approcci capaci di rispondere alla mutazione dei contesti, trovandoci a fare i conti con risorse limitate, un’impronta ecologica insostenibile, un’interdipendenza che annulla ogni distanza, il cambiamento delle dinamiche relazionali comprese quelle più tradizionali. Il che riguarda l’insieme dei corpi intermedi, dai partiti alle istituzioni, dalle espressioni dei corpi sociali alla società civile.
Allora serve altro rispetto ad una redistribuzione delle competenze. Come scrive Simone Casalini oggi sul Corriere del Trentino, un rimpasto di governo richiederebbe “un nuovo patto in grado di offrire una prospettiva al barcollante universo del centrosinistra autonomista‘. Ma temo che non sarà così.