Effetti collaterali
5 Dicembre 2014Coltivare l’anomalia
7 Dicembre 2014(dicembre 2014) L’incontro proposto da Lorenzo Dellai al Sanbapolis di Trento ha messo in luce l’inadeguatezza dell’attuale governo provinciale e ha fatto emergere le contraddizioni profonde che hanno accompagnato in particolare la scorsa legislatura fino a portarci a questo nuovo scenario. Ma soprattutto ha posto la necessità di una politica capace di rinnovare le proprie categorie per riprendere quel cammino originale che ha fatto diverso il Trentino negli anni della paura e dello spaesamento. Un commento di Michele Nardelli.
Tante persone, a dimostrazione di una forte aspettativa e della preoccupazione per come vanno le cose in Trentino, ma per lo più volti conosciuti. Settantasei interventi, desiderio di ri-prendere la parola, ma anche testimonianza di una solitudine che non sempre aiuta la riflessione. Sguardi diversi che esprimono un sentire coalizionale, ma nella totale assenza di chi – nel Patt come nel PD – pensa di essere autosufficiente. Desiderio di riprendere un cammino originale, ma nella difficoltà di fluidificare percorsi in un corpo collettivo capace di delineare quel cambio di paradigma che la realtà impone…
Intorno all’evento, il livore dei chierici. Di chi cioè non ha mai pensato al Trentino come un’anomalia politica. In odio al “gardolot“ (questione di classe) che non si è messo al riparo quando la balena affogava ed ha avuto il coraggio di pensare in proprio senza chiedere l’autorizzazione delle “famiglie giuste” o di quella sinistra snob e laicista dei “siori“ delle città, niente affatto estranea ad aver regalato al Patt il governo della nostra autonomia.
Il nodo continua ad essere lo stesso, la narrazione dell’anomalia trentina e la necessità di un cambio di paradigma che necessariamente passa attraverso nuovi sincretismi, andando oltre le precedenti culture politiche.
L’incontro di sabato scorso, pur nell’eterogeneità degli sguardi, ha rimesso all’attenzione della politica la necessità di riprendere un cammino originale e di non omologarsi al quadro nazionale. Di farlo attraverso un processo collettivo e in uno scenario territoriale ed europeo. Occorrono i luoghi per farlo, tempi distesi per non farsi guidare dalle emergenze, ambiti formativi nei quali investire ed una nuova classe dirigente che sia capace di imparare dal passato senza rimanervi prigioniera.