Un passo di lato…
17 Luglio 2014Scenari
19 Agosto 2014“La maledizione di vivere in tempi interessanti‘ (29)
di Michele Nardelli
(6 dicembre 2015) Mentre a Parigi si discute – ed è bene che avvenga – di come far fronte ai cambiamenti climatici dovuti alle emissioni di gas climalteranti, l’impronta ecologica a livello globale continua a crescere.
Così Global Footprint, un network di esperti provenienti dai vari continenti, qualche anno fa si è dato uno strumento di rilevazione dell’insostenibilità che ha chiamato “Earth Overshoot Day“, il momento dell“anno in cui iniziamo a vivere oltre le nostre possibilità. L“Earth Overshoot Day è dunque una sorta di unità di misura dell’impronta ecologica che serve per comprendere il grado di sostenibilità del pianeta, dei paesi e dei territori.
I dati che emergono da questa fotografia del pianeta scattata di anno in anno sono impressionanti. Se nel 1961 consumavamo grosso modo la metà delle risorse che gli ecosistemi terrestri riuscivano a produrre, nel 1987 per la prima volta abbiamo sforato e il giorno del superamento è giunto il 19 dicembre. Da quel momento quasi ogni anno è andata peggio: nel 1990 il superamento è avvenuto il 7 dicembre, cinque anni dopo (1995) il 21 novembre. La progressione è continuata a grandi balzi, tanto che l“Earth Overshoot Day 2005 si è verificato il 20 ottobre, nel 2008 il 23 settembre e l“anno successivo il 25 settembre. Dopodiché un nuovo balzo nel consumo di risorse: nel 2010 l“Ecological Debt Day è stato il 21 agosto, nel 2013 il 20 e l’anno successivo il 19 agosto. Per attestarsi, infine (si fa per dire) sul 13 agosto nell’anno corrente, il 2015.
Secondo i calcoli del Global Footprint Network, la domanda globale di risorse rinnovabili e di servizi ecologici che questi possono produrre è al momento equivalente a quella di 1,5 Pianeti Terra. Ma i dati ci mostrano che siamo sulla buona strada per aver bisogno di più di due pianeti per il 2050.
Il cambiamento climatico ne è il risultato più evidente e più preoccupante, senza dimenticare la riduzione delle foreste, la perdita delle specie viventi, il collasso della pesca… Insomma, l“umanità sta utilizzando risorse più di quanto il pianeta sia in grado di produrne.
Se questo è il dato globale, è interessante dare un’occhiata a quel che accede sul piano della sostenibilità ecologica dei singoli paesi. La mappa interattiva che potete trovare in
http://www.footprintnetwork.org/ecological_footprint_nations/
indica bene la situazione in cui si trovano i paesi sul piano delle loro biocapacità e su quello dell’impronta ecologica. Da questo quadro risulta che l’Italia nel 2011 consumava il 280% delle sue bio-capacità, collocandosi al 13° posto nella non certo lusinghiera graduatoria dell’insostenibilità globale, preceduta in Europa soltanto da Cipro, Belgio e Olanda. Mentre è al 12° posto in quella relativa all’impronta ecologica. E se qualcuno va a Parigi a dire che l’Italia ha le carte in regola e fa la sua parte nell’impegno per ridurre il nostro peso sull’ambiente globale dice una bugia perché non è affatto così. Per soddisfare infatti gli attuali livelli di consumo in Italia avremmo bisogno di 4,2 territori nazionali. E sempre in questo paese, il “giorno del superamento“ è stato nel 2015 il 5 aprile. Questo significa che dal giorno successivo, e per i restanti 9 mesi, stiamo consumando risorse che non riusciamo a produrre.
A livello regionale non ci sono dati attendibili. Ma è significativo che una ricerca compiuta nel 2011 da Agenda 21 e dall’Ente Parco Paneveggio – Pale di San Martino per conto della Provincia Autonoma di Trento abbia indicato un risultato che è certamente migliore di quello nazionale ma non per questo meno inquietante. Il giorno del superamento in Trentino era il 6 giugno. Così come appare significativo il fatto che la ricerca per monitorare annualmente la nostra impronta e il nostro grado di sostenibilità non abbia trovato seguito negli anni successivi. Troppo ingombranti questi dati?
E’ inutile parlare del Trentino come di un territorio virtuoso se poi non ci interroghiamo sui nostri stili di vita e sul nostro modello di sviluppo. E’ inutile parlare di sviluppo sostenibile se poi non verifichiamo l’efficacia delle scelte politiche sulla nostra impronta.
Come ho scritto nei giorni scorsi, incontrarsi per discutere sullo stato di salute del pianeta può essere utile ma, in assenza di una messa in discussione del modello di sviluppo fondato sull’illimitatezza delle risorse, non faremo altro che registrare la grande ipocrisia di chi in una situazione ormai drammatica continua a farsi guidare dal dogma della crescita. E questo non vale solo per i potenti della terra. Ci riguarda da vicino, anche nel nostro bel Trentino.