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Non voglio esprimere un pre-giudiziosulla compagine governativa di Matteo Renzi. Tante donne, tantigiovani, numerosi volti nuovi: nel marketing politico non c’è chedire, una mossa efficace. Li misureremo nel loro lavoro. E peròqualche pensiero s’impone.

Primo. Il governo di Enrico Letta era“di scopo”, non un’alleanza politica di legislatura bensì ungoverno d’emergenza per varare provvedimenti a tutela del difficilepassaggio economico e una nuova legge elettorale per poi tornare alvoto. Solo così si poteva giustificare un’inedita convergenza che,alla faccia del bipolarismo, metteva insieme schieramenti tantodiversi. Quello che si è proposto Matteo Renzi è al contrario ungoverno di legislatura, un governo politico che renda compatibilistrategie (e dunque contenuti) fra loro alternative. Se questotentativo andasse a buon fine, mi chiedo come si potrebbegiustificare a fine legislatura il ritorno a schieramenticontrapposti… Il che mi porta a dire che quel che si è proposto ilsegretario del PD non è solo un cambio di passo, ma una diversaproposta politica.

Secondo. Renzi ha accusato Letta (chedel PD al momento dell’incarico era il vicesegretario) di non saperimprimere con coraggio il cambiamento necessario al paese. Sul pianodell’identità e della progettualità politica fra Letta e Renzi nonc’è una grande differenza, se è vero che lo stesso Letta è statonelle ultime primarie fra i grandi elettori del Presidente delConsiglio incaricato. Per quanto riguarda la coalizione di governo, isuoi confini sono gli stessi e, semmai, quella di Renzi è un po’ piùcondizionata da Silvio Berlusconi per via del patto sulla riformaelettorale. Come immaginarsi dunque un cambio di indirizzo se ilquadro politico e concettuale è lo stesso di prima? Evidentemente inquesto passaggio il discrimine non sono più i contenuti ma ildinamismo politico.

Terzo. Matteo Renzi ci mette la faccia.Francamente non ricordo un governo dove il suo presidente fossesemplicemente una comparsa. E allora, che cosa vuol dire “mettercila faccia”? Vuol dire che la politica, come si è più volte dettofra le righe in questi giorni, è diventata un azzardo, o la va o laspacca. Non un progetto di governo a partire da un programma, ma lacapacità di conquistare punti nel delirio quotidiano di un sondaggiopermanente sugli umori degli elettori. Non la capacità di farsicarico, di trovare i punti d’incontro fra idee diverse, dicompromettersi dunque, ma il rapporto plebiscitario con il popolo diun uomo solo al comando. Ma che idea è questa delle istituzioni,dove o si vince o si perde e chi vince piglia tutto? Farsi carico nonè un azzardo, è la fatica del trovare le soluzioni, che presupponeun’altra idea di politica, il mandato imperativo piuttosto chel’ascolto delle ragioni dell’altro. Così si può comprendere unaproposta di modifica della legge elettorale dove chi ha il 37% vieneproiettato al 60%, dove chi ha lo 0,1% in meno di voti ha unarappresentanza insignificante, dove le altre minoranze non hannonemmeno il diritto di cittadinanza. Ricordo un tempo quando VittorioFoa ci spiegava che dall’opposizione si governa…

Quarto. Perché Renzi dovrebbe riuscirea dare risposte laddove altri hanno fallito? Se la crisi èstrutturale e non congiunturale, i nodi di fondo riguardano in primoluogo il rapporto fra economia e finanza, fra regolazione ederegolazione, fra omologazione nelle produzioni e unicità deiprodotti, fra economia e territorio… Ognuno di questi richiederebbeuna trattazione specifica e non è questo il luogo. Mi limito qui adire che richiederebbero un cambio di paradigma che oggi la politicanon pone (non il PD ma nemmeno Tsipras, tanto per essere chiari).Primo fra tutti quello di una visione sovranazionale (europea, adesempio) e territoriale. Ma in Europa si va a difendere gli interessinazionali (che poi significa la negazione del senso stessodell’Europa) e i territori non esistono se non come terminalielettorali.

Quinto. I territori? E chi li vede? Frale riforme istituzionali, oltre all’abolizione indiscriminata delleprovince che ha come unico effetto quello di rendere ancora piùprecario il rapporto fra i cittadini e le istituzioni, c’è anchequella della messa in discussione del Titolo V della Costituzione edella riforma in senso federale dello Stato, con l’esplicitointendimento di accentrare la gestione delle risorse (vedi ad esempiola partita energetica) anziché favorire le forme di autogovernoresponsabile. Questione decisiva in una visione che si ponel’obiettivo di un modello di sviluppo autocentrato, in grado disuperare la pianificazione centralistica che ha collocato i polisiderurgici o petrolchimici nei luoghi più affascinanti del “belpaese” e atto a valorizzare le unicità di un territorio che hanella storia, nell’ambiente e nei saperi la sua straordinariaprerogativa.

Un’ultima considerazione. A propositodi paradigmi. Matteo Renzi e la sua squadra si pongono l’obiettivo dirilanciare la crescita. Qualche sera fa ero a Verona a parlare delsignificato che assume oggi il concetto di solidarietà. Per provarea dare una risposta ho parlato dell’overshoot day, ovvero dell’unitàdi tempo con cui si misura l’impronta ecologica di una regione o diun paese e che oggi sul nostro pianeta corrisponde al 23 di agosto(data oltre la quale si consumano più risorse di quelle che gliecosistemi terrestri riescono a produrre su scala annuale).Considerando che il reddito annuo pro capite (a parità di potered’acquisto) in Italia era nel 2012 di 29.812 dollari, che nel 2030saremo sulla terra in 9 miliardi di esseri umani (e che un diritto oè universale oppure si chiama privilegio), questo significa che ilnostro modello di vita e di consumi richiederebbe fra quindici anniun PIL mondiale di tre volte superiore di quello attuale. Siamo giàoggi ben oltre il limite della sostenibilità, non oso immaginarequel che accadrà a breve se non sapremo uscire dal paradigma dellemagnifiche sorti progressive dello sviluppo. Anzi, sì: sarà laguerra. Per certi versi lo è già. Che forse non sia il caso diriconsiderare le grandi scelte come i nostri comportamenti quotidiania partire dal dare valore alle cose vere? Del fare meglio con meno…

Cambiare non significa metterci lafaccia o far bella impressione, significa essere all’altezza dellesfide di un tempo nuovo. 

1 Comments

  1. Max ha detto:

    Analisi completa e che sposo nella sua interezza.
    Non ci resta che costruire un’alternativa al di fuori del Pd, con chi ci sta…Hic et Nunc!