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venerdì, 11 febbraio 2011
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giovedì, 10 febbraio 2011

Mi trovo con Alberto Pacher, mi fa piacere che abbia chiesto di parlarmi non di questo o quell’altro problema che spesso ci troviamo ad affrontare sul piano consiliare attorno alle tematiche dell’ambiente e della mobilità sostenibili, bensì di politica a tutto tondo.

Si conviene attorno al fatto che occorre descrivere in maniera più chiara l’orizzonte del nostro lavoro, l’idea che abbiamo del Trentino, da una parte la necessità di rivendicare in pieno l’assunzione di responsabilità nelle scelte che vengono compiute dal governo provinciale di cui siamo la componente maggioritaria, come nel far nel far emergere il bisogno di un cambio di paradigma se vogliamo sul serio rinnovare l’approccio verso i nodi che altrimenti si ripropongono sempre uguali a se stessi.

Un paio di esempi per capirci. Il Trentino è, insieme al Sud Tirolo, il territorio dove più alta è la qualità del vivere secondo il Quars, l’indicatore che utilizza i parametri più innovativi nel monitoraggio delle regioni italiane. Vorrà pur dire qualcosa? E invece siamo a rincorrere i mille mal di pancia del "non nel mio giardino" disseminati sul nostro territorio. Basterebbe avere uno sguardo non provinciale per rendersene conto. Questo, ovviamente, non significa non avere anche di uno sguardo critico su ciò che non va, nella duplice consapevolezza che la cultura dello sviluppo illimitato ha attraversato anche questa terra e che gli interessi (e i poteri) forti operano anche qui.

Rispetto ai quali l’azione di governo deve saper interpretare una proposta di cambiamento, costruire cultura del limite, vincere la sfida di un progetto per il Trentino e non semplicemente temperare interessi contrastanti fra loro. Vale per i soliti noti che volevano bucare il monte Baldo per farne una centrale di "riqualificazione energetica" (che abbiamo fermato) quanto per l’irresponsabilità di chi cavalca il panico di fronte all’esigenza di costruire un biodigestore per quell’umido che oggi portiamo fuori provincia all’80% con costi notevolissimi per le casse della provincia (che non abbiamo ancora risolto). Occorre che il concetto di responsabilità, si tratti dei rifiuti come della difesa del territorio dall’invasività del profitto, diventi tratto distintivo della coalizione di governo. E invece oggi c’è una politica trasversale che cavalca e dà fiato alle paure e che poi sarebbe sostanzialmente favorevole all’operazione Marangoni sul Baldo Garda.

In altre parole, dovremmo essere portatori di una narrazione, cosa ben diversa dal lisciare il pelo per quattro voti. Perché se la politica si riduce a rincorrere il consenso, abdica alla propria funzione. Serve un filo conduttore (una visione) e contestualmente essere aperti al cambiamento, al ricercare nuove soluzioni, al trovare punti d’incontro, ovvero il contrario del mandato imperativo.

A questa visione dovrebbero concorrere tutti i fattori che costituiscono la "diversità trentina", ma l’impressione che si ha è che questi stessi fattori abbiano da tempo smarrito il senso profondo della loro stessa diversità e che gli umori abbiano preso il sopravvento anche nelle pieghe delle istanze che tale diversità dovrebbero rappresentare. Per far questo è necessario individuare uno spazio interno/esterno di pensiero da tradurre poi in innovazione progettuale, tesi politiche e azione di governo. Non contro la politica che c’è, ma nella consapevolezza che le sole linee interne appaiono non sufficienti.

Questo ed altro ci diciamo con il vicepresidente, che avverte con me tutta l’inadeguatezza del quadro presente. Quella stessa inadeguatezza che avvertiamo l’indomani, in un Consiglio Regionale dove va in scena l’ennesimo atto di un’istituzione che va radicalmente ripensata, con gli ultimi difensori della Regione, lì a rivendicare un ruolo che è ampiamente superato dalla realtà. Nessuno infatti, tranne qualche vetero democristiano alla Morandini o alla destra italiana dell’Alto Adige che ancora vorrebbero imbrigliare le istanze autonomistiche delle due province per trasformare la maggioranza tedesca del Sud Tirolo in minoranza regionale, pensa più alla regione come organismo di governo. Era il trucco insito nel primo statuto, radicalmente rovesciato dal "secondo" ma senza avere avuto il coraggio di osare di più, sbarazzando il campo da infingimenti sulle competenze per concentrarsi invece su un ruolo eminentemente politico.

Sulla Regione, il suo ruolo, il terzo statuto, verrà incaricato un gruppo di lavoro che affiancherà il gruppo consiliare nel darci una mano per mettere a fuoco una rivisitazione del ruolo dell’ente regionale in una prospettiva europea. E proprio oggi, anche in relazione alle polemiche di questi giorni seguite alle dichiarazioni di Durnwaldner sul centocinquantesimo dell’unità d’Italia, della Regione parla sul Trentino il presidente Dellai in una riflessione per molti versi condivisibile ma anche a tratti reticente, tanto sugli anni ’50 che portarono al "Los von Tient", quanto sul futuro che verrà (e dunque anche su una Ragione che non può certo continuare così). Il tema è di straordinaria attualità e delicatezza, ma credo che questa debba essere la strada da imboccare per ridisegnare ruoli e funzioni in un contesto in continua trasformazione.

Il dibattito in Consiglio Regionale prosegue secondo un copione sempre uguale che non merita commenti. Decido di rispondere positivamente all’invito venuto dall’associazione degli esuli istriani e dalmati che deporranno una corona di fiori in ricordo delle vittime della tragedia delle foibe. Spero che la mia presenza qui sia riconosciuta come non estemporanea, considerato che conosco il tema e ho partecipato anche negli anni scorsi alle manifestazioni in occasione della Giornata del Ricordo. Nonostante le strumentalizzazioni che ancora continuano, credo di aver dato un piccolo contribuito affinché si potesse superare la contrapposizione ideologica che ancora segna questa tragica vicenda.

E’ ormai tarda sera e torno a casa per preparare una cena come si deve per il mio amico Ali Rashid. Ce n’è bisogno perché venerdì entra in ospedale a Verona, per un non facile intervento. Con Ali seguiamo da vicino le notizie che arrivano attraverso Al – Jazeera dal Cairo dove da un momento all’altro dovrebbero arrivare le dimissioni di Mubarak. La piazza è già in festa ma alla fine il rais deciderà di aggrapparsi contro ogni buon senso al suo potere. Un film già visto, ma l’esito è ormai segnato.

 

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