
giovedì, 3 febbraio 2011
3 Febbraio 2011
martedì, 8 febbraio 2011
8 Febbraio 2011E’ l’acqua l’elemento di questa giornata. Un interessante convegno promosso dall’Università di Trento che affronta a tutto campo il tema dei beni comuni, sotto il profilo giuridico, economico, politico. E’ l’occasione per presentare il volume "I beni pubblici. Dal governo democratico dell’economia alla riforma del codice civile" che raccoglie i lavori della Commissione sui Beni pubblici presieduta da Stefano Rodotà. Ma è anche un momento per una riflessione di alto profilo nel giorno in cui il Ministro degli Interni Maroni dichiara che la data del referendum sull’acqua sarà 12 giugno 2011. Sorvoliamo sul fatto che è il Presidente della Repubblica a stabilire la data del voto (ormai in questo paese le regole sono un optional), ma anche in questo modo si cerca di minare il raggiungimento del quorum.
Quello che si svolge nella Sala della Fondazione Caritro e al pomeriggio nell’aula di Giurisprudenza, non è un confronto astratto, né accademico. E’ profondamente politico, invece, perché pone il tema dell’acqua (e più in generale dei beni comuni) come paradigma di un nuovo pensiero politico e questo nonostante alcuni degli interventi rimangono chiusi nella loro sfera tecnica, quasi a dire che pensiero economico e pensiero giuridico potessero collocarsi fuori dallo spazio temporale del presente.
Il confronto investe anche il nodo di come un territorio può provare a difendersi da leggi e decreti che vorrebbero prolungare nel tempo la dittatura del mercato quale regolatore della vita. E anche per questo nel pomeriggio sono fra i relatori insieme a Michelangelo Marchesi, assessore all’ambiente del Comune di Trento.
Provo a raccogliere le idee. Non è facile, perché sono sommerso di messaggi e telefonate che riguardano la situazione nella sponda meridionale del Mediterraneo. Le immagini che giungono attraverso facebook e telefonini sono davvero drammatiche e dopo aver sentito i rappresentanti delle comunità arabe presenti i Trentino abbiamo promosso come Forum una manifestazione di solidarietà per l’indomani. Organizzare una iniziativa di solidarietà da un giorno all’altro non è così facile. Accanto a questo, l’incontro con il presidente Dellai, la proiezione permanente in via Oss Mazzurana (angolo Mandacarù) a Trento dei filmati che arrivano dall’Egitto e dalla Tunisia e che le televisioni italiane non passano, la promozione dell’iniziativa e la definizione di un appello da presentare nelle istituzioni locali. Per fortuna la rete si mette in moto.
Riesco così a concentrarmi sul tema del convegno per cercare di portare un contributo su come utilizzare le prerogative della nostra autonomia a difesa dell’acqua come bene comune sottratto alle logiche di mercato. Metterò per iscritto il mio intervento e quindi evito qui di ripetermi. Certo è che di cose in questi mesi ne abbiamo fatte e se il governo italiano non impugnerà la finanziaria avremmo creato le condizioni per la realizzazione di una azienda speciale provinciale, interamente pubblica, per la gestione del servizio idrico in Trentino. Ciò nonostante qualcuno prova a dire che l’azione della PAT è ambigua. Mi vien da sorridere, perché se riusciamo – e questo è l’intendimento votato in Consiglio provinciale – a proseguire nella gestione pubblica nei Comuni che l’hanno sempre fatto e a tornare indietro nei Comuni che si sono affidati a Dolomiti Energia attraverso lo scorporo del ramo acqua, sarebbe un risultato di grande impatto, non solo locale.
Mi viene a questo punto un’altra considerazione. Se vogliamo raggiungere il quorum del 50% dei votanti dobbiamo saper costruire una grande e straordinaria alleanza di soggetti sociali, territori, istituzioni locali, oltre le appartenenze politiche. Ma capace di coinvolgere anche la politica, perché la gente del centrosinistra è andata a firmare ai banchetti del referendum e sarebbe bene che facessero sentire la loro voce nei partiti, come è avvenuto nei giorni scorsi quando l’assemblea del PD del Trentino ha votato l’adesione al referendum e all’impegno nella campagna referendaria. Per raggiungere questo obiettivo non servono atteggiamenti settari. Lo dico perché vedo in giro le solite logiche dello spaccare il capello in quattro (nella rivendicazione di primati o nel mettere sotto accusa qualcuno) e questo non porterebbe davvero da nessuna parte. Lo dico apertamente nell’incontro serale promosso dai circoli cittadini del PD proprio sul tema dell’acqua.
Quando capiremo che Berlusconi non se ne va e che la democrazia italiana è paralizzata, forse allora proveremo a mettere l’accento sulle cose vere, avviando un percorso di ricostruzione di un tessuto civile e sociale (oggi devastato) che ci porti fuori dal tunnel nel quale ci siamo infilati.