
venerdì, 21 gennaio 2011
21 Gennaio 2011
martedì, 25 gennaio 2011
25 Gennaio 2011Domenica pomeriggio, ore 14.00. I tunisini del Trentino s’incontrano per discutere attorno alla rivoluzione democratica che sta avvenendo nel loro paese d’origine. Anch’io sono lì, come segno d’attenzione nei loro confronti, per ascoltare e cercare di capire, ma l’amico Saadi mi chiede di portare un saluto. Cerco di comunicare l’attenzione con la quale seguo gli avvenimenti, il valore che quel che sta accadendo assume non solo per la Tunisia ma per l’insieme dei paesi della sponda meridionale del Mediterraneo. E anche per noi, per un paese come l’Italia che sta smarrendo il proprio senso civico. E l’importanza di una sollevazione popolare partecipata, plurale, pacifica e laica, per avviare una transizione che porti alla costruzione in Tunisia di uno stato di diritto.
Quella dei gelsomini è una rivoluzione spontanea, persino inaspettata, che nasce dal profondo della società. Senza nemmeno un giornale di opposizione o un gruppo dirigente in grado di prendere nelle sue mani il destino di questo paese messo sotto tutela dal potere famigliare e dispotico della cricca di Ben Ali al potere ininterrottamente dalla fine del 1987.
Oppositori in prigione, intellettuali esuli, partiti corrotti, complicità internazionale … di questo parlano le persone presenti alla sala della Cgil del Trentino. Qualcuno è indignato per le parole della sottosegretaria agli esteri del governo italiano Stefania Craxi favorevole all’accoglimento in Italia del dittatore fuggiasco. Francia e Italia in questi anni hanno fatto a gara su chi esercitava maggiore influenza politica ed economica su questo paese ed il risultato è sotto gli occhi di tutti: un paese ricco di risorse, di agricoltura, di pesca e di turismo, messo in ginocchio dagli affari della nomenclatura e dal malgoverno.
Sì, un paese ricco di risorse materiali ed umane, una popolazione con un alto livello di scolarità, con una storia importante di crocevia del Mediterraneo. Che non avrebbe bisogno di aiuti internazionali, ma di valorizzare tutto quel che può mettere in campo con l’orgoglio di una nazione ferita ma capace di rimettersi in piedi con le proprie forze.
Parlo loro della mia unica visita a Tunisi, nell’ormai lontano 31 dicembre 1987, quando andai a incontrare l’allora numero due dell’OLP Abu Jihad, responsabile della prima intifada e personaggio molto stimato dalla sua gente. In quella casa alla periferia di Tunisi dove incontrai il dirigente palestinese, solo qualche mese più tardi, con un’operazione di totale black out i servizi israeliani massacrarono lui e la sua famiglia. So di toccare un tasto profondo perché la causa palestinese è neiloro cuori.
Emerge il bisogno di un’alternativa laica tanto ai vecchi regimi quanto al diffondersi del fondamentalismo. Ma anche che un vero governo di transizione (non quello attuale, considerato la lunga mano del vecchio regime) sia capace di dialogo e di riconciliazione, nella consapevolezza che quel regime – come spesso accade – ha goduto di un consenso diffuso. Avverto nei loro interventi maturità ed il voler farsi carico della delicatezza della situazione. Intendono costruire in Trentino un comitato di sostegno alla rivoluzione democratica. Che non potrà nascere senza quella parte del cielo (le donne tunisine) che è in prima fila nelle manifestazioni ma che oggi qui, in questa sala, non c’è, quasi che il cambiamento di questo paese potesse prescinderne.