
mercoledì, 19 gennaio 2011
19 Gennaio 2011
domenica, 23 gennaio 2011
23 Gennaio 2011Una delle cose interessanti di quel che stiamo facendo con il programma "Cittadinanza Euromediterranea" del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani è quella di cercare di dare un altro volto alla pace. Non quello di rincorrere gli avvenimenti, bensì quello di essere noi ad indicare un’agenda di riflessione, di conoscenza, di suggestioni che ci permettano in primo luogo di comprendere il presente attraverso le chiavi di lettura della storia, dei saperi che si sono intrecciati, dei pensieri che sono caduti nell’oblio, delle geografie che andrebbero riscoperte nel loro fascino.
E’ un volto che cerca dunque di non essere subalterno, di avere un suo profilo originale. Non so quanto questo venga percepito, ma spero di sì. Ne ho una piccola prova nel girovagare per il centro cittadino con Paolo Rumiz e nell’incontrare persone che la sera precedente erano al Castello del Buonconsiglio per la Cotogna di Istanbul e che ci ringraziano per le suggestioni proposte. O nel visitare l’antica sede della SAT, dove le storie di montagna s’incontrano con le narrazioni dei luoghi della guerra.
Il fatto poi che questo contenitore si arricchisca di giorno in giorno di nuove proposte mi fa ben sperare. Mi telefonano dal Filmfestival internazionale della Montagna per intrecciare il loro evento annuale con la nascita del "Cafe de la Paix". Ma in questa direzione va ad esempio l’incontro con Tommaso Iori e Mattia Pelli, giovani ricercatori che stanno lavorando sulle tracce della cultura romanì in Trentino e in Europa. Con un taglio che condivido molto, ovvero di non parlare per una volta dell’emarginazione subita ma piuttosto di storie positive di integrazione nel rispetto delle culture. Oppure nell’incontro con il direttore del Museo Storico del Trentino Giuseppe Ferrandi nella collaborazione sulle rotte dell’emigrazione trentina, immaginando di mettere in campo un viaggio/evento dedicato al racconto dell’esodo trentino verso Stivor, in Bosnia Erzegovina. O con il responsabile del costruendo Tavolo Balcani Mauro Cereghini che mi propone il tema della difesa degli ebrei d’Albania sottratti al campo di concentramento nella seconda guerra mondiale. Mi riprometto in questi giorni di rivedere i responsabili della comunità sarda in Trentino per riannodare un legame scritto nella storia amara di migliaia di giovani mandati al massacro sull’altipiano durante la grande guerra, perché dobbiamo sapere che una parte significativa delle vittime della "Strafexpedition" – tanto per tornare alle polemiche di questi giorni dopo l’intitolazione di una pista da sci sulle montagne di Folgaria – erano proprio i figli dell’amata Sardegna.
A Folgaria, dove sono per presentare l’"Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo" nell’ambito della Festa Neve, mi avvicinano diverse persone a dirmi che ho fatto bene a prendere posizione contro quella vergogna. E devo dire che un po’ mi stupisce che fra questi vi siano anche persone influenti, che di quegli impianti sono stati i promotori. Forse dovrebbero chiedersi di quale cultura sia figlia quella decisione…
E’ di narrazioni profonde che si nutre la ricostruzione di un tessuto culturale, sociale e politico di questo paese. Un lavoro lungo, ben diverso dall’illusione che le vicende di queste settimane sull’immoralità di chi ci governa possano rovesciare una sconfitta che invece ha cambiato in profondità il modo di essere e di sentire degli italiani. Lo dico senza infingimenti, mentre ascolto l’accorato intervento di Rosy Bindi nell’affollata sala di Folgaria. Quando il PD e il centrosinistra capiranno che non si è perso per sbaglio? Che la gente ha votato per Berlusconi e Bossi perché era d’accordo con loro, con i loro modelli, con i loro egoismi, con la loro narrazione. Volgare e cattiva fin che volete, ma che prova a rassicurarli verso paure che noi sappiamo solo esorcizzare o, ancora peggio, assecondare.
Serve un’altra narrazione, che sappia fare i conti con le profonde trasformazioni in corso, che non riproponga gli schemi di sempre, che faccia leva sul senso di responsabilità che ognuno deve avere verso il carattere limitato delle risorse, verso la necessità di fare posto a tutti su questo pianeta, verso la pace come progetto di sobrietà, verso la cultura come unico vero antidoto contro la barbarie.
Occorre "darsi il tempo", non il colpo di teatro che ci riporti al governo. Perché fra un governo Berlusconi e l’altro al governo ci siamo stati e non abbiamo combinato granché.