manifestazione Innsbruck
martedì, 18 maggio 2010
18 Maggio 2010
Con Ali nel divan nei pressi di Nazareth
giovedì, 20 maggio 2010
20 Maggio 2010
manifestazione Innsbruck
martedì, 18 maggio 2010
18 Maggio 2010
Con Ali nel divan nei pressi di Nazareth
giovedì, 20 maggio 2010
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mercoledì, 19 maggio 2010

Capita di finire la giornata in riva al lago di Caldonazzo a bere un bicchier di vino con un gruppo di giovani. Capita che questi si dimostrino particolarmente attenti e curiosi di quel che gli racconti. Capita che siano stupiti che un consigliere provinciale possa avere una sua visione politica fuori dagli schemi con cui guardano alla politica. Capita che Tommaso, uno di loro, si sia presentato alle elezioni comunali ricevendo in un Comune come Levico 393 preferenze. Capita che osservino con interesse l’Europa e i Balcani e che qualcuno di loro pure un pochino ne sappia di quei luoghi per esserci andato più volte, tanto da proporsi di organizzare con il Piano giovanile di zona un viaggio della memoria in Bosnia Erzegovina.

Quando finiamo la prima di un ciclo di serate in preparazione proprio del viaggio della memoria che li porterà lungo le strade percorse alla fine dell’800 da una parte dell’emigrazione trentina, è già tardi ma mi propongono di andare a prendere qualcosa. Le loro domande spaziano e potremmo continuare per delle ore, ma alla fine quello ad essere più stupito sono proprio io. Che ci siano vivacità e intelligenze che pure si pongono in una relazione responsabile con la propria comunità e alle quali noi, in genere, non sappiamo parlare, è materia su cui riflettere.

C’è l’urgenza di ricercare le idee e le parole per farlo. Liberandosi delle vulgate del Novecento e insieme recuperando pensieri caduti nell’oblio. Parlo loro di Aldo Capitini, del manifesto di Ventotene, del federalismo europeo e mi rendo conto di quanto ci sarebbe da fare per una buona politica che intenda formare piuttosto che ridursi a comitato elettorale. Chiedo a Tommaso come è andata a Levico la campagna elettorale, lui candidato con la coalizione di centro che ha vinto le elezioni nei fatti in contrapposizione con quella del PD, e la prima cosa di cui mi parla è l’incombenza delle vecchie cariatidi che lì ancora lasciano il segno, nonostante il lavoro di rinnovamento avviato proprio in occasione di queste ultime elezioni. Non so se effettivamente sia così, ma temo che nella sua narrazione qualcosa di vero effettivamente ci sia. Ed in ogni caso quella è la sua e loro percezione.

Cambiare gli occhiali con cui guardiamo il mondo, scrollarsi di dosso  le categorie che non ci aiutano più a comprendere la realtà, darsi il tempo per mettere a fuoco… le stesse cose che ho posto poco prima quando, al Centro di formazione sulla solidarietà internazionale, venticinque persone, perlopiù giovani, provavano a sintonizzarsi sulla diversa idea di cooperazione che andavo proponendo loro. Un diverso sguardo, fuori dallo schema dei ricchi che devono aiutare i poveri, senza nemmeno interrogarsi su cosa cavolo sia la povertà. Che, dalle domande che seguono, mi rendo conto che non è per niente facile assumere. Anche per questo mi spiace dovermene andar via di fretta, perché ho come l’impressione che nonostante la tante parole spese in questi anni su un’altra cooperazione, nell’immaginario collettivo anche delle persone più sensibili la cooperazione continui ad essere sinonimo di aiuto verso i più deboli, verso i bambini che sniffano colla per le strade del sud del mondo o le tante emergenze che segnano il nostro tempo.

Il mondo in bianco e nero. E quasi il fastidio verso ogni forma di complessità, ai chiaroscuri che costringono ad interrogarsi, giustamente percependo che quel che vado proponendo è in realtà riconducibile ad un approccio politico. Abitarli i conflitti, non fare il tifo per qualcuno. Riconoscerli e farsi attraversare, piuttosto che l’estetica del gesto. Mi spiace, non c’è nulla da sognare. Veniamo da un secolo dove i sogni si sono trasformati in incubi. C’è molto da capire, invece, da studiare, da vivere, imparando che i fini e i mezzi sono esattamente la stessa cosa.  

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