sabato, 23 gennaio 2021
23 Gennaio 2021martedì, 6 luglio 2021
6 Luglio 2021Se n’è andata Ambrosina Benolli, la mamma di Gabriella. Aveva da qualche giorno raggiunto la soglia dei novant’anni, festeggiati con Gabriella, le sue amiche del cuore Nella e Marta, con le sue vicine di casa Ana e Tatiana, diventate nei suoi ultimi anni anche badante ed estetista.
Sì, perché Ambrosina (ma tutti la conoscevano come Gina) era un po’ civettuola e, malgrado ormai facesse fatica a stare al mondo, ci teneva ad essere sempre in ordine.
Gina amava la vita, anche se quella sua prorompente gioia di vivere era rimasta per tanti anni solo nei suoi sogni di ragazza.
Ne parlava spesso di quegli anni e il suo viso si illuminava. Ambrosina amava suo padre che l’aveva tirata su insieme alle zie di Nago Torbole. La madre era morta qualche anno dopo la nascita di Ambrosina all’ospedale psichiatrico di Castiglion delle Stiviere, vittima come accadeva allora di un banale esaurimento post parto che condannava le donne all’elettrochoc e a finire la propria esistenza fra le mura di un manicomio. Per questa ragione era circondata da un affetto collettivo che cercava di supplire a quella tragica assenza.
Negli anni il lavoro costringeva suo padre ferroviere nelle stazioni di città sempre diverse e quindi, per farla studiare malgrado si fosse in tempo di guerra, quell’incanto ebbe fine. Il collegio, le suore, il bisogno di evadere.
Così le vicissitudini della vita portarono quella giovane donna ad infrangere quei sogni e a farsi imbrigliare dentro le regole di una vita famigliare tradizionale, con due figlie da crescere e uno stipendio – quello di suo marito Emilio – che non bastava mai.
In seguito, il lavoro le aveva dato quel po’ di autonomia a cui aveva troppo presto rinunciato e soprattutto qualche sprazzo di vita solamente sua. Ma pur sempre nel rigore di una responsabilità famigliare in cui lei era il principale riferimento.
Sogni di cui almeno in parte si era riappropriata nella sua seconda vita, quando nella comune vedovanza con Nella aveva preso a viaggiare sulle sponde del Mediterraneo piuttosto che nelle città d’arte italiane o in quelle termali. Oppure, per altro verso, nelle attività di volontariato che svolgeva nella parrocchia di San Martino.
Quella stessa disponibilità con cui si accostava all’impegno civico che veniva sia da una profonda fede religiosa come dal provenire da una famiglia antifascista (i Benolli nel secondo dopoguerra erano militanti dello Psiup), tratto che suo padre coltivava orgogliosamente. Per lei era un tutt’uno cantare nel coro della Chiesa o partecipare a quell’esperimento politico che fece del Trentino un laboratorio estraneo al nascente berlusconismo che pure devastò sul piano culturale l’Italia degli anni ’90. Mitico fu lo strudel di banane che insieme a Mara prepararono quando anche sul cibo misurammo l’ignoranza e la superficialità di una barbarie politica che si nutriva di luoghi comuni, distribuendolo provocatoriamente in piazza.
Quando qualcuno la chiamò per un’indagine demoscopica relativa all’orientamento politico degli italiani, le sue risposte furono tali che alla richiesta dell’età e del suo orientamento religioso rimasero basiti.
In quella sua voglia di andare e scoprire cose che non conosceva c’era il suo desiderio di riscatto. Eppure mai una parola di rimpianto. Appagata da quella seconda esistenza, ricca di amicizia e di nuove opportunità.
Quando tre anni fa l’ictus la costrinse a fermarsi, quel che non aveva fatto a tempo a conoscere di persona iniziò a viverlo nella sua fervida immaginazione, tanto da connettersi ai luoghi che la cronaca quotidiana via via andava proponendo. In questo modo Gina era stata dappertutto, incredibile versatilità di un corpo che ci aiuta a trascorrere con meno angoscia l’ultimo tratto delle nostre esistenze.
Piano piano si è spenta, Ambrosina, nella sua casa e circondata dall’affetto e dalle sue ormai poche certezze. Malgrado quanto accadeva intorno alle vite di tutti, senza mai una parola nemmeno di disappunto. Che invece in queste ore sono io ad avvertire per una promessa non mantenuta. Il rammarico di non aver fatto in tempo ad andare insieme a Gerusalemme, il viaggio che forse più di ogni altro avrebbe desiderato. Tanto che, fra tutti i nostri amici, uno la emozionava particolarmente, che di quella terra ne rappresentava la dolorosa espressione. Ma non dubito che, nel tuo navigare immaginifico, ora sarai proprio lì.
1 Comment
Il distacco da una persona cara è sempre doloroso. Eppure c’è in noi una grande serenità.
Perché Ambrosina si è addormentata nel letto di casa, attorniata dalle persone cui voleva bene, senza provare dolore né angoscia, come se il suo fosse un arrivederci all’indomani.
E perché i vostri messaggi ci hanno fatto sentire una vicinanza non comune, profonda, vera. Anche quella di chi, pur non avendo mai conosciuto Gina di persona, si è semplicemente ritrovato nelle parole con le quali abbiamo ricordato il tragitto della sua esistenza, tanto simile a quello di una generazione di donne che hanno dato molto e avuto poco o nulla.
Grazie a Gina per tutto quello di cui ci hai fatto dono. E grazie a tutte le persone che in questi giorni ci hanno fatto sentire la loro prossimità.
Gabriella e Michele