Un momento dell'incontro al rifugio Masetto
sabato, 11 luglio 2020
11 Luglio 2020
Un momento dell'incontro di Merano
giovedì, 23 luglio 2020
23 Luglio 2020
Un momento dell'incontro al rifugio Masetto
sabato, 11 luglio 2020
11 Luglio 2020
Un momento dell'incontro di Merano
giovedì, 23 luglio 2020
23 Luglio 2020

domenica, 19 luglio 2020

E’ stata la prima manifestazione pubblica in uno spazio chiuso con le regole del distanziamento che sia stata realizzata a Bondo (ora uno dei borghi del nuovo comune di Sella Giudicarie) e probabilmente l’argomento non poteva essere migliore: la presentazione del libro “Il monito della ninfea. Vaia, la montagna, il limite” (Bertelli Editori, 2020). Perché quel monito, le connessioni che il libro pone e che la serata ha ampiamente affrontato hanno posto l’attenzione non solo sugli eventi che a fine ottobre 2018 hanno portato alla distruzione di 42.525 ettari di bosco ma anche sulla Pandemia che è entrata drammaticamente nelle nostre esistenze e che nel pianeta è ancora nella sua fase più acuta.

Ora, la fine del lockdown ci permette di rincontrare le persone per parlarne e cercare di capire quel che sta avvenendo in questo povero tempo nostro, segnato com’è dal manifestarsi drammatico delle conseguenze di un modello di sviluppo insostenibile.

Certo, tendiamo a vedere ancora lo stagno metà sgombro – per rimanere nella metafora che ha ispirato il titolo del libro – e quindi pensiamo che ci sia tutto il tempo necessario per porre rimedio all’infranto, che pure continuiamo a pensare come “emergenza” quando invece siamo in presenza di crisi strutturali che richiedono di essere affrontate alla radice se non vogliamo che diventino normalità.

Una normalità tragica perché in discussione c’è la vita di milioni di persone e in ultima istanza la stessa esistenza della specie umana sulla faccia della terra. Catastrofismo? Quando nel 1972 uscì il rapporto del Club di Roma “I limiti dello sviluppo” la reazione dei governi e di grande parte della comunità internazionale fu proprio quella di accusare gli scienziati che stilarono quel primo rapporto di “catastrofismo”. La storia non solo ha dato loro ragione ma indicato come quelle previsioni fossero ottimiste, considerato che le loro proiezioni sono state in realtà anticipate di quasi mezzo secolo.

Il silenzio che nel salone del vecchio Municipio di Bondo accompagna la proiezione del breve video su Vaia rappresenta a pieno l’inquietudine dei molti presenti, quasi uno schiaffo alla colpevole innocenza con cui ci ostiniamo a credere che la tecnologia un rimedio lo troverà mentre al pettine stanno venendo tutti i nodi delle crisi del nostro tempo, quella ambientale di cui ogni giorno vediamo gli effetti negli eventi estremi come nella perdita delle biodiversità, quella sociale considerato che a pagare sono sempre i soggetti più deboli, quella finanziaria il cui cinico approccio porta ad emettere titoli derivati persino sui disastri ambientali, quella sanitaria che sta devastando il pianeta con conseguenze ancora inimmaginabili, quella morale se pensiamo che si specula persino sulle mascherine e che la ricerca è in mano alle grandi lobby industriali… per non parlare di quella politica se consideriamo che il mondo è nelle mani di personaggi inquietanti come Trump, Bolsonaro, Putin (l’elenco è desolante e arriva fin dentro l’Europa e i nostri stessi territori).

Un intreccio che ci racconta che tutto non sta andando bene e che dovrebbe indurci ad un cambiamento radicale, tanto sul piano politico come nei nostri stili di vita. Un cambio di paradigma che del libro è il messaggio di fondo.

E’ interessante come la presentazione di un libro così ragionevolmente radicale nell’indicare la necessità di un netto cambio di rotta sia promosso da un circolo del Partito Democratico le cui categorie (come quelle di larghissima parte delle attuali rappresentazioni politiche) sono ancorate a vecchi paradigmi novecenteschi che, a guardar bene, sono all’origine della nostra insostenibilità.

Il che ci dice che forse non tutto è perduto, che la risposta all’inadeguatezza della politica possa passare trasversalmente anche dall’interrogarsi senza reticenze della politica stessa. E di come le strade per dare cittadinanza ad un nuovo pensiero possano essere anche le più impervie.

Vedo fra i presenti vecchi compagni venuti per salutarmi prima ancora che per il libro e giovani attivisti incuriositi da un pensiero esigente eppure ragionevole, che non si affida alla demagogia che scarica la responsabilità sempre su qualcun altro ma che cerca dentro le nostre stesse categorie (e nei nostri comportamenti) la cecità che ci ha portati a questa situazione.

Un confronto che prosegue anche a presentazione conclusa, attorno al tavolo di una cena con una quindicina di persone che del circolo sono gli animatori. E mi conforta proprio la curiosità che trovo nelle loro domande, di chi mi (o meglio ci) conosce meno come delle persone con le quali si è costruito nel tempo un rapporto di stima e di affetto (grazie Ilaria).

Perché in fondo questo libro ci parla anche di una comunità di pensiero che, nel “viaggio della solitudine della politica” intrapreso in questi anni, ha trovato le forme per un agire politico diverso da quello più tradizionale dei partiti, trasversale alle appartenenze, allergico alle fedeltà e alle ritualità.

Così in tarda serata parliamo proprio di questa trasversalità come risposta all’inadeguatezza del presente, un dialogo e una ricerca di nuovi approcci come quelle che cercheremo di realizzare sabato prossimo 25 luglio (dalle 10.30 alle 12.30) sulla piattaforma Zoom incontrando chi vorrà dei quasi quattrocento partecipanti al viaggio (e tutti quelli che si vorranno sintonizzare) a partire dallo stimolo di dieci pensieri sul nostro tempo.

E come, in fondo, anche la presentazione di un libro possa aiutare a fare. Penso fra me che Anna (il circolo del PD di Sella Giudicarie è intitolato ad Anna Pironi) ne sarebbe felice.

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