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26 Maggio 2019
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giovedì, 4 luglio 2013
6 Giugno 2019
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mercoledì, 22 maggio 2019

Firenze, Udine, Venezia, Vicenza… e poi in Trentino, a Cles. Una serie fitta di presentazioni del libro Sicurezza, ma a guardar bene qualcosa di più della semplice proposta di un lavoro editoriale. Come a sentire il polso di altrettante comunità di persone, talvolta molto diverse fra loro ma anche per questo spaccati di una fatica e di uno smarrimento diffusi, laddove i corpi intermedi hanno in buona parte perso la propria capacità di visione e di formazione permanente.

Eppure emerge ovunque il bisogno di spazi di pensiero, pulito dalle scorie di un agire politico scandito dalle emergenze, dalle scadenze elettorali, dai rituali (o quel che ne rimane) della politica ridotta ad esercizio di potere.

Non intendo affatto banalizzare la realtà delle forme associative, posso dire di conoscerla bene e di considerarla comunque più dignitosa rispetto alla logica privatistica dei consigli di amministrazione o, peggio ancora, delle logiche plebiscitarie dei “padri-padroni”. Ma proprio perché ne conosco le dinamiche, so bene quanto sia oggi marginale la dimensione collettiva come terreno di crescita e di confronto.

Vivo personalmente questa solitudine. Dopo una vita di impegno politico attivo mi ritrovo senza un partito di riferimento. Fatto insolito in un percorso politico che, a fronte del non riconoscersi in alcun soggetto politico nazionale, non ha esitato a dar vita a nuove sperimentazioni politiche di natura territoriale. Solitudine che avverto anche sul piano dell’impegno sociale e del volontariato, riscontrando anche in questi luoghi l’incapacità di alzare lo sguardo e di tracciare nuove coordinate di pensiero/azione.

E’ questa del resto la ragione prima del Viaggio nella solitudine della politica intrapreso due anni fa e che mi porta ad attraversare i tanti limes di questa lunga transizione fra il non più e il non ancora. Un viaggio di cui ancora non vedo la conclusione e che forse non avrà mai fine, almeno fin quando non verranno meno il piacere della meraviglia e l’energia vitale della ricerca.

Potranno cambiare le forme, certo. In questi mesi ne ho diradato gli itinerari per dedicare un po’ di attenzione alla presentazione del libro scritto con Mauro Cereghini su un tema cruciale come quello della “sicurezza”. Eppure anche la presentazione di un libro può diventare essa stessa un itinerario del “viaggio” che mi sta portando sin qui in decine di città italiane e anche qui, in questa terra che fatico a riconoscere, per rendersi conto di quanto sia avvertita la necessità di un nuovo racconto, a fronte di una rappresentazione politica inguardabile, fatta di estenuante ricerca di consenso e per questo usa a dire quel che l’opinione pubblica vuol sentirsi dire.

Il tema della “sicurezza” in questo è rivelatore. Non solo perché è diventato il mantra degli imprenditori della paura ma prima ancora perché rivela appunto tutta l’inadeguatezza dei vecchi paradigmi con i quali ci si ostina a leggere un tempo presente rispetto al quale, effettivamente, c’è di che essere preoccupati. Questo è Sicurezza, un discorso politico sul presente. Attorno al “non più” non ancora elaborato e al “non ancora” che si fatica ad assumere proprio perché i paradigmi disponibili sono ancorati ad un tempo che non c’è più.

Parlarne diviene l’occasione per essere meno soli. Tanto è vero che in ognuna di queste presentazioni emerge una sorta di stupore che avverto nei presenti di fronte al mio racconto così diverso dall’argomentare (si fa per dire) nei talk show televisivi, come se non si aspettassero una traiettoria che prova ad indagare le parole ed il loro significato prima ancora di quel che accade e che fatichiamo a mettere a fuoco.

Di questi incontri vi avrei voluto parlare nel mio diario pressoché in tempo reale, ma davvero non ce l’ho fatta a trovare il tempo per scriverne. Per questo ho deciso di farne una piccola sintesi, anche per conservarne io stesso memoria.

Firenze, la buona politica a teatro

Rifredi. Rione popolare di Firenze dove ancora vivono strutture comunitarie come la Misericordia. Appena tornato da Sarajevo, la Misericordia mi ricorda il Vakuf, complesso comunitario donato alla città dal bey

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