mercoledì, 7 ottobre 2009
7 Ottobre 2009
venerdì, 9 ottobre 2009
9 Ottobre 2009
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7 Ottobre 2009
venerdì, 9 ottobre 2009
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giovedì, 8 ottobre 2009

Ritorno in Palestina. C’ero venuto nel 2000, poco prima che Sharon mandasse all’aria gli accordi di pace di Oslo, in un clima completamente diverso da quello attuale. Sembrava, nonostante la presenza di forze contrarie, che la strada maestra fosse segnata. La speranza prevaleva sopra ogni difficoltà, anche se nelle piccole cose si poteva cogliere l’assenza di un reale processo di riconciliazione. Allora, la rappresentazione della "Pietà" con le musiche del maestro Piovani nel piazzale della Natività, sembrava quasi annunciare l’inizio di una nuova pagina di storia. Ma, come spesso è accaduto nella disgraziata vicenda di questa terra, quando sembrava possibile la pace, la situazione è precipitata.

Con il pullman percorriamo un’autostrada chiusa dal muro della vergogna e dal filo spinato. Tutt’intorno i nuovi insediamenti dei coloni occupano ogni collina ed ogni altro spazio vitale. Fra un insediamento e l’altro gli antichi terrazzamenti che raccontano di un popolo che amava la terra, ulivi millenari che ancora provano a resistere alla follia. Fatico a ricordare, tanto sono cambiate le cose. Compresa la piazza della Natività di Betlemme dove un centro intitolato alla pace impedisce lo sguardo che un tempo spaziava verso le colline circostanti.

L’impatto con il muro che passa fra le case a Betlemme è un pugno nello stomaco. Dove può arrivare la stupidità? Come non capire che un muro imprigiona anche chi lo costruisce? Come non vedere la comunità di destino che a questo punto unisce palestinesi  e israeliani?

Ritrovo luoghi conosciuti e una certa famigliarità che viene dalle storie di vita, dalla mia amicizia con Ali, dalla vicinanza con una causa persa, dal sentirmi parte di una cittadinanza europea che a questi luoghi deve in gran parte le sue origini.

Mi chiama Ali che ci raggiungerà domenica. Gli descrivo la sera di Beit Jala che vedo dall’hotel in cui siamo alloggiati, la civiltà dei muri a secco che circondano gli ulivi e quella dell’uomo moderno che i muri li costruisce di cemento armato attorno alla vita delle persone. E’ preoccupato per la situazione di tensione che c’è in queste ore a Gerusalemme.

Ci sono i primi contatti con i nostri referenti locali e, come sempre accade, ci si rende conto che nella preparazione delle iniziative che faremo insieme le aspettative fra noi e loro sono un po’ diverse.  Non è solo un problema di comunicazione, riguarda gli equilibri locali, le piccole dinamiche di potere, il significato che diamo alla nostra relazione, le macerie della cattiva cooperazione. Ma nei prossimi giorni avremo modo di spiegarci.

I vicoli di Betlemme la sera testimoniano di un antico splendore. Forse sarebbe il caso di ripartire da qui ma temo che sia troppo tardi.

 

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