mercoledì, 23 settembre 2009
23 Settembre 2009venerdì, 25 settembre 2009
25 Settembre 2009giovedì, 24 settembre 2009
Oggi vi volevo parlare di una giornata che improvvisamente si libera o quasi, del riprendere fiato e del recuperare l’affanno delle cose da fare, di quel che ora riesco a fare sempre più di rado come il preparare il pranzo per Gabriella, degli ultimi emendamenti da predisporre per il Disegno di legge sulle filiere corte che domani arriva in Seconda Commissione…
Ho cancellato tutto perché la notizia che ricevo in serata a Spiazzo Rendena dove sono per l’assemblea congressuale rende tutto questo terribilmente inutile. La tragica morte di Giovanni Parisi, per tutti Renzo, che ha scelto di andarsene mi lascia senza parole. Renzo era una persona che conoscevo appena, c’eravamo incontrati nella campagna elettorale dell’autunno scorso grazie alla sua compagna, Anna Pironi, che aveva messo il suo nome vicino al mio a sostegno della mia candidatura. In quel frangente avevo trovato in Renzo e in tutto il loro circolo, costruito senza bisogno di regole prima di ogni altro sul nostro territorio provinciale, l’entusiasmo che si mette in un’impresa nuova, che mette insieme idee e percorsi dopo averci provato in mille modi nel corso degli anni. Non so che cosa si sia rotto in lui. L’ultima volta che ci siamo incontrati era stato a Fiavè, il 15 aprile scorso. Prima della serata dedicata proprio alla proposta di legge sull’educazione alimentare e le produzioni di prossimità, ci eravamo trovati a ragionare delle "magagne" del partito alle prese con le piccole meschinità che speravamo ingenuamente di non rivedere nel PD e in quell’occasione negli occhi di Renzo c’era solo disincanto. Una sensazione netta nel mio ricordo, che l’entusiasmo di qualche mese prima fosse svanito.
Ora il pensiero va ad Anna, al suo dolore, alla sua profonda solitudine. L’assemblea a Spiazzo diventa il modo per ricordare Renzo, nel cercare di rendere vive le cose in cui ha creduto per una vita, nel nostro stesso interrogarci sulla relatività del nostro agire di fronte al difficile mestiere di vivere. Mi appaiono vuote le parole, i rituali insopportabili. E tutto quel che ti riporta alla normalità, che macina il dolore e la paura di interrogarsi.
Arrivo a casa che è quasi l’una di notte. L’assemblea è andata bene, quel che ho detto ascoltato e mi sembra anche apprezzato, ma non me ne importa granché. Spero domani di trovare la forza per chiamare Anna.