
martedì, 16 aprile 2013
16 Aprile 2013
mercoledì, 29 febbraio 2012
19 Aprile 2013Il PD è in frantumi, ben oltre quel che le divisioni del passato lasciavano intravedere. Dopo l’affossamento della candidatura di Franco Marini che evocava le larghe intese, oggi è saltata anche quella – decisa in maniera unanime dall’assemblea dei grandi elettori del centrosinistra – di Romano Prodi che lasciava intendere una prospettiva opposta a quella del giorno precedente.
Sono centouno i franchi tiratori nel PD che con il loro voto hanno scelto nell’urna di non seguire questa nuova indicazione. Siamo dunque ad un cortocircuito che ha portato Pierluigi Bersani ad annunciare le sue dimissioni immediatamente dopo l’elezione del Presidente della Repubblica.
Si apre così nella forma più impropria ed irresponsabile un Congresso straordinario del Partito Democratico. Ma forse è più corretto immaginare che si tratta dell’epilogo di una scommessa perduta nonché il frutto velenoso della degenerazione della politica. Il problema non è più, se mai lo è stato, di scegliere fra Bersani o Renzi. Occorre un cambio profondo di pensiero e un diverso schema di gioco.
3 Comments
E’ finita, Michele. Rassegnati. Hanno vinto gli altri.
“Ora, molti chiedono: “perché non Rodotà?”. E si incazzano anche con me, che Rodotà l’ho pure votato. Tre volte. La risposta la trovate qui sotto: Rodotà non ha i voti, in quell’aula. Se il Pd non ha votato Prodi, è un po’ difficile immaginare che voti Rodotà. Perché c’è una parte del Pd che non guarda al M5S ma a destra. Spero sia chiaro a tutti. Ed è questo il vero problema.”
Giuseppe Civati
Sono d’accordo Michele. Se posso aggiungere, occorre anche un cambio di persone, e’ un’intera classe dirigente che deve andarsene, o il partito che deve andare via da loro, come si preferisce.
Il pensiero di Civati non fa una piega. Così come la scelta di Napolitano ferma forse l’emorragia ma non è la cura del male. Questa risiede, questa è almeno la mia opinione, nella capacità di scartare di lato e di indicare una strada diversa dalla riproposizione dello schema politico tradizionale, negli schieramenti come nella scala di riferimento. Per essere più chiari. Sull’Ilva di Taranto, vicenda paradigmatica del nostro tempo, che cosa vuol dire essere di sinistra? Analogamente… di fronte alla limitatezza delle risorse, la sinistra è quella che propone il rilancio dei consumi? Di fronte all’interdipendenza e alla cifra territoriale e sovranazionale dei problemi, che senso ha attardarsi sulla dimensione nazionale?
Se la politica non riesce a cambiare i propri paradigmi non va da nessuna parte. Perché la politica deve servire ad orientare nell’incertezza e a far sentire le persone meno sole.
Si evoca Waimar e io stesso parlo di “diciannovismo” (la fase che precedette il fascismo). Il diciannovismo aveva due ingredienti decisivi: lo smarrimento sociale e il rancore. Pensiamoci.